lunedì 29 ottobre 2018

Ritornano i Verdi, ma non in Italia

La grande affermazione dei Verdi nelle elezioni regionali tedesche di Baviera e Assia è il fenomeno politico del momento, capace anche di oscurare la temuta ascesa dei nazionalisti con sfumature naziste di Alternative für Deutschland. I Verdi hanno avuto ottimi risultati anche nelle elezioni comunali in Belgio e ci si chiede se l'onda si allargherà ad altri paesi, con all'orizzonte le elezioni europee di maggio 2019.
Lo scenario verde europeo è molto variegato. La Fondazione Heinrich Böll ha elaborato una infografica con il peso politico dei Verdi nei 27 paesi dell'Unione. Secondo i sondaggi più recenti i Verdi sono vicini al 20 per cento in Germania e Spagna (dove però sono in coalizione con altre forze) e viaggiano in doppia cifra in Belgio, Finlandia, Lettonia e Olanda. Altrove i dati sono molto più modesti (7% in Portogallo, 6 in Austria e Cipro, 5 in Francia). In undici nazioni sono sotto all'uno per cento, e tra queste c'è l'Italia.
I Verdi italiani sono assenti dal parlamento dal 2008 e reduci da tre flop elettorali: nel 2008 con la Sinistra Arcobaleno, nel 2013 con Rivoluzione Civile di Ingroia, nel marzo scorso con la lista Insieme in coalizione con il PD. La lista Insieme, che univa i Verdi ai socialisti e ai prodiani di Area Civica, si è fermata allo 0.6 per cento. I due candidati inseriti nell'uninominale di coalizione, Borrelli e Bonelli, non sono stati eletti. Anche le elezioni europee del 2014, dove si erano presentati come Green Italia - Verdi Europei, il risultato era stato un modesto 0.9 per cento. 
Nel frattempo non sono mancate iniziative sconcertanti, come quella di candidare Vittorio Sgarbi a sindaco di Urbino e poi allearsi con la amministrazione comunale di centrodestra.
I leader storici dei Verdi italiani si sono eclissati o hanno scelto altre strade, da Luigi Manconi ad Alfonso Pecoraro Scanio. Quest'ultimo ha dichiarato di avere votato M5S e voci insistenti lo danno candidato alle prossime europee proprio con i 5 stelle. 
Nel partito i successi dei colleghi di Germania hanno innescato un vivace dibattito sulla "ripartenza" della Federazione in Italia. Monica Frassoni, l'ultima europarlamentare verde italiana, in un articolo su HuffPost intitolato Niente listoni alle europee ha scritto che la partecipazione dei Verdi a una lista allargata di sinistra con capofila il PD "sarebbe una trappola mortale per opzioni forti e distinte come quella ecologista". La prospettiva sembra essere quella dell'ennesimo risultato da prefisso telefonico.

venerdì 26 ottobre 2018

Song of the Day


Oggi a Milano è stato presentato il cofanetto Duvudubà, strenna di Lucio Dalla. il disco esce in due versioni: un triplo vinile con 28 brani e un quadruplo CD con 70. Sul CD ci sono alcune versioni alternative e qualche brano dimenticato, ma soprattutto c'è l'inedito Starter che, almeno secondo Amazon, non è nella versione in vinile. Bizzarro.
La compilation è rimasterizzata, ripulita, ecc., ma l'interesse è su Starter, che dovrebbe risalire al 2010-2011, quando Dalla era in tour con De Gregori. La canzone è carina. Non un masterpiece, ma molto dalliana e in sintonia con i suoni e con le cose che scriveva in quel periodo. Non è chiaro quanto abbia aggiunto in postproduzione Tullio Ferro, ma il risultato non è male.
Tornando al cofanetto, la cosa che mi innervosisce è che i pezzi non sono in sequenza in ordine cronologico, ma a casaccio. La maggior parte dei brani ovviamente viene da Come è profondo il mare in poi, ma sulla versione CD ci sono anche tracce del trittico con i testi scritti da Roberto Roversi e qualche brano degli esordi come Piazza Grande, La casa in riva al mare e ovviamente 4 Marzo 1943. Ma non Lucio dove vai, canzone che adoro.
Oggi è stato pubblicato anche il video di Starter, con la regia dei fratelli Lo Giudice. Un video "in assenza" girato tra Bologna e Cattolica (citata nella canzone).

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lunedì 15 ottobre 2018

L'importanza del voto verde in Baviera

C'è molto da analizzare nelle elezioni regionali in Baviera di ieri. Punto di partenza: gli unici vincitori sono i Verdi. Popolari e socialisti perdono gravemente, come peraltro previsto in tutti i sondaggi. Alternative für Deutschland, il partito anti-immigrazione con sfumature naziste, entra in parlamento regionale ma con un risultato deludente rispetto alle aspettative, di poco superiore al dieci per cento. Quindi la destra xenofoba e sovranista non sfonda.
Vi risparmio l'analisi della sconfitta di popolari e socialisti. Credo invece che sia importante ragionare sul trionfo dei Verdi, che sono diventati secondo partito raddoppiando i voti e conquistando 38 seggi sui 205 del parlamento bavarese (ne avevano 17 nel 2013).
La piattaforma politica dei Die Grünen parte dai temi cari al mondo dell'ambientalismo: efficienza energetica, lotta ai cambiamenti climatici, economia circolare, mobilità sostenibile. Temi che sono certamente sempre più centrali nello scenario politico, ma generalmente declinati in modo poco attrante, a metà tra il messianico e il didascalico, con un certo distacco. Il colpo di genio dei Verdi di Katharina Schulze è stato quello di definirsi conservatori. "Il significato latino di "conservare" è "preservare", e io intendo preservare i nostri valori e il nostro ambiente" ha detto la candidata bavarese Claudia Köhler. (foto sotto).
I Verdi di Germania sono apertamente pro-Europa, sostengono una politica di inclusione verso gli immigrati ma indossano costumi regionali e si richiamano alle parole del cristianesimo. Sono conservatori, ma senza arretrare sulle politiche di sostenibilità e di apertura verso le nuove tecnologie, la ricerca, la new economy. E se, secondo i sondaggi, quasi la metà dei loro consensi provengono dall'elettorato socialista, i flussi dicono che anche una buona parte dei popolari della CSU ha scelto il voto verde, irritata dalla sterzata a destra dei popolari di Horst Seehofer nella vana ricerca di fermare AfD rincorrendi i temi del sovranismo e della xenofobia.
La lezione da imparare è che un messaggio positivo, ottimista e inclusivo può sconfiggere la politica dell'odio e della paura. A Monaco e nel Bayern i Verdi raddoppiano i voti spiegando che si può stare TUTTI meglio in una società pacifica, in comunità sostenibili, accoglienti e dotate di servizi che funzionano e disponibili per tutti, in città sicure, pulite e belle. Il contrario di chi fa proclami populisti, di chi incita alla guerra dei penultimi contro gli ultimi, di chi divide ed esclude.

Prima delle elezioni di ieri i Verdi tedeschi nei sondaggi nazionali erano già al 15-17 per cento (alle elezioni federali del 2017 hanno riscosso l'8.9%). Dopo il risultato in Baviera i loro consensi aumenteranno ancora. Si può replicare una esperienza di successo come questa nell'Italia di Salvini e Di Maio? Dovremmo provarci, senza pensare che possa farlo l'ectoplasma dello storico partito dei Verdi italiani, ormai irrilevanti e praticamente spariti dai radar della politica nazionale. La sinistra intera, a cominciare dal PD, dovrebbe concentrarsi su questo obiettivo.

venerdì 12 ottobre 2018

In Nord Europa è ancora estate

Una bassa pressione atlantica sta spingendo area calda su tutta l'Europa centrale e settentrionale. Le temperature previste sono 10-15 °C sopra la media stagionale, con massime attorno ai 20 gradi in Norvegia, Svezia, Danimarca e Germania. L'anomalia si estende alla Groenlandia e al circolo polare artico. La mappa sopra è riferita a domani, sabato 13, e illustra le variazioni rispetto alle temperature medie (più scuro = più caldo).

venerdì 5 ottobre 2018

A Pisa è vietato sedersi sui muretti

Michele Conti, sindaco del centrodestra di Pisa dallo scorso giugno, ha firmato l'ordinanza anti bivacco. Da lunedì prossimo non si mangia all'aperto, neanche un panino, se non in piedi come i cavalli e tenendo cibi e bevande solo in mano. Non ci si può sdraiare sulle panchine, tantomeno sedersi sull'erba. Assolutamente vietato anche sedersi sui muretti e sui gradini.
Proibito anche dormire sulle rastrelliere delle biciclette, roba da fachiri.



mercoledì 3 ottobre 2018

Auto pulite, il Parlamento Europeo alza il tiro

Il Parlamento Europeo ha approvato oggi la proposta di ridurre le emissioni delle auto del 40 per cento entro il 2030. La decisione di Strasburgo va oltre la scelta della Commissione, che prevedeva una riduzione del trenta per cento. La proposta era stata avanzata dall'eurodeputata socialista maltese Miriam Dalli ed è stata approvata con largo margine: 389 favorevoli, 239 contrari e 41 astenuti. La decisione comprende anche una riduzione del 20% entro il 2025 (la Commissione proponeva il 15%) basata sui livelli del 2021. La risoluzione comprende anche una quota minima di veicoli a basse o zero emissioni del 20% entro il 2025 e del 35% entro il 2030. Previsti anche controlli sui veicoli in strada, mentre oggi le emissioni vengono calcolate sulla base dei consumi dichiarati dalle case automobilistiche.

Il trasporto privato contribuisce al 15% delle emissioni di gas serra in Europa ed è l'unico settore in aumento rispetto ai valori del 1990. I limiti più bassi proposti dalla Commissione erano sostenuti in prima linea dalla Germania, interessata a salvaguardare le proprie industrie automobilistiche. Secondo la Commissione limiti così alti provocherebbero una forte riduzione dell'occupazione, mentre secondo Dalli e la Commissione Ambiente di Strasburgo ci sarebbero al contrario 92.000 posti di lavoro in più.
Sul tema l'Europa è divisa tra i paesi che hanno un'industria dell'auto e quelli che non ne producono. La Danimarca ad esempio ha recentemente votato una legge che prevede la vendita solo di veicoli a emissioni zero entro il 2030. Olanda, Danimarca e Irlanda propongono che le emissioni al 2030 siano ridotte tra il 40 e il 70 per cento, indicando la quota votata oggi a Strasburgo come il "minimo sindacale".
La decisione del Parlamento Europeo sarà la base della negoziazione con il Consiglio Europeo e gli stati membri. La presidenza di turno dell'Austria sembra voglia proporre una mediazione sulla quota del 35 per cento. Il primo confronto sarà la prossima settimana in Lussemburgo, dove è previsto un incontro dei ministri dell'ambiente.




martedì 2 ottobre 2018

Il 14 ottobre si vota in Baviera. Come andrà?

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Il 14 ottobre si vota in Baviera, la seconda regione più popolata della Germania da sempre dominata da CSU, il partito bavarese affiliato con la CDU di Angela Merkel. Si eleggono 180 membri del parlamento regionale. In quello uscente la CSU ne aveva 101, con una maggioranza schiacciante. I socialisti di SPD 42.
La Baviera è da sempre governata dal CSU. Dal 2008 al 2018 il presidente è stato Horst Seehofer (69), uomo forte e fiero oppositore delle politiche sulla migrazione del governo tedesco e dell'ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Da marzo 2018 Seehofer è ministro dell'interno del governo Merkel e al suo posto c'è Markus Söder (51).
La Baviera è la regione più religiosa e conservatrice della Germania. Nei pochi mesi in cui è stato presidente Söder ha fatto approvare la Kreuzpflicht, una legge che impone di esporre il crocifisso all'ingresso di tutti gli edifici pubblici.  I maligni hanno insinuato che la legge, molto criticata nel resto della Germania, sarebbe un tentativo di arginare i nazionalisti di  Alternative für Deutschland (AfD).
Il recentissimo sondaggio qui sopra dimostra che la strategia di Söder non sembra avere funzionato. La CSU è a picco, come i Socialisti. Volano i Verdi, che raddoppiano i voti e la destra sovranista di AfD arriverebbe al 14 per cento, partendo da zero.

lunedì 1 ottobre 2018

Charles Aznavour, 1924 - 2018


Charles Aznavour non aveva il physique du rôle: era alto un metro e sessanta e certamente non bello. Il suo vero nome era Shahnour Vaghinag Aznavourian, in armeno Շահնուր Վաղինակ Ազնավուրեան. Suo padre era emigrato dall'Armenia a Parigi, dove Aznavour nacque nel 1924. Charles lasciò la scuola a soli nove anni per intraprendere una carriera da baby attore. Nella Parigi occupata dai nazisti iniziò a cantare e arrivò ad aprire i concerti di Edith Piaf al Moulin Rouge. Fu lei ad incoraggiarlo ad iniziare una carriera che lo portò a scrivere più di mille canzoni e vendere 180 milioni di dischi.

Aznavour superò presto i confini della popolarità nazionale. Già nei primi anni '60 faceva sold out alla Carnegie Hall di New York. Ha cantato le sue canzoni in otto lingue e certamente aveva un rapporto speciale con l'Italia. Molti ricorderanno Com'è Triste Venezia, ma la mia preferita resta la tristissima E Io Tra Di Voi, la versione italiana di Et Moi Dans Ma Coin, cantata anche da Mina. Del resto, come disse Jean Cocteau: "La disperazione non era così popolare prima di Aznavour".
Tre mogli, sei figli, varie love story tra le quali una con Liza Minnelli, Aznavour era instancabile e non ha mai smesso di salire sul palco. Il suo ultimo concerto è stato a Osaka, in Giappone, lo scorso 18 settembre, due settimane fa. Venerdì scorso aveva rilasciato un'intervista alla radio pubblica francese.