lunedì 27 novembre 2017

Siete contenti di vivere in Europa?

La maggior parte dei cittadini UE è contenta di vivere in una Europa unita, secondo una indagine di Eurobarometer sul futuro dell'Europa. La media dei 28 paesi (UK compresa) è del 78 per cento (81% nei paesi dell'Eurozona). I più entusiasti sono i giovani nella fascia 15-24 (82%) mentre tra gli over 55 si scende al 75 per cento.
I risultati delle singole nazioni però sono molto diversi, anche se in tutti la maggioranza vede positivamente l'appartenenza europea. Si va dall'esuberanza del Lussemburgo (97%) al distacco ungherese (57%, il minimo).
L'Italia è agli ultimi posti, con un 66 per cento di pareri positivi, meno del Regno Unito che ha deciso di andarsene. Nel 2012 gli italiani soddisfatti dall'Europa erano il 71 per cento. Perdiamo cinque punti, il decremento più sensibile dopo la Slovacchia che cala di sette punti, ma resta comunque con un 78 per cento di favorevoli. Più scettici di noi solo Bulgaria, Grecia, Romania, Cechia e Ungheria. Il record dei contrari in Cechia (36%) e Grecia (34%).

martedì 21 novembre 2017

Il nuovo look de La Repubblica

Domani La Repubblica cambierà veste grafica. Era ora. I lettori si libereranno finalmente dell'assurdo font che rendeva la lettura estremamente faticosa. E dire che l'infelice precedente restyling era stato piuttosto recente (27 marzo 2014). Qui accanto un esempio del carattere tipografico usato fino a oggi.
Il nuovo carattere è stato creato appositamente e si chiama Eugenio, inutile dire in onore di chi. Il font attuale era uno strano ibrido, un "bastone" con le grazie che nel piccolo formato del testo del giornale risultava davvero ostico. Eugenio è una rivisitazione del Bodoni, il font per eccellenza, e riprende il classico stile dei caratteri da lettura, con variazioni di spessore nelle curve e nelle "grazie".
I lettori saranno contenti. Vedremo se Eugenio saprà farsi apprezzare. I caratteri tipografici sono importanti e la loro scelta è basilare per la qualità grafica di giornali e libri. Nei volumi la fa da padrone da sempre la famiglia Garamond, considerata la più leggibile.


Sei una mela o un coltello?

lunedì 20 novembre 2017

Conviene organizzare una COP?

Secondo Ovais Sarmad, vice segretario di UNFCCC, la COP23 di Bonn ha avuto 28.800 presenze tra delegazioni ufficiali, osservatori non governativi e giornalisti. Sono tanti, ma alla COP21 di Parigi 2015 erano quasi quarantamila. Organizzare conferenze di questa dimensione non è uno scherzo, particolarmente con le misure di sicurezza imposte dalla situazione attuale. Parigi 2015, svolta dopo due settimane dal Bataclan, era stata la prima COP ad applicare stringenti controlli agli ingressi. Lo scorso anno a Marrakech le cose erano leggermente più distese, ma a Bonn la Germania ha di nuovo irrigidito tutto. Con la complicazione che le due sedi della conferenza, la Bula zone nel World Conference Center e la Bonn zone in una serie di megapadiglioni allestiti per l'occasione, occupavano un'area di chilometri quadrati, tutta recintata e protetta nel parco urbano lungo il Reno. Centinaia di poliziotti, grande dispiegamento di mezzi, chissà quanti agenti in borghese.
Sistemare tanta gente non è semplice, infatti molti dei delegati alloggiavano a Colonia, 40 minuti di treno, o in altri centri della regione. Il sistema di trasporto pubblico tedesco è molto efficiente e ai delegati era concesso un pass di libero accesso a bus, metro e treni, come a Parigi nel 2015. Dove i trasporti pubblici sono scarsi, come a Marrakech o in altre edizioni precedenti, la logistica era gestita con uno sciame di shuttle bus che raggiungevano (quasi) tutte le zone degli alberghi, almeno quelli convenzionati.
Le COP sono un business o una rottura di scatole? Probabilmente ambedue. Per la Polonia evidentemente è buona la prima, visto che il prossimo anno la conferenza delle Nazioni Unite sul clima si svolgerà a Katowice. Nel giro di dieci anni anni la Polonia ne ospita tre, dopo Poznan 2008 e Varsavia 2013. Un primato bizzarro per uno dei paesi più dipendenti dal carbone e con una delle carbon footprint più alte del pianeta. Insomma, non esattamente un paese leader nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Nella promozione della COP24 i polacchi dichiarano 15.400 alloggi disponibili a Katowice, oltre ad altri 5.500 nel raggio di 35 km e 5.400 a Cracovia, che però dista quasi cento chilometri. Mentre la COP23 di Bonn era concepita come una conferenza di transizione, quella di Katowice sarà più determinante, perché verrano decise le linee guida per la prima verifica degli impegni di Parigi e il percorso degli anni a venire. Quindi è probabile che le presenze dei delegati aumenteranno.
Le sedi degli anni successivi sono ancora da definire. Quella del 2019 è destinata all'America e dovrebbero essere in lizza Argentina, Brasile e Giamaica. Per la COP26 del 2020 hanno avanzato la propria candidatura Italia e Turchia, il ministro Galletti lo ha annunciato nel suo intervento a Bonn. La Turchia allestisce da anni padiglioni sontuosi alle COP, cosa che l'Italia non ha mai fatto. Temo che finirà come per l'Agenzia Europea del Farmaco.

sabato 18 novembre 2017

Le conclusioni della COP23 di Bonn-Fiji

La COP 23 si è chiusa nella notte tra venerdì e sabato, dopo l'attesa degli esiti dei tavoli paralleli. La presidenza di Figi e la UNCCC hanno dichiarato soddisfazione per i risultati di una conferenza che nasceva come una edizione di transizione, focalizzata su negoziati tecnici e metodologici. Politicamente la COP non poteva offrire novità. Dopo lo strappo di Trump tutti gli altri paesi hanno confermato l'impegno degli Accordi di Parigi, riuscendo a definire alcune modalità di attuazione e approvando tre importanti risoluzioni di settore (agricoltura, genere, popolazioni indigene). Particolarmente attesa la chiusura dei negoziati sull'agricoltura, che erano stati avviati cinque anni fa e che mirano a ridurre l'impatto dei gas serra che non sono C02 (essenzialente il metano delle pere di mucche e pecore e quello della decomposizione organica).
La scommessa era quella di trasformare l'Accordo di Parigi del 2015, entrato in vigore un anno fa, in azioni concrete, individuando soluzioni condivise. Il percorso approvato è quello del Talanoa Dialogue, che prende il nome da una parola figiana che significa discussione e confronto. Il documento finale traccia un'agenda augurabilmente concreta che parte da alcune domande retoriche: dove siamo, dove vogliamo andare e come ci arriviamo? I prossimi dodici mesi saranno cruciali, per definire alla COP24 di Katowice le modalità concrete di attuazione dell'accordo. Alla COP24 sarà anche effettuata una verifica sugli impegni presi dalle singole nazioni (NDC) e sugli ulteriori impegni da prendere prima del 2020, quando le decisioni dell'Accordo di Parigi dovranno trasformarsi in azioni concrete.
Fino al 2020 il pallino resta in mano ai paesi sviluppati, nel regime del dopo Protocolo di Kyoto definito nel 2013 dal cosiddetto Emendamento di Doha. Ma qui rischiamo di scendere in tecnicismi incomprensibili. Per sintetizzare diciamo solo che il Protocollo di Kyoto non riguardava i paesi in via di sviluppo, che quindi fino al 2020 non hanno obblighi. Ma è chiaro che nei prossimi tre anni devono essere attuate misure coerenti con l'accelerazione del riscaldamento globale e delle sue conseguenze, a cominciare dagli eventi meteorologici estremi. Frank Bainimarama, primo ministro di Figi e presidente della COP, ha detto in chiusura della conferenza che occorre "andare oltre, più velocemente e assieme".
La questione centrale resta legata alle risorse finanziarie. L'Accordo di Parigi prevede dal 2020 cento miliardi di dollari destinati ai paesi in via di sviluppo. I paesi più poveri hanno chiesto alle potenze occidentali di definire cifre precise, ricevendo conferma degli impegni presi, ma la indisponibilità a programmare gli investimenti a medio termine a causa della imponderabilità delle scelte politiche dei futuri governi (Trump docet).
L'America non governativa a Bonn era presente con un agguerrito gruppo di governatori, sindaci e imprenditori che hanno ribadito "We are still in", confermando la volontà di rispettare gli impegni disattesi dalla presidenza Trump. Il governo USA ha partecipato alla conferenza, perché l'Accordo di Parigi prevede un termine minimo di cinque anni per recedere, quindi l'America sara ufficialmente fuori solo nel 2020. Molti hanno apprezzato il fatto che nei tavoli dei negoziati la delegazione americana abbia mantenuto un atteggiamento neutrale e non ostativo, malgrado gli USA siano rimasti l'unico paese al mondo fuori dall'accordo. Infatti nel corso della conferenza è arrivata anche l'adesione della Siria, l'ultima nazione che condivideva con l'America questo triste primato.
A Bonn si sono registrati progressi importanti anche al di fuori dei negoziati. La Powering Past Coal Alliance ha visto venti nazioni sottoscrivere un patto per l'eliminazione totale del carbone come fonte di energia entro il 2030. Tra queste c'è anche l'Italia. L'ambizione del gruppo è di arrivare a 50 paesi entro un anno, in tempo per la COP 24 di Katowice.
Se il percorso del Talanoa Dialogue produrrà i frutti sperati, a Katowice si decideranno molte cose cruciali. Emblematico che questo possa accadere in Polonia, uno dei paesi più dipendenti dal carbone e sempre nelle retrovie nell'Unione Europea sulle questioni climatiche. Tra l'altro la Polonia ospiterà la terza COP nel giro di dieci anni dopo la COP14 di Poznan 2008 e la COP19 di Varsavia 2013. Bizzarro primato per uno dei paesi più carbonizzati del mondo.

giovedì 16 novembre 2017

COP23, cercasi Italia disperatamente

Ma dov'è l'Italia alla COP23 di Figi a Bonn? Francia, Germania e Gran Bretagna hanno padiglioni fastosi, con una serie continua di eventi, un'accoglienza cordiale, documenti da distribuire, eventi sociali. L'Italia non ha mai avuto un padiglione alle COP, almeno a mia memoria (seguo le conferenze sul clima dal 2007). Ma negli ultimi due anni, Parigi 2015 e Marrakech 2016, gli uffici della delegazione italiana erano aperti. C'erano incontri con i delegati italiani delle ONG e degli enti locali per aggiornamenti sull'andamento dei negoziati. A Marrakech l'Italia aveva allestito una piccola sala riunioni, con una serie di eventi focalizzati sul nostro paese. Invece a Bonn gli spazi della delegazione italiana sono sbarrati. Una porta chiusa e una targa sul muro.
La capacità politica è anche comunicazione, particolarmente in un tema sempre più centrale come i cambiamenti climatici. La presenza italiana qui a Bonn è praticamente impalpabile. Qualche partecipazione a eventi collaterali, come quello organizzato da IRENA dove era presente Francesco La Camera, dirigente di Minambiente. Oggi il ministro Galletti ha fatto la sua comunicazione nel High Level Segment, dove ogni nazione interviene. Ha annunciato una candidatura italiana per la COP26, che si svolgerà nel 2020. Ha detto che l'Italia è in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2020. Ha rivendicato la recente approvazione della Strategia per lo Sviluppo Sostenibile (dove le città e gli enti locali non hanno un ruolo).
Nella delegazione italiana alle conferenze sul clima non ci sono mai stati rappresentanti delle città e delle regioni. Solo funzionari ministeriali, negoziatori, parlamentari, tecnici delle agenzie. Sarebbe davvero ora di cambiare registro.

mercoledì 15 novembre 2017

COP23, gli interventi di Merkel e Macron

Alle 14:30 di oggi mercoledì 15 novembre si è aperto l'High Level Segment della COP23 (per la verità con quindici minuti di ritardo, in attesa del presidente dell'assemblea ONU Miroslav Lajčák). Erano presenti il presidente della Germania Frank Walter Steinmeier, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres (alla sua prima COP), la segretaria UNFCCC Patricia Espinosa e il primo ministri di Fiji Frank Bainimarama, presidente della COP23.
Ma il primo intervento è stato quello di Timoci Naulusala, un ragazzino figiano di 12 anni che ha fatto uno straordinario  e commovente discorso, tutto a memoria. Un oratore nato.
Conclusa l'apertura sono iniziati gli interventi degli stati membri, organizzati in ordine gerarchico. Prima parlano i capi di stato, poi i ministri, poi quelli ancora più bassi in grado. Per l'Italia c'è il ministro Galletti, il cui intervento è previsto nel pomeriggio di domani, giovedì 16.
La prima della scaletta era Angela Merkel, il secondo Emmanuel Macron. Merkel ha fatto un discorso "alto" e molto ispirato, tralasciando i problemi dovuti al cambio della sua maggioranza e alle trattative per la formazione del nuovo governo, non ancora concluse. I nuovi alleati Conservatori e Liberali stanno cercando di limitare la riduzione delle emissioni da carbone a una cifra tra 15 e 30 milioni di tonnellate, mentre il piano presentato dalla Germania per applicare l'Accordo di Parigi prevede una riduzione di cento milioni di tonnellate. Inoltre Daimler, BMW e Volksvagen stanno pressando Merkel per non applicare nuovi limiti di emissioni per i veicoli. Dal 1990 a oggi in Germania le emissioni del settore trasporti non sono diminuite, anzi hanno avuto un leggero aumento. La Germania ha dichirato nel suo NDC (Nationally Determined Contribution) una riduzione del 40% entro il 2020, ma seguendo il trend attuale andrà bene se arriverà al 30.
Macron è stato molto più concreto. Era già stato ringraziato dal segretario ONU Guterres per avere organizzato un Summit su Finanza e Clima a Parigi il prossimo 12 dicembre, il secondo anniversario dell'Accordo di Parigi. La questione delle risorse finanziarie resta al centro dei negoziati di questi giorni e l'uscita degli Stati Uniti la rende ancora più cruciale.
Il premier francese ha chiesto che l'Unione Europea si sostituisca agli Stati Uniti per garantire la quota di finanziamenti all'UNFCCC, la Convenzione Quadro ONU sul clima. Ha proposto una Border Tax, un dazio aggiuntivo sulle importazioni dai paesi che non rispettano la riduzione delle emissioni prevista dall'Accordo di Parigi. Ha ribadito la necessità di incrementare l'autoproduzione energetica e lo stoccaggio, con batterie e altri sistemi. Ha richiamato tutti all'urgenza di agire immediatamente.



martedì 14 novembre 2017

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Delegati del Mali alla COP23

Le icone di Roma contro lo smog

Greenpeace Italia ha rivendicato gli stencil affissi la notte scorsa a Roma, opera dello street artist Tvboy. Ci sono Mastroianni e Anita Ekberg, Papa Francesco, Francesco Totti, Pier Paolo Pasolini, Sofia Loren, Gregory Peck e Audrey Hepburn (ovviamente in vespa).


Le città e le regioni alla COP 23

Da alcuni anni la domenica che separa le due settimane di negoziati sul clima è il giorno scelto per il Summit delle Città e delle Regioni impegnate nel contrasto ai cambiamenti climatici. La sessione di quest'anno è stata organizzata per la prima volta all'interno degli spazi della conferenza, con la presenza di molti sindaci, autorità e personaggi famosi, come l'ex governatore della California Arnold Schwarzenegger e l'attuale governatore Jerry Brown. In totale erano presenti circa 330 amministratori locali e un migliaio di delegati.
Nel ruolo di padroni di casa il sindaco di Bonn Ashok Sridharan e Armin Laschet, ministro presidente della regione Reno Nord - Westfalia, la prima della Germania per popolazione. Ambedue militano nella CDU di Angela Merkel. Erano presenti anche Frank Bainimarama, primo ministro di Figi e presidente della COP23 e la segretaria generale di UNFCCC Patricia Espinosa. Tra gli organizzatori la Global Covenant of Mayors for Climate and Energy e ICLEI.
Il Summit ha approvato per acclamazione il Bonn-Fiji Commitment, il cui titolo completo è Gli impegni di sindaci e autorità locali per attuare l'Accordo di Parigi a ogni livello. Il documento riafferma la centralità delle città e delle autorità locali nel contrasto ai cambiamenti climatici e la necessità che gli stati considerino il ruolo delle città nelle NDC, i contributi nazionali che indicano le misure che ogni paese intende prendere per raggiungere gli obiettivi di Parigi.




venerdì 10 novembre 2017

Ai negoziati sul clima non c'è un problema di genere

Sarah Baashan è una delle due co-chairs del tavolo APA (Ad Hoc Working Group on the Paris Agreement), probabilmente il più importante della COP23, quello che discute e decide le strategie di attuazione dell'Accordo di Parigi alla COP23. Baashan rappresenta l'Arabia Saudita, partecipa ai negoziati sul clima dal 2012 ed è consulente del Ministero del Petrolio del suo paese. Anche l'altro vice presidente è donna, la neozelandese Jo Tyndall. A capo di UNFCCC c'è la messicana Patricia Espinosa, che ha sostituito la costaricana Cristiana Figueres, a guida della Convenzione dal 2010 al 2016. I due "Climate Champions" del clima delle Nazioni Unite sono donne: il ministro dell'ambiente del Marocco Hakima El Haite e la francese Laurence Tubiana, ritenuta l'architetto dell'Accordo di Parigi 2015.
Nei negoziati sul clima non sembra esserci un problema di genere. Molti dei ruoli chiave sono ricoperti da donne. Un segnale positivo che mette in pratica il principio della parità di genere che era inserito nel preambolo dell'Accordo di Parigi (qui sotto il paragrafo). Sui 55 rappresentanti della delegazione ufficiale del Governo Italiano 23 sono donne.


giovedì 9 novembre 2017

Nel 2017 l'Europa è cresciuta più del previsto


Sapevamo già che l'Italia quest'anno avrà conti più positivi delle previsioni, ma è l'intera Europa a crescere più del previsto. Il pronostico di Bruxelles era su un più 1.7 per cento, mentre oggi il Commissario Europeo alle Finanze Pierre Moscovici ha corretto il forecast a un più 2.2 a fine anno. Crescono anche le aspettative per i prossimi anni, fissate adesso a +2.1% nel 2018 e +1.9% nel 2019.
La media della disoccupazione nella zona Euro è del 9.1%, la più bassa dal 2009, ed è prevista in calo all'8.5% nel 2018 e al 7.8% nel 2019. Nell'Europa a 28 i dati sono migliori: 7.8% nel 2017, 7.3% nel 2018 e 7.0% nel 2019. L'inflazione quest'anno è all'1.5%, tendenzialmente stabile nel futuro.
Per esaminare nel dettaglio i dati nazionali dell'Italia il link è questo.

Anche il 2017 sarà un anno da caldo record

A Bonn proseguono i lavori della COP23, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. I delegati sono impegnati nei tavoli tecnici paralleli, con particolare attenzione al cosiddetto APA, acronimo che sta per Ad Hoc Working Group on the Paris Agreement. Ovvero la sede dove si discutono le modalità di attuazione dell'Accordo di Parigi del 2015 (foto sotto).
Nel frattempo l'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha diffuso i dati climatici sui primi dieci mesi del 2017, che sarà un'altro anno record in termini di riscaldamento globale. Con ogni probabilità il 2017 sarà il secondo anno più caldo di sempre, seguito dal 2015. Il primato resterà quasi certamente al 2016, caratterizzato da un El Niño di rara potenza. El Niño è il fenomeno periodico che riscalda le correnti dell'oceano Pacifico centro-orientale, influenzando il clima di Asia e Americhe. In ogni caso il quinquennio 2013-2017 sarà il più caldo di sempre.
Nel periodo gennaio-settembre 2017 le temperature medie globali sono state di 1.1°C sopra la media dell'epoca preindustriale, e circa mezzo grado in più della media del periodo 1981-2010. L'anno in corso sarà anche ricordato per il record di eventi meteorologici estremi e non solo confinati nelle regioni tropicali. Per la prima volta due uragani di classe 4, Harvey e Irma, hanno raggiunto il continente americano nello stesso anno, causando danni ingenti e precipitazioni notevoli (il record a Nederland, Texas, con oltre un metro e mezzo di pioggia in una settimana).
Tornando alla COP23, la discussione più interessante di ieri si è svolta probabilmente sul tavolo SBI (Subsidiary Body for Implementation) e ha riguardato la tempistica di aggiornamento degli INDC (Intended Nationally Determined Contribution) ovvero gli impegni deliberati dai singoli paesi per l'attuazione dell'Accordo di Parigi. Tutti questi acronimi sono fastidiosi, ma fanno parte del consueto linguaggio ONU. Ad oggi 165 INDC sono stati presentati ufficialmente (i paesi che hanno ratificato l'Accordo di Parigi sono 169). Naturalmente questi piani nazionali devono essere rendicontati e aggiornati, e di questo si discute. La linea prevalente sembra essere quella di rivedere obiettivi e metodologie entro il 2025, con proiezioni che vadano oltre il 2030. Ma nulla è ancora deciso.


mercoledì 8 novembre 2017

Bill De Blasio rieletto sindaco di New York

Ieri Bill De Blasio (56) è stato confermato sindaco di New York con una landslide election, come dicono gli americani. Il sindaco uscente ha avuto il 66.5 per cento dei consensi contro il 27.8 della principale rivale, la repubblicana Nicole Malliotakis (36). Malliotakis ha vinto largamente nella contea dove risiede, Staten Island. Nelle altre quattro (Manhattan, Brooklyn, Queens, Bronx) non c'è stata partita.
Due dati statistici interessanti: 1. De Blasio è il primo sindaco democratico ad essere rieletto dal 1985, quando Edward Koch raggiunse il terzo mandato. 2. L'affluenza è stata del 22 per cento. Dei 5,053,842 elettori registrati sono andate ai seggi 1,097,846 persone. De Blasio ha avuto 726,361 voti, ovvero poco più del 14 per cento del corpo elettorale.

Il governo Trump snobba la COP23. Ma gli USA ci sono



Per la prima volta, dopo molti anni, gli Stati Uniti non hanno un padiglione alla conferenza annuale sul clima delle Nazioni Unite. Niente US Pavilion alla COP23. Lo stand era storicamente uno dei più frequentati, con molti eventi anche di alto livello scientifico gestiti dalla NASA (nella foto sotto lo US Center alla COP22 di Marrakech 2016).
La scelta del governo americano è certamente conseguente alla decisione di Donald Trump di uscire dall'Accordo di Parigi, a cui aderiscono tutte le nazioni del pianeta meno Stati Uniti e Siria. C'è ovviamente una delegazione ufficiale che segue i negoziati guidata dal Sottosegretario di Stato Thomas Shannon, composta da una cinquantina di persone. Molte meno che nelle precedenti edizioni.
Sono invece centinaia i delegati americani presenti come osservatori. Tra questi spicca il gruppo America's Pledge on Climate Change, l'iniziativa lanciata dal governatore della California Jerry Brown e dall'ex sindaco di New York Michael Bloomberg per ribadire il sostegno degli stati, delle città e del settore privato all'accordo di Parigi. Il 1 giugno 2017 Donald Trump ha annunciato l'uscita degli USA dall'Accordo di Parigi. Poche ore dopo Michael Bloomberg commentava: "L'America non se ne va dall'Accordo di Parigi, anzi andremo avanti" aggiungendo di avere destinato 15 milioni di dollari della Fondazione Bloomberg al UNFCCC, l'organo tecnico delle Nazioni Unite che si occupa di cambiamenti climatici. In pratica la stessa somma con la quale gli Stati Uniti contribuivano alla Convenzione Quadro dell'ONU.
Michael Bloomberg secondo Forbes è l'ottavo uomo più ricco del mondo e vale 47.8 miliardi di dollari. Il suo impegno sulla causa del clima è iniziato durante il suo mandato di sindaco di New York (2001-2013). Il 31 gennaio 2014 Ban Ki-moon ha nominato Bloomberg "Inviato Speciale per le Città e il Clima" delle Nazioni Unite.
A Bonn il governo degli Stati Uniti non ha un padiglione, ma l'America che sostiene la lotta ai cambiamenti climatici ha organizzato lo U.S. Climate Action Center dove docenti universitari, sindaci, governatori e capitani di industria hanno programmato una serie di eventi per tutta la durata della COP23. Sabato 11 Bloomberg e Brown presenteranno il rapporto di America's Pledge, che descrive nel dettaglio le azioni che gli stati, le città e le imprese americane stanno portando avanti per mantenere gli impegni dell'Accordo di Parigi sottoscritti da Obama, cioè ridurre le emissioni del 26-28% entro il 2025 rispetto ai livelli del 2005. Con loro ci saranno il sindaco di Pittsburgh Bill Peduto e la vicepresidente di Walmart Laura Phillips.


lunedì 6 novembre 2017

COP 23, il mondo discute di nuovo di clima

Si è aperta oggi a Bonn la COP23, la conferenza annuale sul clima delle Nazioni Unite. Ufficialmente l'edizione 2017 è organizzata dalle isole Figi, ma le ridotte capacità logistiche del piccolo stato polinesiano hanno dirottato la sede dei lavori a Bonn, in Germania. Bonn è anche il quartier generale di UNFCCC, la Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite, cioè la struttura che organizza materialmente la conferenza.
La COP23 segue la COP21 di Parigi 2015, dove fu sottoscritto il Paris Agreement sui cambiamenti climatici, e la COP22 di Marrakech 2016, dove l'accordo venne ufficialmente ratificato. Ad oggi 169 nazioni hanno ratificato formalmente il Paris Agreement, mentre solo due nazioni hanno rifiutato di farne parte: la Siria e gli Stati Uniti, che Donal Trump ha ufficialmente ritirato dopo la ratifica dell'accordo dell'era Obama. Anche il Nicaragua, il terzo paese che era ancora fuori dall'accordo, ha annunciato la scorsa settimana la sua adesione.
Con il passare degli anni le conferenze ONU sul clima assumono sempre più un significato largo e olistico, diventando l'ambito di discussione del futuro del pianeta. L'evoluzione del clima terrestre non è più solo terreno di ricerca per scienziati, ma chiave per un progetto globale di sviluppo sostenibile. Il G7 sulla salute che si è concluso oggi a Milano ha approvato un documento che dichiara i cambiamenti climatici come minaccia per la salute e causa di aggravamento di altri rischi sanitari. Una lunga mediazione politica ha permesso di ottenere il via libera alla dichiarazione anche da parte degli Stati Uniti.
Il meeting di Bonn durerà due settimane. Sono registrati 11.306 delegati dei 197 paesi che aderiscono a UNFCCC, 6.176 osservatori non governativi (tra i quali io, come membro della delegazione delle Autorità Locali per le Agende 21 Italiane) e 1.633 accrediti stampa, per un totale di oltre 19.000 presenze. La delegazione ufficiale italiana è di 55 persone, compresi parlamentari e tecnici di ISPRA, ENEA e SOGESID.
La foto ritrae il sindaco di Bonn Ashok Sridharan durante la cerimonia di apertura svoltasi stamattina. Sridharan (55) è nato a Bonn da un padre indiano, emigrato in Germania dal Kerala negli anni '50, e da madre tedesca. Milita nel CDU, il partito di Angela Merkel, ed è sindaco dal 2015.

Oggi si apre la COP23 di Figi (a Bonn)



sabato 4 novembre 2017

Per gli scienziati USA il clima cambia per colpa dell'uomo

La Casa Bianca ha diffuso ieri il nuovo rapporto sui cambiamenti climatici redatto da un corposo gruppo di scienziati. Il rapporto viene pubblicato ogni quattro anni su mandato del Congresso e questa è la quarta edizione. Un documento corposo, diviso in due volumi che sommano più di duemila pagine. Il secondo volume del rapporto, che valuta gli impatti del cambiamento climatico nelle diverse regioni degli Stati Uniti, è stato diffuso come draft. Ora potrà essere commentato pubblicamente e dovrà passare il vaglio di un gruppo di esperti dell'Accademia Nazionale delle Scienze e di 13 agenzie federali. La pubblicazione ufficiale è prevista per dicembre 2018.
Le conclusioni sono che la causa principale dei cambiamenti climatici sia l'attività umana. Le teorie esposte sono in aperto contrasto con quanto sostenuto dal presidente Trump e dai suoi più stretti collaboratori, a cominciare da Scott Pruitt, direttore dell'EPA, l'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente, che ha dichiarato che le emissioni di CO2 non siano tra le cause primarie dei cambiamenti climatici.
Secondo il rapporto il livello del mare potrebbe salire da 30 a 120 cm entro il 2100 e l'innalzamento fino a due metri e oltre sarebbe "fisicamente possibile" se i ghiacci dell'Antartide si confermassero instabili come si teme. Il team di scienziati che ha redatto il documento sostiene che il rapido aumento di gas serra è un fenomeno eccezionale e non c'è analogia climatica tra gli eventi dell'ultimo secolo e quanto accaduto negli ultimi 50 milioni di anni.
L'amministrazione Trump ha invertito la rotta rispetto alle scelte di Obama di ridurre l'utilizzo di combustibili fossili e ha cancellato varie misure deliberate per ridurre le emissioni di CO2. Da quando Pruitt è a capo dell'EPA molte pagine scientifiche sui cambiamenti climatici sono state rimosse dal sito dell'agenzia, dove erano pubblicate da venti anni.

venerdì 3 novembre 2017

Le micropolveri accorciano la vita, anche in Italia

Secondo WHO-OMS l'inquinamento atmosferico è la prima emergenza sanitaria mondiale. L'aria che respiriamo è la causa di malattie croniche all'apparato respiratorio e la concentrazione di micropolveri è un fattore determinante per l'aspettativa di vita. Quattro miliardi e mezzo di persone sono esposte a concentrazioni di micropolveri almeno doppie rispetto alla quantità massima di sicurezza degli standard WHO-OMS. Ogni 10mg a metro cubo di PM10 oltre la soglia di sicurezza valgono sette mesi di vita. E le micropolveri uccidono più di fumo, incidenti stradali e diabete messi assieme.
Uno studio dell'Università di Chicago certifica che la pessima qualità dell'aria accorcia la vita in Cina di tre anni e mezzo e in India di quattro anni. Questi sono dati medi. Nelle città le cose vanno molto peggio: a New Delhi si arriva quasi a dieci anni in meno. Anche le zone rurali di Africa e Asia registrano valori molto alti, legati alla tradizione di cucinare con fuochi di legna e carbone.
Il problema però non è solo dei paesi in via di sviluppo: a New York le micropolveri accorciano la vita di un mese, a Los Angeles di otto mesi.
Secondo la mappa interattiva elaborata dai ricercatori di Chicago, in Italia il dato è di oltre otto mesi in meno, il peggiore dell'Europa occidentale. Ma anche questo è un dato medio: in pianura padana la mappa segna una chiazza arancione che significa ben oltre un anno (ingrandimento sotto).


giovedì 2 novembre 2017

I cartoon nell'arte di Joyce Pensato

 
Joyce Pensato Interview: A Life with Cartoon Characters from Louisiana Channel on Vimeo.
Joyce Pensato (76) è nata a Brooklyn, dove ha ancora il suo studio. Dipinge grandi tele con trasfigurazioni dei personaggi di fumetti e cartoon, con una dominante dei toni di bianco e nero. Da Batman ai Simpson, da Topolino a South Park. Il Museo danese di arte moderna Louisiana l'ha intervistata nel suo atelier. Il video è molto interessante.


La COP 23 si avvicina, ecco il nuovo sito

Mancano pochi giorni all'apertura della COP23, la conferenza annuale sul clima delle Nazioni Unite che nel 2017 si svolge a Bonn sotto la presidenza delle Figi. L'arcipelago polinesiano non ha le strutture per ospitare un evento di queste dimensioni, così la sede è stata spostata in Germania, nella città che ospita il quartier generale di UNFCCC, l'organizzazione ONU sui cambiamenti climatici. La città di Bonn ha novemila posti letto in hotel, che diventano 65.000 nel raggio di 50 Km comprendendo le contee di Colonia e Coblenza.
Da qualche giorno è attivo il nuovo sito web della COP23, con tutte le informazioni e il programma. La conferenza si aprirà lunedì 6 novembre. Anche quest'anno Sostenibilitalia riporterà ogni giorno la cronaca degli eventi e dei retroscena del summit mondiale sul futuro del pianeta.

mercoledì 1 novembre 2017

Ogni ora si montano 70.000 nuovi pannelli solari


Il 2016 è stato un altro anno record per le rinnovabili. I nuovi impianti hanno superato per la prima volta quelli alimentati da combustibili fossili. Il totale dei nuovi impianti ad energia rinnovabile è di 164 GW e il costo è sceso a meno di tre centesimi per Kwh. La crescita più imponente è quella del fotovoltaico, con 74 GW di produzione, in grande parte installati in Cina. La Cina ha giù superato gli obiettivi di produzione fotovoltaica che erano stati indicati per il 2020.
L'Agenzia Internazionale per l'Energia stima che da qui al 2022 nel pianeta saranno installati 70.000 pannelli solari ogni ora. Per quella data la produzione globale di energia fotovoltaica dovrebbe raggiungere i 740 GW.