domenica 31 maggio 2009

La Cina riduce ancora i consumi

Solo dieci giorni fa Barack Obama ha annunciato i nuovi limiti di consumo per i veicoli in vendita negli USA dal 2016: 35.5 miglia (56.8 Km) con un gallone di benzina (3.8 litri), in pratica poco meno di 15 Km/l. Oggi lo standard americano è di 25.5 miglia, quindi i nuovi limiti portano un taglio del 30% e un aumento di 4 Km/litro.
Adesso fonti cinesi riportate dal New York Times confermano che Pechino si sta apprestando a una nuova direttiva sui consumi di carburante che ridurrebbe del 18% entro il 2015 i già severi limiti cinesi.
La Cina fino al 1995 era autosufficiente in termini di petrolio, ma lo sviluppo economico e il nuovo benessere hanno modificato radicalmente il quadro, con Pechino che oggi importa il 60% del suo fabbisogno. La volontà di ridurre la dipendenza dal petrolio è uno dei due motivi alla base dei nuovi provvedimenti, l'altro è la scelta di limitare le emissioni di gas serra e l'inquinamento atmosferico. La Cina, che la parte più ottusa dell'occidente accusa di ignorare le tematiche ambientali, ha recentemente introdotto nel suo quadro normativo provvedimenti molto severi in termini di qualità dell'aria e gas serra e inoltre il regime fiscale colpisce duramente chi acquista auto sportive e grossi SUV con una tassa del 40%, mentre sulle utilitarie l'imposizione è solo del 1%.
Il meccanismo di controllo dei consumi utilizzato dai Cinesi è articolato in 16 categorie di veicoli e analizza solo il consumo nel ciclo urbano. Secondo An Feng, direttore dell'Innovation Center for Energy and Transportation (iCET) di Pechino, ogni nuova macchina (inclusi minivan e suv) messa in vendita in Cina dal 2015 dovrà fare almeno 17,8 Km/litro. Oggi il limite cinese è di 15,15 Km/l, già più alto dell'obiettivo USA fissato al 2016.
Quasi tutto il parco circolante è composto da auto prodotte in Cina, anche perché le importazioni (solo 1.9%) sono soggette a tasse pesanti. La Cina sta anche investendo molto nella ricerca per la produzione di mezzi ibridi ed elettrici, particolarmente nelle batterie ricaricabili, che saranno il business dei prossimi dieci anni.

sabato 30 maggio 2009

L'Europa, la stampa e il web

Martedì scorso Margot Wallstrom (foto), vicepresidente della Commissione Europea e responsabile della comunicazione, ha presentato a Bruxelles un nuovo portale internet in cui saranno riportati gli articoli a tema europeo tratti da 250 testate di tutto il mondo, tra le quali The Guardian, El Pais, Le Monde, The Financial Times, The Economist, Corriere della Sera, Frankfurter Allgemeine Zeitung, e New York Times.
Il sito si chiama presseurop.eu ed è il primo portale europeo multilingue di news, frutto dalla collaborazione tra la Commissione di Bruxelles e un consorzio guidato dal gruppo giornalistico francese Courrier International di cui fa parte anche L'internazionale.
Per ora presseurop.eu è disponibile in dieci lingue: inglese, francese, tedesco, spagnolo, italiano, polacco, olandese, portoghese, romeno e ceco. L'ambizione dei promotori è di arrivare a tradurre gli articoli in tutte 23 le lingue ufficiali dell'Unione. Philippe Thureau-Dangin, che guida Courrier International, ha dichiarato che per ora la redazione sarà composta da dieci giornalisti assunti e da una rete di collaboratori freelance.
Presseurop.eu segue di un anno la creazione di EuRaNet (European Radio Network, lanciato ad Aprile 2008) mentre è previsto per il prossimo anno lo sbarco dell'Europa in TV con EU TV Net. La Coommissione Europea ha anche un sottoportale su YouTube chiamato EU Tube.

venerdì 29 maggio 2009

Un paese normale

Un leader mai prepotente o arrogante, con­sapevole di una innata capacità seduttiva che ha usato a fini di ricerca del consenso e non per scopi morbosi. Un uomo leale, perbene e rispettoso. Una persona di garbo e gentilezza, doti che qualcuno vorrebbe declassare a mera finzione e che invece sono autentiche. E, lasciatemi pure dire che, in un mondo po­polato da gran cafoni, sono qualità rare ed invidiabili. Il resto, tutto il resto, sincera­mente sono affari suoi. O, almeno, così do­vrebbe essere in un Paese «normale».
Cosi oggi scrive il ministro Carfagna in una lettera pubblicata sul Corriere della Sera.
In un paese normale se il capo del governo di 73 anni invitasse cinquanta sbarbine, tra cui varie minorenni, per capodanno nella sua tenuta privata avrebbero già preparato un TSO.
Ha ragione la moglie, non sta bene.
Ma questo non sarebbe il fatto più grave. Quello che in un paese normale sarebbe intollerabile sono le bugie, le versioni che cambiano, la disinvoltura nel mentire. Lo ribadiva con garbo e precisione ieri Beppe Severgnini, sempre sul Corriere.
Per il ministro Carfagna sono "affari suoi". Carlo Rossella conferma, Sgarbi approva, Feltri benedice. Per tutti i politici di destra è un complotto.
Questo anziano signore, che tiene a chiarire che sì, passa il tempo con le sbarbine ma non ci fa sesso, vincerà le prossime elezioni europee e conquisterà molti enti locali nelle amministrative.
All'Italia va bene così. Sarebbe bello vivere in un paese normale.

giovedì 28 maggio 2009

Sarà Putin a salvare il pianeta?

Dopo anni di indifferenza, la Federazione Russia ha preso una posizione ufficiale sul tema dei cambiamenti climatici, emanando una "dottrina" che conferma la causa antropica e mette in guardia il paese più esteso del pianeta, ribadendo che le mutazioni climatiche provocheranno una contrazione del PIL russo tra il 2 e il 5% e che già oggi gli eventi collegati al cambiamento climatico come inondazioni, tempeste e siccità costano alla Russia 60 miliardi di rubli l'anno, circa 1.4 miliardi di Euro.
Questi dati sono compresi in un rapporto presentato da Росгидромет (Roshydromet), il servizio metereologico federale russo. Dallo studio risulta che rispetto al 1907 le temperature in Russia sono cresciute di 1.3 °C, il doppio rispetto alla media mondiale. Tra gli autori del rapporto c'è Yuri Izrael, già vicepresidente dell'IPCC, il gruppo di scienziati insediato dall'ONU sul clima, uno studioso che non aveva mai nascosto il suo scetticismo sulla relazione tra cambiamento climatico e attività umane. Oggi invece il rapporto parla di "convincenti prove della causa antropica del riscaldamento globale".
La Russia aveva avuto un ruolo cruciale nel 2004, quando sottoscrisse il protocollo di Kyoto e lo fece entrare in vigore, superando la soglia minima globale di paesi aderenti. La ratifica russa di Kyoto fu indolore, perché la recessione economica post sovietica permetteva alla Russia di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni senza alcun intervento, aprendo anzi prospettive economiche interessanti sul mercato dell'emission trading.
Oggi, dopo cinque anni di assenza dai tavoli politici sul clima, Putin e Mosca tornano protagonisti e potrebbero essere decisivi nelle trattative di Copenhagen, rubando la scena alla Cina e agli altri paesi emergenti. Fonti russe sostengono che Putin abbia avviato la stesura di un piano nazionale in cui la priorità dovrà essere l'efficienza energetica.
La Russia vive direttamente il problema della riduzione del permafrost, il terreno ghiacciato delle tundre che occupa il 60% dell'immensa superficie del paese (17 milioni di Kmq). Secondo uno studio di Nature il riscaldamento globale porterà a un arretramento delle tundre verso nord. Nei primi anni la nuova vegetazione produrrà ossigeno che compenserà la immissione in atmosfera del CO2 intrappolato nel terreno gelato, ma dopo alcune decadi le emissioni di gas serra saranno prevalenti fino alla cifra di un miliardo di tonnellate l'anno di CO2. Una quantità notevole, pari a quanto deriva della deforestazione tropicale e considerando che oggi i combustibili fossili producono 8.5 milardi di tonnellate di CO2 in tutto il mondo. Il terreno congelato delle tundre trattiene il doppio del CO2 presente in atmosfera.

mercoledì 27 maggio 2009

L'Europa che non attizza

I sondaggi in vista delle prossime elezioni europee confermano che la consultazione 2009 sarà quella con la più bassa percentuale di votanti della storia dell'Unione: appena il 34%. Particolarmente desolante il panorama nei paesi dell'est, con il record della Polonia, dove solo il 13% degli elettori ha dichiarato che andrà a votare mentre il 63% conferma di non avere "nessun interesse" nella consultazione. Poco meglio in Slovacchia, con una previsione di affluenza del 15%, persino più bassa del 16% del 2004.
La crisi economica peggiora la situazione, riducendo i budget per le campagne elettorali. In Romania ad esempio nessuno ha stampato manifesti.
Altri paesi useranno le elezioni per regolamenti di conti locali. La repubblica Ceca, che sta vivendo la peggiore e più incasinata presidenza di turno che ci si ricordi, utilizzerà il voto europeo come termometro in vista delle elezioni politiche indette per ottobre, dopo che lo scorso marzo il governo Topolanek si è dimesso. Lo stesso accade in Bulgaria, dove le elezioni politiche sono in programma il 5 luglio. In Lettonia invece le Europee coincidono con il voto amministrativo, come in Italia.
In Spagna l'ultimo sondaggio da alla pari il partito socialista di Zapatero e l'opposizione del partito popolare, ambedue al 42% con una proiezione di 23 seggi a testa sui 50 totali.
Un panorama completo lo ha fatto la BBC con una guida che analizza paese per paese le 27 nazioni e fa previsioni sugli esiti nazionali.
Il prossimo parlamento europeo sarà meno affollato del precedente, con 736 seggi rispetto ai 785 attuali.

lunedì 25 maggio 2009

Bikini sostenibile

A pagina 68 di Vogue America di giugno c'è Gisele Bündchen con un bikini bio di Loyale Clothing, una firma di ecodesign diretta da Jenny Hwa (30).
Il modello si chiama Barstow Bikini ed è realizzato con cotone biologico 100% e tinture a basso impatto. Il costume è prodotto a New York da una forza lavoro che, ci tiene a sottolineare Jenny Hwa, riceve paghe adeguate.
Infatti non costa poco, 120 $ se acquistato on line nel sito dell'azienda.
Jenny Hwa ha vinto lo scorso anno il premio di Eileen Fisher per le migliori aziende a conduzione femminile. La motivazione per il premio era che "Loyale cerca fornitori che producano tessuti con criteri ambientali, paga compensi equi ai dipendenti e utilizza processi sostenibili in ogni fase della lavorazione, inclusa la donazione di parte dei profitti a organizzazioni ambientaliste".
Con i diecimila dollari del premio Jenny Hwa ha potuto permettersi un piccolo showroom e un ufficio. Nei tre anni precedenti aveva organizzato il lavoro e spedito la merce dal suo appartamento di Harlem.

domenica 24 maggio 2009

A NYC Broadway diventa pedonale

Da qualche minuto Broadway, la strada più iconica di New York che taglia in diagonale da nord a sud la griglia regolare di Manhattan, è stata chiusa al traffico in due snodi nevralgici: dalla 33a alla 35a strada a Herald Square e soprattutto dalla 42a alla 47a strada a Times Square. Non è una pedonalizzazione, perché Times Square continuerà ad essere attraversata dalla 7a avenue e dalle strade perpendicolari, ma si libereranno grandi spazi pedonali per uno spazio pubblico frequentato ogni giorno da 350.000 persone (qui sopra i rendering prima e dopo) e considerato la prima destinazione turistica di New York. Times Square in realtà fino ad oggi non era una piazza ma un incrocio, a cui la diagonale di Broadway fa assumere una forma a farfalla.
Il progetto, fortemente voluto dal sindaco Bloomberg, costerà un milione e mezzo di dollari e sarà attuato in via sperimentale fino alla fine dell'anno, poi si vedrà. Ma è difficile credere ad un ripensamento. L'assessore al traffico di New York Janette Sadik-Khan giura che il provvedimento, che fa parte di un programma chiamato Green Light for Midtown, avrà risultati immediati sulla riduzione degli ingorghi e dell'inquinamento. Attualmente la velocità media sulla 7a avenue a Times Square nelle ore di punta non va oltre i 10 Km/h e la chiusura di Broadway dovrebbe consentire un miglioramento del 17% anche perché la 7a avenue sarà allargata a quattro corsie (cfr. lo schema proposto dall'ufficio mobilità del comune).
A giudicare dalla webcam piazzata a Broadway e 46a le cose vanno abbastanza bene, ma oggi è domenica e quindi il vero test sarà domattina.

venerdì 22 maggio 2009

Netbook sostenibili

Io ho comprato da tempo il mio netbook, e voi? La nuova generazione dei computer super portatili è molto attraente: aggeggi che costano tra i 300 e i 400 Euro, che pesano un Kg o poco più e sono in grado di fare tutto quello che ci serve quando siamo in movimento. Inoltre i netbook sono immuni da Vista e con 1 Giga di RAM operano perfettamente con il vecchio e affidabile XP.
Tutte le grandi marche si sono buttate nel nuovo mercato, meno Apple che con il solito snobismo resta alla finestra. Ma la vera novità arriva dalla spagnola iUnika che ha presentato un netbook essenziale, ridotto davvero all'osso, con un prezzo di attacco di 130 Euro. E con trenta Euro in più c'è il modello con il pannello solare sul dorso per ricaricarsi senza spina (foto).
Si chiama Ultra Mobile Personal Computer (UMPC), pesa solo 700 grammi e gira con Linux, che gli permette di limitarsi ad un processore da 400 Mhz, 128 mega di RAM e un disco flash da un Gb. C'è ovviamente il Wi-Fi, tre porte USB e uno slot SD. Il computer è costruito con bioplastiche e altri materiali biodegradabili semplici da riciclare. Dovrebbe essere nei negozi dalla fine di giugno.

giovedì 21 maggio 2009

Diplomazia sostenibile

Questo post è roba da iniziati, meglio dirlo subito. Si parla dei complessi negoziati verso la COP 15 di Copenhagen di dicembre, quando sarà in discussione il nuovo accordo globale sul clima che dovrà nel 2012 subentrare al protocollo di Kyoto.
Il prossimo appuntamento è per il primo giugno, quando a Bonn avrà inizio il nuovo round di negoziati della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC). La UNFCCC ha istituito due gruppi di lavoro ad hoc permanenti. Il primo si occupa degli impegni che dovranno prendere le nazioni occidentali comprese nel cosiddetto "allegato 1" del protocollo di Kyoto (AWG-KP). Il secondo è dedicato alle azioni di cooperazione a lungo termine nel quadro dell'accordo (AWG-LCA). I due gruppi svolgono il lavoro tecnico, che poi deve essere sottoposto all'approvazione politica dei parties, ovvero delle nazioni.
Il gruppo di lavoro ad hoc AWG-LCA ha prodotto un documento che sarà al centro della sessione di negoziati in programma a Bonn dal 1 giugno. Si tratta di un testo ancora da negoziare, quindi aperto a varie soluzioni. Nelle 53 pagine ci sono undici riferimenti alle implicazioni "locali" del nuovo protocollo. Non è esattamente quello che vogliamo, ma è già un segnale importante verso il riconoscimento che le città e i territori chiedono di avere nel nuovo protocollo.
Roba da iniziati, lo dicevo in apertura. Ma in realtà qui si discutono i destini del mondo, mentre noi ci occupiamo di una ragazzina chiamata Noemi.

mercoledì 20 maggio 2009

Obamamobili

Un paio di mesi fa l'Agenzia USA per la Protezione dell'Ambiente (EPA) aveva confermato in un rapporto che i gas serra sono inquinanti e rappresentano una minaccia per la salute pubblica, permettendo di conseguenza al governo Obama di emanare provvedimenti per regolare le emissioni di CO2, metano e altri gas serra. Barack non ha perso tempo e ieri ha annunciato i nuovi standard dell'industria auto USA, che entro il 2016 dovrà produrre veicoli in grado di percorrere 35.5 miglia (56.8 Km) con un gallone di benzina (3.8 litri). Oggi lo standard è di 25.5 miglia, quindi i nuovi limiti rappresentano un taglio del 30% e un aumento di 4 Km/litro. Le emissioni di CO2 passerano dai 354 grammi di oggi ai 250 del 2016.
Secondo i calcoli dell'amministrazione Obama questi nuovi limiti avranno come conseguenza un aumento medio di 600 $ di costi di produzione, che vanno a sommarsi ai 700 già deliberati con gli adeguamenti normativi del 2007. In pratica 1300 dollari in più per automobile che hanno provocato reazioni rabbiose negli economisti conservatori. In un editoriale pubblicato oggi sul Wall Street Journal Holman Jenkins scrive che il cittadino americano pagherà da 5000 a 7000 dollari di tasse per coprire gli incentivi statali per l'acquisto delle nuove auto ibride o elettriche che l'autore chiama con disprezzo Obamamobili.
Il piano auto di Obama permettera di risparmiare 1.8 miliardi di barili di petrolio in un paese che, con il 5% della popolazione del pianeta, oggi consuma un quarto del petrolio mondiale. A chi lamenta i maggiori costi di produzione dei veicoli Obama risponde che la drastica riduzione dei consumi comporta per il consimatore un risparmio medio di 2800 dollari nel ciclo di vita dell'automobile. Il risparmio totale delle emissioni è invece stimato in 900 milioni di tonnellate di CO2, che equivale alla chiusura di 194 centrali elettriche a carbone.
Secondo gli esperti del settore gli effetti dei nuovi provvedimenti si cominceranno a vedere nei modelli 2012. Vista la drastica riduzione dei consumi e considerata la passione degli Americani per i pickup e le auto di grossa dimensione l'industria punterà le sue carte sui veicoli ibridi ed elettrici, destinati a diventare il nuovo standard. I motori a scoppio resteranno nelle auto più piccole, con la FIAT in prima linea con le motorizzazioni Chrysler.

FDG 090520 #435

Di ritorno dall'adunata nazionale degli alpini

martedì 19 maggio 2009

Tra le pieghe del piano casa

Il governo di centrodestra non trova l'accordo con le regioni sul cosiddetto Piano Casa, che continua ad essere rimandato. Non è solo questione dei famosi bonus di ampliamento per le villette e per chi demolisce e ricostruisce. Al piano casa è collegato un disegno di legge "per l'aggiornamento della normativa urbanistica edilizia e del paesaggio". Due articoli che concedono al governo la delega per scrivere entro dodici mesi uno o più decreti che dovrebbero riscrivere i principi fondamentali dell'attività edilizia, comprese le sanzioni per gli abusi e la semplificazione delle procedure. Il disegno di legge tra le altre cose prevede infatti la semplificazione delle procedure anche mediante la sostituzione dei titoli edilizi preventivi, comunque denominati, con certificazioni di conformità asseverate da professionisti abilitati (...).
Le prescrizioni del disegno di legge lascerebbero trenta giorni alla conferenza Stato-Regioni per esprimere il parere e appena venti giorni alla Camera e al Senato per il parere definitivo.
Le Regioni non ci stanno, ma Berlusconi ha comunque dichiarato che le misure saranno in vigore da agosto. In pratica le Regioni avranno tempo fino alla fine di luglio per deliberare.
Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni, ha accusato il Presidente del Consiglio di creare equivoci. Secondo Errani il DL in esame è incentrato sulla semplificazione del settore edilizio e non sull’aumento delle cubature del 20%, come affermato da Berlusconi.
Si tratta ancora e le ultime notizie dicono che le Regioni l'hanno spuntata eliminando la possibilità di operare un cambio di destinazione d'uso tramite una semplice Dichiarazione di Inizio Attività (DIA). Tra le richieste sul tavolo anche una deroga alle assunzioni da parte degli enti locali, necessarie per gestire le nuove norme antisismiche, qualora entrino immediatamente in vigore.
Vista la situazione il Consiglio dei Ministri ha rimandato tutto, decidendo solo lo slittamento di un mese per il termine dell'attività normativa regionale.

lunedì 18 maggio 2009

Disastri, resilienza e clima

Il Segretario Generale ONU Ban Ki-moon ha presentato ieri in Bahrein il primo rapporto globale sulla riduzione del rischio di disastri realizzato nell'ambito della International Strategy for Disaster Reduction dell'ONU (ISDR).
La cartina qui sopra somma i rischi derivanti da inondazioni, cicloni, terremoti e frane in una scala cromatica che va dal verde (rischio basso) al rosso scuro passando per i toni del giallo (versione più grande sul link del NYT).
Ne corso dell'ultimo incontro del IPCC ad Antalya, in Turchia, il gruppo di esperti ONU sul cambiamento climatico ha deciso di iniziare la preparazione di un rapporto su "Gestione di eventi estremi e disastri per migliorare l'adattamento al cambiamento climatico" (ecco il documento programmatico sul rapporto). La relazione tra disastri e cambiamenti climatici è diretta e secondo l'ISDR il 75% dei disastri è causato da eventi metereologici estremi, con un notevole aumento negli ultimi decenni.
"Anche se il referente primario sono i governi nazionali dal rapporto esce chiaramente il messaggio che la riduzione del rischio di disastri è una responsabilità per tutti" ha commentato Margareta Wahlstrom, svedese assistente segretario generale ONU per la riduzione del rischio di disastri.

domenica 17 maggio 2009

FDG 090517 #434

Le prime ciliegie, finalmente

Kuwait di genere

Ieri si è votato in Kuwait, una delle poche democrazie del medio oriente, per rinnovare cinquanta seggi parlamentari. A sorpresa quattro sono stati vinti da donne, che solo dal 2006 possono votare e candidarsi e che per la prima volta entrano in parlamento.
Il sistema politico del Kuwait non è esattamente democratico, visto che il potere è mantenuto da 250 anni dalla famiglia Sabah. L'emiro attuale, Sheikh Sabah al-Ahmed al-Jaber al-Sabah, ha l'ultima parola sulle decisioni politiche del paese e sceglie tra i propri parenti il primo ministro e i ministri della difesa, dell'interno e degli esteri.
I candidati ai seggi parlamentari erano 210, tra cui 16 donne. Se l'elezione di Maasouma al-Mubarak, prima donna nominata ministro in Kuwait, sembrava scontata, che il drappello femminile arrivasse a quattro parlamentari non era scontato. Tra queste Aseel al-Awadhi (santino in alto), professoressa di filosofia che era stata prima dei non eletti dell'Alleanza Democratica Nazionale nel turno precedente e che questa volta si presentava da indipendente, con il suo website e gruppo di supporto su facebook.
Le quattro elette sono tutte educate negli USA e tra loro c'è Rola Dashti, leader del movimento delle pari opportunità e presidente della Kuwait Economic Society. I leader del partito religioso islamico sunnita Salafi Alliance avevano ammonito che il voto alle donne è peccato, ma hanno subito una pesante sconfitta. La coalizione dei partiti islamici ha perso dieci dei 21 seggi che deteneva.
Il Kuwait possiede il 10% delle riserve mondiali di petrolio ed estrae circa 2.2 milioni di barili di greggio al giorno.

venerdì 15 maggio 2009

Imbarazzante

Roma, Via Panama
(grazie a Sabina)

Cultura, capitali ed Euroburocrazia

L'Europa ha scelto le sue capitali della cultura per il 2012, sono Guimarães in Portogallo e Maribor in Slovenia.
Il processo di selezione delle città candidate a capitale europea della cultura sta diventando sempre più complesso e burocratico, nella peggiore tradizione europea. Il 2012 è l'ultimo anno in cui le capitali culturali vengono scelte su candidature dirette, poi scatterà un micidiale meccanismo di selezioni successive degno di Miss Italia.
Intanto abbiamo le vincitrici per questi anni: nel 2009 sono Vilnius e Linz, come già anticipato da Sostenibilitalia. Nel 2010 saranno tre: Essen in Germania, Pecs in Ungheria e Istanbul. Nel 2011 Turku in Finlandia e Tallin in Estonia, per un anno di cultura rigorosamente baltica.
Dal 2013 la musica cambia e le capitali culturali vengono assegnate ogni anno a due stati prescelti, che devono presentare delle precandidature, tra cui viene fatta una prima selezione. Questo primo anno del nuovo regime è stato dedicato a Francia e Slovacchia, con otto candidature francesi (Strasbourg, Toulouse, Amiens, Nice, Marseille, Bordeaux, Lyon, Saint-Etienne) e ben nove slovacche, praticamente tutte le città della piccola nazione (Trnava, Banska Bystrica, Kosice, Presov, Dolny Kubin, Martin, Bratislava, Trencin, Nitra).
Un apposito gruppo di esperti ha effettuato una preselezione, riducendo a quattro i candidati francesi (Bordeaux, Lyon, Marseille, Toulouse) e slovacchi (Nitra, Kosice, Martin, Presov). Le otto finaliste hanno dovuto presentare le loro candidature secondo la rigida disciplina di un regolamento comunitario e la scelta è caduta su Marsiglia e Kosice. Quante complicazioni!
Stessa storia per il 2014, stavolta tocca a Svezia e Lettonia. La Svezia presenta
Gävle, Lund, Umeå et Uppsala, la Lettonia Riga, Cesis, Jurmala, Liepaja. Stavolta i candidati sono solo otto, contro i 17 della sfida Francia-Slovacchia. La commissione preseleziona Lund and Umeå in Svezia e Cesis, Liepaja and Riga in Lettonia. Le cinque finaliste dovranno presentare la loro proposta entro il prossimo mese di giugno.

mercoledì 13 maggio 2009

Elettronica da buttare

Le stime dicono che produciamo da 20 a 50 milioni di tonnellate di spazzatura elettronica ogni anno. Computer, telefonini, stampanti, monitor e altri aggeggi finiscono dove capita, dalla discarica allo stoccaggio nei paesi del terzo mondo. Pochissimo viene riciclato, secondo le stime più ottimistiche un massimo del 15%. Alcune aziende, come Apple e Dell, hanno programmi di recupero e riciclaggio dei vecchi computer su scala mondiale. Altre no, anche perché non c'è alcun obbligo di legge.
Secondo uno studio di Pike Research il picco della mondezza tecno sarà nel 2015, con 73 milioni di tonnellate. Da allora la quantità è destinata a calare, almeno secondo le stime. Fondamentale il ruolo dei governi e degli obblighi di legge. L'Unione Europea ha emanato nel 2002 due direttive molto rigide, la WEEE e la RoHS, ancora poco applicate. In realtà molti buttano ancora tutto nel cassonetto, senza problemi.

martedì 12 maggio 2009

Panchine sostenibili

Si chiama Solar inside il prototipo di panchina solare progettato da Seon-Keun Park, Byung-Min Woo, e Owen Song. La panchina ha un telaio costruito con plastica e alluminio riciclato che contiene una batteria. La parte superiore è quasi completamente occupata da un film fotovoltaico, protetto da uno strato trasparente. L'energia solare viene immagazzinata dalla batteria, che la utilizza per l'illuminazione notturna della panchina e per gestire un hotspot wi-fi 3G (quindi senza cablatura). Qualcuno ha già detto che sarebbe meglio che il wi-fi non funzionasse troppo bene, altrimenti ci sarebbe sempre qualcuno seduto con il laptop sula panchina a coprire le celle solari, impedendo la ricarica. Altri tecnogeek lamentano l'assenza di uno spinotto per ricaricare il cellulare...

sabato 9 maggio 2009

L'Europa di consolazione

Vecchi arnesi politici in rottamazione, consumati ex sindacalisti/sindaci primipari tardivi, giornalisti convertiti e non, leader che non metteranno mai piede a Bruxelles e qualche sparuta bella figliola che ha superato indenne la severa censura di Lady Veronica.
Tra i candidati italiani alle prossime elezioni europee ci sono naturalmente anche tantissime brave persone, ma le immagini peggiori si fissano alla retina e confermano i criteri perlomeno bizzarri con cui i partiti scelgono chi debba rappresentarci in Europa.
Ne è convinto anche Adriano Sofri che la scorsa settimana su il Foglio ha scritto un commento interessante sull'argomento (letto non sul giornale dell'Elefantino ma su Wittgenstein):
Si sente dire, in questi giorni, che un parlamentare europeo non può fare niente, e che l’efficacia è interamente in mano ai capi di partito e ai grandi funzionari, dunque l’elezione sarebbe una pensione di lusso o una sinecura burocratica. E’ del tutto falso. Nessuna carica istituzionale dà altrettanta capacità di influenza personale, a chi voglia e sappia usarla. A chi conosca il mondo o abbia voglia di imparare a conoscerlo, e di impararne le lingue, e di affrontarne i problemi. Anche da sola o da solo, con l’autorevolezza che gli viene dalla carica, con le risorse materiali e le collaborazioni umane che gli vengono dalla macchina dell’Unione, un parlamentare europeo può fare moltissimo. Non mi fermerò ancora sull’esempio memorabile di Alexander Langer. Voglio dire, quanto all’oggi, che la conferma di questa eccezionale opportunità la danno da sempre i parlamentari europei radicali. La loro presentazione solitaria a queste elezioni garantisce pressoché certamente della loro esclusione, per la prima volta, dal Parlamento europeo. E’ una delle iperboliche porcherie di questa tornata elettorale, europea e amministrativa, nell’insieme del centrosinistra e in tutti i suoi pezzi, che non era mai arrivato a un così demenziale autolesionismo. L’esperienza dell’ultimo governo Prodi sembrava aver segnato un traguardo senza ritorno nel delirio frazionista e parassitario di questo campo. Non bastava, evidentemente. Si beva pure fino alla feccia: ma non si proclami che tanto a Bruxelles si va a timbrare un cartellino. Si va a misurarsi col mondo, chi ne è capace. Chi ne è capace, sarà metodicamente escluso dalla possibilità di farlo, perché non abbia limiti la selezione alla rovescia che domina la vita pubblica contemporanea.

giovedì 7 maggio 2009

60 secondi

Nel mio intervento alla Commissione Sviluppo Sostenibile del'ONU a nome degli Enti Locali posso avere fatto qualche omissione, ma di certo non sono stato prolisso. Ai rappresentanti dei nove Major Groups era concesso un minuto ciascuno. Chi ha provato a sforare, come la rappresentante delle donne e quello degli agricoltori, è stato inesorabilmente interrotto dalla implacabile presidente Gerda Verburg.
Ho utilizzato i sessanta secondi di cui disponevo per ribadire che gli enti locali sono determinati a svolgere il loro ruolo per raggiungere gli Obiettivi del Millennio (Millennium Goals) attraverso una gestione politica che integri i temi dell'economia, del sociale, dell'ecologia e del buon governo.
Ho raccomandato che i temi specifici della sessione (agricoltura, sviluppo rurale, territorio, siccità, desertificazione e Africa) siano esaminati considerando gli effetti della crisi finanziaria globale e del crescente impatto dei cambiamenti climatici, chiedendo che questo venga fatto coinvolgendo le città e gli enti locali, che sono quelli che dovranno mettere in pratica le decisioni prese dagli organismi internazionali e dai governi.
Sul tema specifico dell'Africa ho chiesto sostegno tecnico e finanziario agli enti locali per diffondere la prevenzione dei conflitti e per promuovere la cooperazione tra comunità urbane e popolazioni rurali.
Infine ho ricordato come gli enti locali svolgano un ruolo essenziale nella promozione di processi sostenibili di produzione e di consumo dei beni, anche attraverso programmi dedicati alla formazione degli operatori pubblici e privati.
Si possono dire un sacco di cose in 60 secondi, l'ho imparato molti anni fa facendo il DJ alla radio.

Il piccolo Silvio di Panama City

I media italiani hanno ignorato la notizia, ipnotizzati dalle beghe coniugali del nostro premier, ma le elezioni di Panama sono state vinte da Ricardo Martinelli (foto), un imprenditore miliardario discendente da emigrati toscani di Lucca.
Martinelli (57) guidava l'opposizione di centrodestra e ha vinto nettamente con il 61% delle preferenze. Il suo principale avversario era Balbina Herrera, una donna ingegnere candidata dal Partito Rivoluzionario Democratico, che era al potere da cinque anni con Martin Torrijos.
Martinelli, leader del partito Cambio Democratico, guidava una coalizione chiamata Alianza por el Cambio che comprendeva anche i partiti della destra panamense. Il nuovo presidente ha accumulato una fortuna con il commercio al dettaglio, creando la rete di supermercati Super 99 che è la prima di Panama. Tra gli altri interessi è anche proprietario di uno dei canali TV più seguiti. Secondo la stampa panamense Martinelli, soprannominato el loco, per la campagna elettorale ha speso di tasca sua almeno quaranta milioni di dollari. Tra gli impegni elettorali di Martinelli la costruzione di una metropolitana a Panama City e la riduzione di bollette e generi alimentari.
La vittoria di Martinelli interrompe la sequenza favorevole al centrosinistra, che in America Centrale ha vinto le ultime elezioni di El Salvador, Honduras e Nicaragua.
Panama, che negli ultimi anni ha avuto una crescita economica esplosiva con una media dell'8,5%, sta subendo inevitabilmente i riflessi della crisi finanziaria globale. La principale risorsa del paese è il canale che unisce l'Atlantico al Pacifico, dove transita il 5% del commercio mondiale. Il canale, che contribuisce per quasi un terzo alle casse dello stato, è attualmente oggetto di lavori di ampliamento che dovrebbe terminare nel 2014 e che stanno impegnando oltre duemila lavoratori.

mercoledì 6 maggio 2009

FDG 090506 #430


Il cartello sulla porta dice:
If you love this country you'll love this bar
Meatpacking District, New York

martedì 5 maggio 2009

Diplomazia sostenibile

La 17a sessione della Commissione sullo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite si è aperta ieri a New York. La Commissione si svolge dal 2004 in cicli biennali, nei quali vengono affrontati argomenti specifici in relazione alle tematiche più generali. Il ciclo 2008-2009 è dedicato ad agricoltura, sviluppo rurale, territorio, siccità, desertificazione e Africa. Il primo dei due anni di ogni ciclo è dedicato alla ricognizione dei temi trattati, il secondo all'elaborazione delle politiche. I temi in ballo sono fondamentali e di grande attualità, basti pensare a questioni aperte e scottanti come gli OGM e i biocarburanti nel settore dell'agricoltura.
Ai lavori partecipano i 53 stati membri della commissione e sono presenti come osservatori le delegazioni di tutte le altre nazioni (tra cui l'Italia), che però non hanno diritto di voto. Sono invitati anche i rappresentanti dei nove Major Groups riconosciuti dalle Nazioni Unite (lavoratori e sindacati, agricoltori, imprenditori, autorità locali, ricerca, donne, giovani, popolazioni indigene e ONG).
La commissione si concluderà con quello che viene chiamato High Level Segment, che avrà inizio il 13 maggio. In quei giorni arriveranno i ministri, tra i quali è prevista anche Stefania Prestigiacomo.
La commissione è presieduta da Gerda Verburg, energica ministra olandese che vorrebbe andare oltre le formalità della diplomazia per raggiungere risultati concreti. Così ha rivoluzionato il protocollo, pretendendo che nell'high level segment i ministri non seguano la consumata routine della lettura di interventi scritti ma piuttosto si impegnino in dibattiti e tavole rotonde. La cosa sarebbe in se molto interessante, ma mette in grave difficoltà chi, come pare sia il caso di Prestigiacomo, non è fluente in una delle lingue ufficiali ONU (Inglese, Francese, Spagnolo, Russo, Arabo e Cinese).

lunedì 4 maggio 2009

FDG 090504 #429

Il blogger con Gerda Verburg, ministro olandese dell'agricoltura, natura e qualità alimentare e presidente della Commissione Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.

Niente pandemia, solo isteria

Ci hanno stressato per giorni e giorni, prefigurando scenari da apocalisse. La temuta H1N1, già nota come influenza suina, sta regredendo anche in Messico, dove era nata.
Ieri, aspettando la mia valigia all'aeroporto JFK, ho visto varie persone con una mascherina. Riguardando il tabellone ho notato che sul nastro accanto c'era un volo da Città del Messico.
Eppure i dati OMS parlano di solo 980 casi in tutto il pianeta, di cui 26 mortali. Un'inezia rispetto alle stragi che compie ogni anno la banale influenza: 8.000 decessi l'anno in Italia e almeno 26.000 negli Stati Uniti, tanto per dire. Ottomila decessi l'anno sono più di 20 in media ogni giorno, solo nel nostro paese, ma non fanno notizia anche se il 20% non riguarda le fasce a rischio, ovvero anziani e neonati.
Perché giornali e TV hanno spinto deliberatamente verso l'isteria collettiva? Il procurato allarme dell'influenza aviara, che ha messo sul lastrico gli allevamenti di pollame, non sembra abbia portato a maggiore cautela, anzi. Il sito di Repubblica tiene a farci sapere che non si corrono pericoli se si mangia del prosciutto, questa sì che è una notizia. La CNN pubblica una foto di due poveracci che si prestano a baciarsi con le mascherine.
Ma il migliore è il sottosegretario alla salute Fazio, che ha invitato chi è di ritorno dal Messico a stare a casa una settimana "se lavorano in ambienti chiusi e a contatto con la collettività". Ma come sarebbe a dire "invitare"? Chi la paga la settimana passata a casa? E Fazio ha avvisato della sua bella pensata il fustigafannulloni Brunetta? Fazio aggiunge un altro prezioso consiglio: "in caso di febbre telefonare al medico". Evidentemente il sottosegretario pensa che la gente quando ha la febbre telefona all'idraulico. Non è ammissible che un membro del governo dica stupidaggini del genere a ruota libera.
Il Messico e gli emigrati messicani sono particolarmente puniti da questa fatwa mediatica perché domani è il Cinco de Mayo, la giornata dell'orgoglio messicano, celebrata normalmente negli USA con memorabili feste a base di tequila e birre Corona, Dos Equis e Pacifico.
Quasi tutti gli eventi previsti a New York sono stati cancellati. Lo stesso succede nel resto degli Stati Uniti, da Atlanta a Chicago. Que pena.

venerdì 1 maggio 2009

L'Albania vuole l'Europa

A meno di un mese di distanza dal suo ingresso nella NATO l'Albania ha inoltrato la richiesta formale di essere parte dell'Unione Europea. "Un fatto di portata storica, perché segna il ritorno del paese nella famiglia delle nazioni d'Europa" ha commentato il primo ministro albanese Sali Berisha prima di consegnare la richiesta nelle mani del suo collega ceco Topolanek, presidente di turno della UE. Secondo i sondaggi il 96% degli Albanesi vogliono entrare nell'Unione Europea. La richiesta del governo albanese segue di pochi mesi quella avanzata lo scorso dicembre dal Montenegro.
La strada che va da Tirana a Bruxelles è però ancora molto lunga e passerà attraverso alcuni anni di valutazioni per poi arrivare, in caso di esame positivo, ai tavoli negoziali. Secondo gli osservatori l'Albania potrà entrare nell'Unione non prima del 2015.
Il primo test "europeo" per l'Albania saranno le elezioni presidenziali, in programma il prossimo 28 giugno. Le elezioni albanesi hanno una lunga storia di brogli sospetti e altre irregolarità, ma una legge approvata lo scorso dicembre dovrebbe avere reso più affidabile il sistema elettorale, prevedendo tra l'altro l'installazione di telecamere in ogni seggio. Le telecamere saranno installate dalla R&T, che ha vinto un appalto da un milione mezzo di Euro.
L'opposizione socialista, guidata dal sindaco di Tirana Edi Rama, avrebbe voluto che la richiesta di ingresso nella UE fosse inoltrata solo dopo l'esito delle elezioni, ma il premier Berisha ha accelerato i tempi.
Il clima politico in Albania è pesante e pochi giorni fa il parlamento ha approvato la costituzione di una commissione d'inchiesta su Rama, accusato di avere gestito disinvoltamente la concessione delle licenze edilizie a Tirana. Naturalmente l'opposizione socialista ha votasto contro, abbandonando l'aula. Edi Rama ha definito "indecente" la decisione, che si somma a un'altra polemica sulle carte di identità, che la nuova legge rende obbligatorie per andare a votare. I socialisti chiedono che il rilascio dei documenti sia gratuito, per favorire il flusso degli elettori.
La campagna elettorale sarà senza esclusione di colpi.