Il G20 di Osaka che si è concluso ieri non ha avuto molto risalto sulla stampa italiana, come al solito. Gli unici titoli sono stato per la distensione USA-Cina sui dazi e per i colloqui tra i leader europei a margine del summit, tema le prossime nomine. Ma a Osaka si è discusso molto anche di cambiamenti climatici, con la definizione di un accordo sottoscritto da 19 paesi con l'esclusione degli Stati Uniti. I negoziati sul testo sono proseguiti per tutta la notte di venerdì, perché l'America ha cercato a lungo di trovare alleati, invano.
Il documento finale, disponibile a questo link, afferma la "irreversibilità dell'Accordo di Parigi", confermando la volontà dei sottoscrittori alla sua attuazione. Il testo è al paragrafo 35, mentre il paragrafo 36 è dedicato ai distinguo degli USA, che confermano la propria volontà di ritirarsi dall'Accordo di Parigi perché "dannoso per i lavoratori e i contribuenti americani".
A parte la scelta di Trump, l'unanimità degli altri 19 leader non era scontata. Ai negoziati sul clima di Bonn, che si sono conclusi giovedì scorso, Arabia Saudita e Brasile avevano tenuto un atteggiamento fortemente ostativo. I sauditi continuano ad opporsi a qualunque politica di limitazione dei combustibili fossili, mentre il Brasile pretende una compensazione per i suoi carbon credit che risultano dalla grande superficie forestale del paese. Invece a Osaka sia Bolsonaro che Mohammed bin Salman hanno confermato l'adesione all'accordo globale sul clima, e lo stesso ha fatto Putin.
Sabato Cina e Francia, dopo un incontro con il segretario generale ONU Guterres, avevano diffuso un comunicato (qui il testo) dove confermavano la volontà di procedere a una "piena ed effettiva attuazione dell'Accordo di Parigi". L'appoggio della Cina è stato essenziale per convincere i paesi emergenti a non cedere alle sirene di Trump.
Il documento finale, disponibile a questo link, afferma la "irreversibilità dell'Accordo di Parigi", confermando la volontà dei sottoscrittori alla sua attuazione. Il testo è al paragrafo 35, mentre il paragrafo 36 è dedicato ai distinguo degli USA, che confermano la propria volontà di ritirarsi dall'Accordo di Parigi perché "dannoso per i lavoratori e i contribuenti americani".
A parte la scelta di Trump, l'unanimità degli altri 19 leader non era scontata. Ai negoziati sul clima di Bonn, che si sono conclusi giovedì scorso, Arabia Saudita e Brasile avevano tenuto un atteggiamento fortemente ostativo. I sauditi continuano ad opporsi a qualunque politica di limitazione dei combustibili fossili, mentre il Brasile pretende una compensazione per i suoi carbon credit che risultano dalla grande superficie forestale del paese. Invece a Osaka sia Bolsonaro che Mohammed bin Salman hanno confermato l'adesione all'accordo globale sul clima, e lo stesso ha fatto Putin.
Sabato Cina e Francia, dopo un incontro con il segretario generale ONU Guterres, avevano diffuso un comunicato (qui il testo) dove confermavano la volontà di procedere a una "piena ed effettiva attuazione dell'Accordo di Parigi". L'appoggio della Cina è stato essenziale per convincere i paesi emergenti a non cedere alle sirene di Trump.
À Osaka, nous avons acté l’engagement de tous les membres du G20, à l’exception des États-Unis, pour la mise en œuvre et l’irréversibilité de l’accord de Paris. Nous allons continuer à progresser sur le sujet essentiel du climat.— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) June 29, 2019