Nuovi elementi potrebbero influire sulla corsa democratica alla nomination in America, prima fra tutti la crisi economica. Secondo alcuni analisti il crollo del settore mutui e i pessimi dati finanziari indurrebbero gli elettori a scegliere una posizione più difensiva, che garantisca i servizi e il benessere acquisiti. E questo favorirebbe la Clinton.
Resta poi la grande incognita di Michigan e Florida, due stati cruciali dove le primarie sono state invalidate prima che si svolgessero, causa l'essere state anticipate senza il consenso del partito. Billary ha vinto in ambedue, ma in Michigan sulla scheda c'era solo il suo nome mentre in Florida nessun candidato ha fatto campagna elettorale. Pensare di convalidare l'esito è ridicolo, per cui i notabili democratici stanno pensando a una nuova tornata. Il Michigan dovrà tornare alle urne il 3 giugno per un voto locale e le primarie potrebbero svolgersi in quella data, ma lo stato non intende pagare le spese e occorre supplire con fondi privati.
In Florida l'ipotesi di una consultazione a mezzo posta è stata prima caldeggiata poi scartata dal consiglio democratico dello stato, ma indire primarie ai seggi costerebbe almeno 10 milioni di dollari. Nuove primarie nei due stati non permetterebbero a una Billary vincente di scavalcare Obama, ma renderebbero molto equilibrato il totale del voto popolare, che può pesare nella scelta di campo dei superdelegati.
Intanto Obama incassa altri 14 delegati tra gli eletti di John Edwards in Iowa e California e secondo RCP porta il suo vantaggio a 170 tra i soli eletti e 135 compresi i superdelegati. Ma se i numeri favoriscono Barack l'opinione pubblica sembra guardare con più disincanto a quel fenomeno che veniva definito la "generazione Obama", ovvero una ventata di novità nella immobile politica USA, dove due famiglie si dividono il potere da tre decadi. Sul NY Times di oggi l'analista repubblicano William Kristol si chiede se Obama non sia solo un bravo comunicatore, costruito e artificioso come gli altri. A complicare le cose ci si è messo anche Jeremiah Wright, il pastore (il parroco, insomma) di Obama, che ha pronunciato una feroce omelia contro le ingiustizie del paese provocando la reazione dei patrioti e costringendo Obama a prendere le distanze dalla sua guida spirituale. Basterà?
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