Ho un suggerimento per Titti: regalare al ministro Renato Brunetta un libro uscito ieri.
Lo pubblica Baldini Castoldi Dalai, lo hanno scritto Stefano Agnoli e Giancarlo Pireddu e si intitola Il prezzo da pagare - L’Italia e i conflitti del panorama energetico mondiale. Leggendolo il ministro fustigatore di fannulloni troverebbe molti elementi che mettono in dubbio che la “libertà energetica” dell’Italia passi dalla costruzione di tre o quattro costosissime centrali nucleari.
Scajola e gli altri nuclearisti di governo sostengono che le centrali potrebbero essere operative per il 2020. Conoscendo l'Italia è legittimo dubitare che questa scadenza sarebbe rispettata. Di certo per quella data sarà ancora in piena attività il piano di smantellamento e messa in sicurezza delle vecchie centrali, che secondo la Sogin costerà 4.3 miliardi di euro, ovvero più o meno quanto una nuova centrale. La conclusione delle opere di bonifica è prevista non prima di 15 anni e su alcuni impianti è appena cominciata.
Titti dovrebbe ricordare a Brunetta di includere questo esborso tra le voci di bilancio della “libertà energetica”. I tanti soldi necessari a trattare gli impianti e le scorie radioattive li pagano i cittadini nelle bollette elettriche: nel 2008 la previsione di spesa per “smantellamento centrali elettronucleari e chiusura del ciclo del combustibile” è di 520 milioni di Euro. Per dirla come Berlù mille miliardi secchi delle care, vecchie lire.
Interessante che il libro sia uscito contemporaneamente alla approvazione da parte del governo del piano triennale che comprende i primi segnali di restaurazione nucleare. Entro la fine dell'anno il governo definirà i criteri di scelta dei siti delle centrali. Non molto per ora, ma abbastanza da agitare i fantasmi della sindrome Nimby, anche perché tra le poche righe dedicate al tema mi sembra di intravedere la possibilità di piazzare gli impianti sui siti esistenti (Trino, Caorso e gli altri non esulteranno).
Altrettanto interessante che Confindustria, attraverso la presidente Marcegaglia, approvi i pruriti nucleari del governo. Gli industriali infatti sostengono ardentemente il primato del mercato, ma in tutto il mondo nessun imprenditore privato ha mai investito nel nucleare, se non con le spalle coperte da robusti sussidi pubblici.
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