Ieri ho comprato l'Economist in una edicola di Campo Santo Stefano a Venezia. La copertina dice chiaramente che "è arrivato il momento" o, più prosaicamente, che è ora scossa.
Ho sempre pensato che gli Stati Uniti siano un paese straordinario, nel bene e nel male. Un paese che nel giro di dieci mesi, contro ogni previsione e malgrado pressioni violentissime, riesce a metabolizzare che un nero under 50 possa essere il prossimo presidente.
Berlù, che al di là di tinture, trapianti e plastiche è di un solo mese più giovane di McCain, ha fatto tempo fa il suo endorsement per il candidato repubblicano, oltre che ostentare affettuosi abbracci con George W, Bush, il presidente più mediocre che gli Stati Uniti abbiano mai avuto a mia memoria.
L'Economist, come pochi giorni fa il Financial Times, ha pubblicato il suo editoriale di sostegno ad Obama. Sono due testate vocate al liberismo capitalista, refrattarie alle ideologie e agli schieramenti.
Come ricorda il Washington Post nelle ultime sei settimane negli USA sono stati pubblicati 159 sondaggi, e nessuno vede in testa l'anziano John McCain.
Barack Obama è ad un passo da cambiare la nostra percezione del mondo occidentale.
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