"I negoziati sono arrivati a una fase cruciale. Abbiamo un accordo al 90 per cento" aveva detto giovedì scorso il ministro dell'ambiente di Francia Jean Louis Borloo.
La Francia vuole portare a casa l'accordo sul pacchetto europeo sul clima entro la fine del suo mandato di presidenza europea, ad ogni costo.
Ieri Nicholas Sarkozy era a Gdansk per un vertice con gli stati dell'Est che fanno resistenza, uniti in un bizzarro cartello con il governo italiano, unico tra i grandi e storici paesi UE ad opporsi all'accordo. Le motivazioni dei paesi dell'ex blocco sovietico sono però molto diverse da quelle di Berlù. A differenza dell'Italia Polonia, Ungheria, Cekia, Slovacchia, Bulgaria, Romania, Lettonia, Lituania ed Estonia hanno ridotto im misura considerevole le emissioni di CO2 rispetto al 1990. Quello che contestano della proposta è che l'anno base per contabilizzare le riduzioni sia il 2005, perchè nel periodo precedente loro sono stati virtuosi, al contrario di noi. Chiedono poi uno slittamento nell'obbligo per l'industria di pagare le emissioni nocive, che dovrebbe gradualmente crescere fino ad arrivare al 100% nel 2020.
Mercoledì scorso il primo ministro polacco Donald Tusk (nella foto con Sarko) aveva detto che un accordo era "vicino". "Credo che siamo vicini a una versione accettabile per la Polonia, che ci permetterà di evitare il veto" aveva aggiunto Tusk. Se la Polonia si allinea l'Italia resterà inesorabilmnte sola.
I colloquoi di Gdansk non sono stati risolutivi, ma l'impressione è che alla fine l'accordo ci sarà. Dovrà ratificarlo il Consiglio Europeo in programma giovedì e venerdì prossimo a Bruxelles. "La notte di venerdì 11 sarà probabilmente molto lunga" ha commentato un membro della delegazione francese.
La Francia punta ad annunciare l'accordo prima della conclusione della COP 14 di Poznan, da dove sto scrivendo. La vecchia capitale polacca sta ospitando diecimila delegati da 192 paesi sui quali la notizia di una presa di posizione ufficiale dell'Europa a 27 avrebbe un grande effetto.
La decisione finale spetterà poi al parlamento europeo, che è chiamato ad approvare o rifiutare il pacchetto clima nella sua interezza nella seduta del 17 dicembre. La Francia, che passerà il 1 gennaio la presidenza alla Cekia, non può e non vuole aspettare.
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