La resilienza rientra nella grande sfera della prevenzione, argomento cruciale ma poco gradito dai governanti perché prevenire costa caro e non produce risultati vistosi. I risultati - agghiaccianti come nel caso del terremoto d'Abruzzo - li produce piuttosto la mancata prevenzione. Ma davanti a catastrofi di questa dimensione le colpe sono di tutti, quindi di nessuno.
La resilienza ha varie accezioni. Essere resilienti in generale significa avere la capacità di reagire a situazioni impreviste, di resistere a crisi gravi, di tornare alle condizioni precedenti la calamità.
Tutti i programmi di ricostruzione, gli interventi di messa in sicurezza, i finanziamenti e le leggi che saranno dedicate al terremoto d'Abruzzo dovrebbero essere improntati su una logica di resilienza. Non si tratta solo di emanare regole e direttive tecniche per la ricostruzione. La resilienza di una comunità si misura con la sua capacità di coinvolgere i cittadini, nella partecipazione alle scelte, nel privilegiare la ricomposizione della ricchezza sociale e culturale precedente al disastro. Inutile ricostruire bene, se gli anziani del paese se ne sono andati altrove e le loro residenze diventano seconde case da villeggiatura.
Ai due leader decisionisti che non devono chiedere mai e tantomeno ascoltare, la coppia BeBé (Berlusconi-Bertolaso), l'Italia sostenibile chiede questo: resilienza.
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