Il presidente del Senato Schifani, riferendosi ai pasticci combinati dalla destra con le liste elettorali, ha voluto commentare: "Mi auguro fortemente che, nel rispetto delle regole, la sostanza prevalga sulla forma, quando la forma non è essenziale, garantendo il diritto sacrosanto di voto a tutti i cittadini".
Opinione piuttosto irrituale per essere espressa dalla seconda carica dello stato e da un uomo che, malgrado abbia avuto successo professionale nel settore del recupero crediti, prima si era laureato in giurisprudenza e aveva fatto anche l'avvocato.
La destra sta cercando di far passare la sciatteria e l'incapacità organizzativa dei suoi uomini come un dettaglio, un problema formale. La teoria non regge ed è vergognoso che la sostenga il presidente del Senato.
Sul blog di Pippo Civati è riportata questa dichiarazione di un imprenditore: "A proposito della vicenda firme, è esperienza diffusa che quando si partecipa ad una gara per un incarico o appalto - se l'offerta non è perfettamente conforme (manca un timbro, una firma, un certificato oppure si consegna in ritardo...) - si viene buttati fuori dalla gara. Il rispetto delle regole vale solo per noi?".
Nell'insofferenza alle regole che la destra rivendica e ama ostentare, persino quando si ricoprono cariche come la presidenza del Senato, ci sono l'assenza di valori e l'incapacità di confrontarsi con il mondo reale, matrici della cosmogonia berlusconiana.
Scrive Luca Sofri su Wittgenstein: "La sostanza è che sono una manica di cialtroni. La sostanza è che il partito di maggioranza relativa e di governo non è in grado di dedicarsi con efficienza e attenzione nemmeno alle più elementari e semplici regole di funzionamento della democrazia e di se stesso, la sostanza è che la sproporzione tra le sue forze e i suoi risultati è imbarazzante su ogni scala. E questa sostanza bisogna che prevalga, ha ragione Schifani, per il bene di tutti, PdL compreso, e cominci a contare. Magari imparano qualcosa, e sarebbe meglio per tutti."
E oggi il Corriere pubblica l'editoriale di quell'estremista di Galli della Loggia che definisce il PdL non un partito ma una corte e aggiunge: "La politica, infatti, non è vincere le elezioni e poi comandare, come sembra credere il nostro presidente del Consiglio ; è prima avere un’idea, poi certo vincere le elezioni, ma dopo anche convincere un paese e infine avere il gusto e la capacità di governare: tutte cose a cui Berlusconi, invece, non sembra particolarmente interessato e per le quali, forse, un partito non è inutile."
E proviamo ad immaginare come avrebbero commentato Schifani & Co. se le liste non ammesse fossero state del centrosinistra.
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