Tornare nella propria casa dopo una lunga assenza è una delle cose più belle della vita. Lo diventa molto meno se tocca farlo intruppati in autobus, coperti da capo a piedi con indumenti antiradiazioni e sapendo di poterci restare solo due ore. Questo è successo ieri ad alcuni abitanti del villaggio di Kawauchi-mura, una delle comunità evacuate dopo l'incidente atomico dell'11 marzo a Fukushima. Il gruppo di abitanti di Kawauchi è il primo a cui è stato permesso di tornare a raccogliere qualcosa nelle case abbandonate. 73 famiglie erano comprese nel comparto autorizzato e 54 hanno accettato di tornare, massimo due per famiglia. In tutto 92 poveracci, molti allevatori o agricoltori, a cui è stato dato un sacco di plastica di 70 cm per raccogliere le proprie cose, un contatore geiger e una radiotrasmittente per emergenza. La gente ha preso quello che poteva, la prima necessità e qualche ricordo. In genere fotografie, ma anche libretti degli assegni e documenti. Magari prendere qualcosa dalla camera dei bambini. Molti, seguendo l'ossessione giapponese per l'ordine e la pulizia, si sono messi a pulire la cucina. Avete presente cosa significa aprire un frigo dopo due mesi?
Scadute le due ore tutti di nuovo nei bus verso i centri di accoglienza, non prima di essere stati decontaminati e accuratamente testati per le radiazioni.
Kawauchi è il primo centro in cui questi rientri sono stati autorizzati, altri seguiranno nelle prossime settimane. Nella "zona proibita" attorno a Fukushima vivevano 27.800 famiglie. Molto diffcile oggi ipotizzare quante un giorno potranno tornare nelle loro case e quando. Di certo molte non lo faranno mai.
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