Sono le 5 di mattina in Italia, le 13 in Corea da dove scrivo ("Where I am calling from", direbbe Raymond Carver) e il contatore della popolazione del pianeta ha appena superato i sette miliardi. Lo trovate anche qui sotto, in fondo alla pagina di Sostenibilitalia.
Benvenuto al settemiliardesimo abitante del pianeta. Benvenuto con il dovuto rispetto di genere ma considerando le probabilità, dato che i nuovi nati sono per il 53% maschi. Sempre secondo le probabilità lui sarà nata in Cina e potrebbe vivere almeno cento anni. Un bambino su due di quelli nati oggi ce la farà.
lunedì 31 ottobre 2011
sabato 29 ottobre 2011
venerdì 28 ottobre 2011
Sette miliardi
Secondo gli statistici delle Nazioni Unite lunedì prossimo 31 ottobre nascerà il bambino che porterà la popolazione del pianeta a sette miliardi. Il calcolo delle probabilità dice che nascerà in Cina, che sarà una femmina e che avra una chance su due di vivere fino a cento anni.
In questi giorni il web è pieno di bellissime cose che celebrano l'evento, a cominciare da un sito dedicato. La Reuters ha pubblicato un album di foto delle grandi megalopoli, che merita uno sguardo. Io ho piazzato un contatore qui sotto, in fondo alla pagina di Sostenibilitalia.
In questi giorni il web è pieno di bellissime cose che celebrano l'evento, a cominciare da un sito dedicato. La Reuters ha pubblicato un album di foto delle grandi megalopoli, che merita uno sguardo. Io ho piazzato un contatore qui sotto, in fondo alla pagina di Sostenibilitalia.
Conferenze digitali, finalmente
Dal 10 al 21 ottobre si è svolta a Gyeongnam in Corea del Sud la decima conferenza della Convenzione ONU contro la Desertificazione (UNCCD). Nell'occasione la SK Telecom coreana ha messo a disposizione dei delegati mille tablet android Samsung Galaxy precaricati con tutti i documenti ufficiali, il programma e altro materiale. I tablet permettevano anche l'accesso ad internet.
Ognuna delle 194 delegazioni degli stati membri aveva a disposizione fino a quattro tablet, mentre le organizzazioni internazionali e gli osservatori della società civile solo uno. Alla fine della conferenza dovevano essere restituiti, ovvio.
Si tratta del primo esperimento di un progetto che tende progressivamente ad eliminare la quantità enorme di carta che si produce in queste occasioni. Se il feedback sarà positivo le Nazioni Unite vorrebbero ripetere l'iniziativa anche alla conferenza sullo sviluppo sostenibile di Rio 2012.
Ognuna delle 194 delegazioni degli stati membri aveva a disposizione fino a quattro tablet, mentre le organizzazioni internazionali e gli osservatori della società civile solo uno. Alla fine della conferenza dovevano essere restituiti, ovvio.
Si tratta del primo esperimento di un progetto che tende progressivamente ad eliminare la quantità enorme di carta che si produce in queste occasioni. Se il feedback sarà positivo le Nazioni Unite vorrebbero ripetere l'iniziativa anche alla conferenza sullo sviluppo sostenibile di Rio 2012.
giovedì 27 ottobre 2011
Più giovani della canzone preferita
Le cronache riportano che la canzone suonata al funerale del povero Marco Simoncelli sia stata "Siamo solo noi" di Vasco Rossi. Una bella canzone, niente da dire. Ricordo che la mandavo in radio molto volentieri, quando facevo il DJ, sparata in cuffia. Un Vasco acerbo, alle prese con il genere rock ballad che in seguito diventera la sua specialità. Basta pensare a Stupendo, Gli Angeli e tante altre.
Il dato da segnalare è che Siamo solo noi è stata incisa nel 1981 e Marco Simoncelli è nato nel 1987. Colpisce che un ragazzo scelga come anthem un brano più vecchio di lui. Facendo un rewind, sempre in onore di Vasco, è come se io avessi scelto un pezzo di Chuck Berry o Bill Haley. O magari di Natalino Otto.
Invece nei miei vent'anni la musica pop da ascoltare era necessariamente contemporanea: Genesis, Led Zeppelin, De Gregori, Eagles, Venditti, Browne, Mitchell, e tutto il resto.
Quando e perché è scattata questa asincronia, che ha spostato i riferimenti musicali - e quindi culturali - alla generazione precedente?
Magari si sbaglia
Questa è la visione di Iyad El-Baghdadi, un'economista degli Emirati Arabi (cliccare sul grafico per ingrandire). Iyad, con cui mi frequento su twitter dall'inizio della crisi in Libia, osserva con distacco la crisi finanziaria dell'Europa. Spero non abbia ragione.
Addio al ponte sullo stretto (speriamo)
La Camera ha approvato oggi una mozione dell'Italia dei Valori che cancella il milione e settecentomila Euro di fondi pubblici per la progettazione del ponte sullo stretto di Messina. La maggioranza si è astenuta e l'opposizione ha votato a favore. Il governo ha dato parere favorevole attraverso il sottosegretario Misiti che era in aula. I fondi erano previsti per i prossimi cinque anni, 420 milioni solo nel 2012.
"I tagli previsti dalla legge di stabilitá risparmieranno opere prioritarie come la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina" aveva detto la scorsa settimana il ministro delle infrastrutture Matteoli commentando il fatto che anche Bruxelles aveva deciso di non finanziare l'opera con finanziamenti europei. E aveva aggiunto che l'opera sarebbe stata comunque realizzata con il contributo dei privati.
Dopo l'approvazione il solito pasticcio, con Misiti che smentiva l'abbandono del progetto scrivendo in una nota che "è da escludere categoricamente che il Governo possa scegliere di non realizzare il Ponte sullo Stretto". Secondo il ministro Matteoli si è trattato di "un incidente parlamentare".
"I tagli previsti dalla legge di stabilitá risparmieranno opere prioritarie come la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina" aveva detto la scorsa settimana il ministro delle infrastrutture Matteoli commentando il fatto che anche Bruxelles aveva deciso di non finanziare l'opera con finanziamenti europei. E aveva aggiunto che l'opera sarebbe stata comunque realizzata con il contributo dei privati.
Dopo l'approvazione il solito pasticcio, con Misiti che smentiva l'abbandono del progetto scrivendo in una nota che "è da escludere categoricamente che il Governo possa scegliere di non realizzare il Ponte sullo Stretto". Secondo il ministro Matteoli si è trattato di "un incidente parlamentare".
mercoledì 26 ottobre 2011
Dall'epistola di Berlù ai Belgi
Tale piano d’azione sarà definito entro il 15 novembre 2011.
La creazione delle condizioni strutturali per la crescita dell’intero Paese passa inevitabilmente per la revisione delle politiche di:
a. promozione e valorizzazione del capitale umano;
b. efficientamento del mercato del lavoro;
c. apertura dei mercati in chiave concorrenziale;
d. sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione;
e. semplificazione normativa e amministrativa;
f. modernizzazione della pubblica amministrazione;
g. efficientamento e snellimento dell’amministrazione della giustizia;
h. accelerazione della realizzazione delle infrastrutture ed edilizia;
i. riforma dell’architettura costituzionale dello Stato.
C'è qualcosa di concreto? Si intravedono prospettive di rilancio e di ripresa? Il testo integrale dell'epistola di Berlù ai Belgi è qui.
Di certo nei nove punti elencati spicca l'assenza totale di riferimenti alla politica energetica e alla green economy, pilastri delle politiche di rilancio dell'economia in Gran Bretagna, Germania e Francia.
Il governo italiano invece punta sul "l'efficientamento della giustizia", noto volano di sviluppo economico, come la "riforma dell'architettura costituzionale dello Stato". Senza contare il misterioso "promozione e valorizzazione del capitale umano", che è addirittura il primo punto della lista.
Le grandi potenze scelgono la green economy, noi subiamo la modestia di un governo marrone.
La vera macchina del fango
La vera macchina del fango è questo governo che ha ridotto progressivamente e inesorabilmente fondi e progetti per il riassetto idrogeologico del paese e la prevenzione e riduzione dei rischi. E che ancora parla di condoni edilizi.
In Italia sei milioni di persone vivono in zone a rischio idrogeologico. La legge di stabilità appena approvata prevede il dimezzamento dei finanziamenti per il riassetto del territorio.
In Italia sei milioni di persone vivono in zone a rischio idrogeologico. La legge di stabilità appena approvata prevede il dimezzamento dei finanziamenti per il riassetto del territorio.
Zero draft
Mancano 221 giorni alla conferenza sullo sviluppo sostenibile di Rio e i lavori di preparazione sono sempre più intensi. Il documento principale di Rio+20 sarà costruito attraverso un processo condiviso, con l'intento di coinvolgere tutti i soggetti pubblici e privati. Il testo base di questo documento è stato chiamato Zero draft e tutti possono contribuire mandando testi, spunti e riflessioni Le Nazioni Unite invitano a fornire opinioni e suggerimenti in merito alle aspettative per gli esiti della conferenza, ai temi in discussione (green economy in testa), alla messa in pratica degli obiettivi e ai meccanismi di cooperazione e partnership. La scadenza per inviare i contributi è il prossimo martedì 1 novembre. Sul sito della conferenza sono pubblicati tutti i contributi ricevuti. Per ora sono solo 27, ma ci sarà certamente un rush finale nei prossimi giorni. Ne riparleremo.
Il clima ONU si rifà il look
Nella grafica rinnovata del sito invece domina il bianco, come vuole il trend attuale, e il nuovo logo è già in uso. In questo caso si nota un netto miglioramento e le pagine sono più gradevoli e leggibili.
Nel comunicato ufficiale si saluta senza troppi rimpianti il vecchio logo, composto da una scritta laterale e da una sfera rossa sfumata (che però campeggia ancora in alto nel foglio), che era in uso dal 1997 e aveva subito un leggero restyling nel 2000. Si sottolinea anche che la sfera rossa rendeva assai poco nella stampa in bianco e nero. Lo shift verso il nuovo logo dovrebbe essere completato entro la prossima COP 17 di Durban.
martedì 25 ottobre 2011
Imparare dai Baltici
Mentre l'Adriatico, seguendo l'impulso fondamentale della Regione Marche, cerca di guadagnare lo status di macroregione europea, il Baltico si riunisce tre giorni a Danzica per il secondo forum annuale dedicato alla strategia dell'Unione Europea per la propria macroregione, la prima ad essere costituita. L'evento coincide con la XIII sessione del Baltic Development Forum e si svolge in Polonia, che in questo semestre occupa la presidenza di turno della UE.
Il programma è molto ricco e partecipano tra gli altri il commissario europeo alle politiche regionali Hahn, il vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti Kollatz-Ahnen, il direttore generale di DG Regio Ahner, la presidente del Comitato delle Regioni Bresso, i primi ministri di Polonia, Estonia, Lituania, Finlandia e Danimarca. Tra i temi in evidenza l'agenda digitale, la green economy, la ricerca e l'innovazione, la governance, l'economia blu. Il tutto declinato nella prospettiva della strategia Europa 2020.
I paesi nordici sono caratterizzati dall'approccio concreto ai problemi e l'argomento più interessante della tre giorni di Danzica è probabilmente la decisione di individuare obiettivi per valutare l'efficacia della strategia europea per il Baltico. Analizzando indicatori quantitativi e qualitativi si vuole mettere a fuoco la capacità politica e il contributo degli stakeholders, indicando anche previsioni dei tempi di attuazione delle priorità. Per noi Adriatici-Mediterranei c'è davvero molto da imparare.
Il programma è molto ricco e partecipano tra gli altri il commissario europeo alle politiche regionali Hahn, il vicepresidente della Banca Europea degli Investimenti Kollatz-Ahnen, il direttore generale di DG Regio Ahner, la presidente del Comitato delle Regioni Bresso, i primi ministri di Polonia, Estonia, Lituania, Finlandia e Danimarca. Tra i temi in evidenza l'agenda digitale, la green economy, la ricerca e l'innovazione, la governance, l'economia blu. Il tutto declinato nella prospettiva della strategia Europa 2020.
I paesi nordici sono caratterizzati dall'approccio concreto ai problemi e l'argomento più interessante della tre giorni di Danzica è probabilmente la decisione di individuare obiettivi per valutare l'efficacia della strategia europea per il Baltico. Analizzando indicatori quantitativi e qualitativi si vuole mettere a fuoco la capacità politica e il contributo degli stakeholders, indicando anche previsioni dei tempi di attuazione delle priorità. Per noi Adriatici-Mediterranei c'è davvero molto da imparare.
La prima volta dell'Azerbaijan
Ci sono volute 17 votazioni, ma alla fine l'Azerbaijan è stato eletto per la prima volta membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I seggi non permanenti del CdS sono assegnati per un biennio su base geografica e uno spetta all'Europa dell'Est, attualmente occupato dalla Bosnia. Il duello all'ultimo voto era tra Azerbaijan e Slovenia, che si è ritirata dopo la sedicesima votazione. Si vota a scrutinio segreto ed è necessaria una maggioranza di due terzi.
Il CdS è composto da cinque membri permanenti con diritto di veto (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e USA) e dieci temporanei, con cinque in scadenza ogni anno. Prima dell'Azerbaijan venerdi scorso erano stati eletti Guatemala, Marocco, Pakistan e Togo, che sostituiranno Bosnia Herzegovina, Brasile, Gabon, Libano e Nigeria. Restano in carica fino a dicembre 2012 Colombia, Germania, India, Portogallo e Sud Africa.
Il CdS è composto da cinque membri permanenti con diritto di veto (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e USA) e dieci temporanei, con cinque in scadenza ogni anno. Prima dell'Azerbaijan venerdi scorso erano stati eletti Guatemala, Marocco, Pakistan e Togo, che sostituiranno Bosnia Herzegovina, Brasile, Gabon, Libano e Nigeria. Restano in carica fino a dicembre 2012 Colombia, Germania, India, Portogallo e Sud Africa.
lunedì 24 ottobre 2011
Civati reloaded
Il nostro tempo, l'evento organizzato da Pippo Civati con Debora Serracchiani a Bologna, è stato un successo. Molta partecipazione, molta copertura mediatica. Per Pippo era un passaggio importante, ad un anno dalla Leopolda. Prossima Italia dello scorso anno era stato concepito e costruito da Civati e dal suo gruppo di fedelissimi, ma il vestito confezionato da Matteo Renzi è stato così efficace da rendere il sindaco di Firenze il protagonista e Pippo il comprimario. Il successivo e progressivo distacco tra i due ha portato Renzi in un orbita centrifuga dall'apparato PD, mentre Civati ha scelto il percorso opposto. Ecco quindi la nuova coppia con Serracchiani, partner certamente meno complicato di Renzi e in grado di attirare attenzioni dall'establishment del partito, a cominciare dal suo mentore Franceschini.
A Bologna il gelido tendone allestito in Piazza Maggiore sfoggiava molte bandiere del PD e anche tra gli invitati si sono viste facce note e affatto innovative. C'era ad esempio Rosi Bindi, che certo non sarebbe andata lo scorso anno alla Leopolda e ha fatto un intervento imbarazzante. E poi Franceschini stesso (in platea), i presidenti regionali Errani e Rossi, quest'ultimo in passato ferocemente polemico con Pippo.
La scelta politica di Civati è chiara: schiodarsi dall'etichetta marginale dei rottamatori e acquisire una immagine mainstream, che permetta di inserirsi con autorevolezza nei processi decisionali. In questo la partnership con prezzemolina Serracchiani ha pagato. Senza di lei probabilmente né Bindi né Franceschini avrebbero fatto capolino.
L'operazione quindi ha funzionato, come dimostra la rassegna stampa. Io credo che Pippo Civati per il PD sia una risorsa straordinaria e sono molto contento che l'evento bolognese lo abbia in qualche modo sdoganato, togliendoli quell'aria irriverente, da discolo geniaccio. Sono altrettanto contento che la strategia de Il nostro tempo non abbia incentivato la pericolosa tribalizzazione in atto nel PD, anche se gli inviti a Bologna non sono stati universali, ed è un peccato.
Restano molte questioni insolute. Cominiciamo con Renzi, che ha promesso "il botto finale" per la sua iniziativa del prossimo fine settimana. A Firenze probabilmente ci saranno anche alcuni protagonisti di Bologna (non Rosi Bindi, ovvio). Se così sarà, a chi dovremo ascriverli? A nessuno, mi piacerebbe dire. Il PD per vincere ha bisogno di Renzi e Civati, di Gozi e Concia, di Zingaretti e Boeri. Anche di Serracchiani.
Il secondo quesito riguarda il rapporto con la galassia della sinistra e dei movimenti, sempre stato molto caro a Civati. Pippo ad esempio insiste da tempo sulla necessità di dialogo con l'elettorato grillino, che giustamente non demonizza ma considera un serbatoio a cui attingere. A Bologna le testimonianze in merito ci sono state, ma quanto è in grado di capitalizzare il PD su questo fronte?
Il terzo tema consiste nel verificare l'effetto di questi accoppiamenti sul popolo borderline a sinistra del PD, che resta irretito da Civati ma meno dal partner di turno, Renzi, Serracchiani o chi altro. Stiamo parlando di una porzione importante del paese, probabilmente decisiva. Al di la del meccanismo perverso e fallace del reciproco "mi piace" su facebook quanto consenso si può consolidare su un processo politico per un nuovo centrosinistra?
Tornando al Partito Democratico, la sua volontà di cambiare e recepire i fortissimi segnali che vengono da agglomerati come Prossima Italia e Insieme per il PD potrà essere verificato nel processo verso le prossime elezioni (speriamo davvero prossime), quando sarà in agenda il tema del limite dei tre mandati. Nel frattempo grazie a Pippo, che ancora una volta ci ha fatto pensare e divertire.
A Bologna il gelido tendone allestito in Piazza Maggiore sfoggiava molte bandiere del PD e anche tra gli invitati si sono viste facce note e affatto innovative. C'era ad esempio Rosi Bindi, che certo non sarebbe andata lo scorso anno alla Leopolda e ha fatto un intervento imbarazzante. E poi Franceschini stesso (in platea), i presidenti regionali Errani e Rossi, quest'ultimo in passato ferocemente polemico con Pippo.
La scelta politica di Civati è chiara: schiodarsi dall'etichetta marginale dei rottamatori e acquisire una immagine mainstream, che permetta di inserirsi con autorevolezza nei processi decisionali. In questo la partnership con prezzemolina Serracchiani ha pagato. Senza di lei probabilmente né Bindi né Franceschini avrebbero fatto capolino.
L'operazione quindi ha funzionato, come dimostra la rassegna stampa. Io credo che Pippo Civati per il PD sia una risorsa straordinaria e sono molto contento che l'evento bolognese lo abbia in qualche modo sdoganato, togliendoli quell'aria irriverente, da discolo geniaccio. Sono altrettanto contento che la strategia de Il nostro tempo non abbia incentivato la pericolosa tribalizzazione in atto nel PD, anche se gli inviti a Bologna non sono stati universali, ed è un peccato.
Restano molte questioni insolute. Cominiciamo con Renzi, che ha promesso "il botto finale" per la sua iniziativa del prossimo fine settimana. A Firenze probabilmente ci saranno anche alcuni protagonisti di Bologna (non Rosi Bindi, ovvio). Se così sarà, a chi dovremo ascriverli? A nessuno, mi piacerebbe dire. Il PD per vincere ha bisogno di Renzi e Civati, di Gozi e Concia, di Zingaretti e Boeri. Anche di Serracchiani.
Il secondo quesito riguarda il rapporto con la galassia della sinistra e dei movimenti, sempre stato molto caro a Civati. Pippo ad esempio insiste da tempo sulla necessità di dialogo con l'elettorato grillino, che giustamente non demonizza ma considera un serbatoio a cui attingere. A Bologna le testimonianze in merito ci sono state, ma quanto è in grado di capitalizzare il PD su questo fronte?
Il terzo tema consiste nel verificare l'effetto di questi accoppiamenti sul popolo borderline a sinistra del PD, che resta irretito da Civati ma meno dal partner di turno, Renzi, Serracchiani o chi altro. Stiamo parlando di una porzione importante del paese, probabilmente decisiva. Al di la del meccanismo perverso e fallace del reciproco "mi piace" su facebook quanto consenso si può consolidare su un processo politico per un nuovo centrosinistra?
Tornando al Partito Democratico, la sua volontà di cambiare e recepire i fortissimi segnali che vengono da agglomerati come Prossima Italia e Insieme per il PD potrà essere verificato nel processo verso le prossime elezioni (speriamo davvero prossime), quando sarà in agenda il tema del limite dei tre mandati. Nel frattempo grazie a Pippo, che ancora una volta ci ha fatto pensare e divertire.
Hanno perso Quince
Il filmato qui sopra è l'ultimo trasmesso da Quince, il robot che è stato utilizzato per esplorare i locali della centrale nucleare di Fukushima. Di Quince si sono perse le tracce al terzo piano dell'edificio del reattore 2, dove le radiazioni sono ancora di 40 millisievert/ora e la presenza umana praticamente impossibile. Difficilmente qualcuno potrà andare a cercare il povero robot.
domenica 23 ottobre 2011
Ma infatti
Nell'annuale libro strenna di Vespa, di cui sono state fornite alcune anticipazioni, Berlù sostiene di non avere un cellulare. "Tutte le chiamate passano attraverso la mia segreteria. Una volta ne
avevo uno anche io, ma non l'ho più potuto tenere da quando constatai di
essere non controllato, ma ipercontrollato. Le pare un paese civile e
libero questo?"
La foto Getty Images è di oggi, a Bruxelles.
La foto Getty Images è di oggi, a Bruxelles.
It's all connected
venerdì 21 ottobre 2011
Coerenza giapponese
Il Giappone ha ribadito anche all'ultimo round di negoziati sul clima di Panama che non intende sottoscrivere un prolungamento del protocollo di Kyoto, perché pretende impegni da parte di tutti i grandi paesi industriali, a cominciare da USA e Cina. Ma Tokyo non ha rinunciato ai propri obiettivi di riduzione delle emissioni, malgrado il paese sia in ginocchio dopo la catastrofe dello scorso marzo e la dismissione di molte centrali nucleari, a cominciare dai sei reattori di Fukushima, crei seri problemi al bilancio energetico del paese.
Nel 2009 il governo giapponese, guidato allora da Yukio Hatoyama, aveva annunciato la volontà di ridurre le emissioni di CO2 del 25% entro il 2020. Qualche giorno fa Goshi Hosono (foto), ministro dell'ambiente del nuovo gabinetto presieduto da Yoshihiko Noda, ha ribadito la volontà del nuovo governo di mantenere l'obiettivo, malgrado le pressioni del mondo imprenditoriale. Il ministro ha confermato la riduzione del 25% proprio in occasione di un incontro con Hiromasa Yonekura, presidente degli industriali del Giappone.
Nel 2009 il governo giapponese, guidato allora da Yukio Hatoyama, aveva annunciato la volontà di ridurre le emissioni di CO2 del 25% entro il 2020. Qualche giorno fa Goshi Hosono (foto), ministro dell'ambiente del nuovo gabinetto presieduto da Yoshihiko Noda, ha ribadito la volontà del nuovo governo di mantenere l'obiettivo, malgrado le pressioni del mondo imprenditoriale. Il ministro ha confermato la riduzione del 25% proprio in occasione di un incontro con Hiromasa Yonekura, presidente degli industriali del Giappone.
giovedì 20 ottobre 2011
L'Italia verso Rio+20
Sostenibilità, ambiente e innovazione: una sfida per l'Italia del futuro è il titolo del convegno organizzato oggi dal CNEL nella Roma sotto il diluvio. Mancano ormai meno di otto mesi al Summit 2012 delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, e l'iniziativa del CNEL è la prima conferenza di alto livello sul tema, dopo la sessione dedicata a Rio+20 dal Coordinamento Agende 21 la scorsa primavera a Siena.
In Italia l'appuntamento di Rio fatica a trovare spazio nelle cronache, malgrado il nostro paese faccia parte del Bureau che organizza la conferenza. Il Bureau è composto da dieci membri e l'Italia è rappresentata da Paolo Soprano, stimato dirigente del ministero dell'ambiente. I temi del Summit di Rio de Janeiro sono la green economy e lo sviluppo sostenibile. Il decreto sullo sviluppo che il governo italiano sta redigendo, più volte rimandato, potrebbe trarre grande ispirazione da questi argomenti. Purtroppo nelle anticipazioni sui contenuti del decreto non c'è nulla che richiami queste priorità.
In Italia l'appuntamento di Rio fatica a trovare spazio nelle cronache, malgrado il nostro paese faccia parte del Bureau che organizza la conferenza. Il Bureau è composto da dieci membri e l'Italia è rappresentata da Paolo Soprano, stimato dirigente del ministero dell'ambiente. I temi del Summit di Rio de Janeiro sono la green economy e lo sviluppo sostenibile. Il decreto sullo sviluppo che il governo italiano sta redigendo, più volte rimandato, potrebbe trarre grande ispirazione da questi argomenti. Purtroppo nelle anticipazioni sui contenuti del decreto non c'è nulla che richiami queste priorità.
Muammar el-Qaddafi, 1942 - 2011
«La Cirenaica è ormai di nuovo quasi completamente nelle mani di
Tripoli» e Gheddafi non può essere mandato via. E' la «presa d'atto»
della comunità internazionale di fronte all'evoluzione pro-rais della crisi libica,
come riferisce il ministro degli Esteri Franco Frattini nella sua
audizione al Senato. E se è probabile che il leader libico rimarrà al
potere, a questo punto si potrebbe andare verso «la prospettiva di un
isolamento internazionale, politico ed economico».
Da Il Sole 24 Ore del 16 marzo 2011.
Da Il Sole 24 Ore del 16 marzo 2011.
In attesa di lieti eventi
Carla Bruni ha partorito una bella bambina. Per il governatore della Banca d'Italia e il decreto sviluppo invece c'è ancora da aspettare.
mercoledì 19 ottobre 2011
Fukushima, il denaro circola e anche le radiazioni
Il governo giapponese ha messo a bilancio per il 2012 la somma di 1100 milardi di Yen, più di dieci miliardi di Euro, per la decontaminazione radioattiva del dopo Fukushima. Cifre così ingenti scatenano vari appetiti, così sono già 143 le proposte di aziende, ONG, università e privati.
Nel frattempo sono cominciate operazioni di ripulitura delle case private, con metodi certamente non risolutivi come quelli del filmato qui sopra. Spruzzare acqua ad alta pressione sui tetti non elimina certo la radioattività, al massimo la fa colare nel terreno. Che è persino peggio. Solo nella città di Fukushima (trecentomila residenti, 60 Km dalla centrale) ci sono 110.000 abitazioni da decontaminare.
I dati sono pochi, confusi e non confortanti. Pochi giorni fa a Tokyo nei pressi di una scuola sono stati registrati 4 microsievert/ora, che su base annuale signifca 21 millisievert, sopra la soglia di evacuazione. Di certo le radiazioni si sono propagate molto oltre la zona interdetta. Di oggi la notizia che 97 marche diverse di te verde coltivato a Tokyo e nella vicina Saitama hanno valori di cesio superiori ai limiti. Tokyo dista 250 Km dalla centrale di Fukushima.
Come evitare la fila
Oggi sui muri di Roma c'è la faccia sorridente di Domenico Scilipoti che annuncia il congresso del suo Movimento di Responsabilità Nazionale, che si svolgerà dopodomani.
Il movimento ha anche un inno, lo canta Danilo Amerio su testi dello stesso Scilipoti (notevoli i commenti su YouTube).
Scilipoti ha garantito la partecipazione di Berlù al congresso. Sul sito del MRN c'è un banner con scritto "Registrati ed evita la fila in ingresso". Un modo ancora più semplice per evitare la fila è quello di stare alla larga da certa gente.
Il movimento ha anche un inno, lo canta Danilo Amerio su testi dello stesso Scilipoti (notevoli i commenti su YouTube).
Scilipoti ha garantito la partecipazione di Berlù al congresso. Sul sito del MRN c'è un banner con scritto "Registrati ed evita la fila in ingresso". Un modo ancora più semplice per evitare la fila è quello di stare alla larga da certa gente.
Fukushima, il denaro circola
Quelle nella foto sono montagne di tute protettive monouso in Tyvek® già utilizzate alla centrale nucleare di Fukushima dopo l'incidente nucleare di marzo. Secondo i calcoli sono circa 480.000 e dovranno essere smaltite come rifiuti a basso livello di radioattività.
Una tuta in Tyvek® costa 1000 yen, circa nove euro e mezzo. Quindi fino ad oggi la TEPCO ha speso oltre quattro milioni e mezzo di Euro solo in tute usa e getta. Altre 500.000 tute sono state già acquistate, portando la spesa generale a quasi dieci miloni. La DuPont ringrazia.
Una tuta in Tyvek® costa 1000 yen, circa nove euro e mezzo. Quindi fino ad oggi la TEPCO ha speso oltre quattro milioni e mezzo di Euro solo in tute usa e getta. Altre 500.000 tute sono state già acquistate, portando la spesa generale a quasi dieci miloni. La DuPont ringrazia.
martedì 18 ottobre 2011
La classifica delle città 2011/2
La classifica di Ecosistema Urbano 2011 è stata vinta, come i tre anni precedenti, da Belluno (foto). L'ultimo primato diverso risale al 2007, ad opera di Bolzano. Belluno è una piccola città di 36.000 abitanti. Solo nella mia modesta provincia (Ancona) ci sono altri due centri più grandi di Belluno, Senigallia e Jesi.
Valutare la qualità di un centro urbano è molto difficile. Ecosistema Urbano ci prova da 18 anni con una serie di indicatori che perfeziona ogni anno. Questi numeri misurano la qualità dell'aria, i km di piste ciclabili, i consumi di acqua ed elettricità, il trasporto pubblico e altre cose importantissime. Sono cifre che riassumono in modo eloquente la capacità di una città, della sua amministrazione e dei suoi abitanti di mettere in pratica politiche virtuose per la tutela dell'ambiente e la ricerca di uno sviluppo sostenibile. Onore quindi a Belluno e alle altre città che in Italia riescono a farlo.
Ma nessuna classifica può riuscire a misurare la qualità della vita. Questo resta un nodo insoluto. Ecosistema Urbano si basa necessariamente su degli indicatori. Gli indicatori, per definizione, sono utilizzati per semplificare valutazioni complesse. Credo non ci sia niente di più complesso della qualità della vita, ovvero di come ci si sente in una città. Così tra il primato di Belluno (70.02 punti su 100) e l'ultimo posto di Catania (la miseria di 16.36 punti) si apre un universo di dubbi, di preferenze e di passioni che gli indicatori e le tabelle di Excel non sono in grado di tradurre. Perché a Catania probabilmente non si vive poi così peggio che a Belluno, anzi.
Valutare la qualità di un centro urbano è molto difficile. Ecosistema Urbano ci prova da 18 anni con una serie di indicatori che perfeziona ogni anno. Questi numeri misurano la qualità dell'aria, i km di piste ciclabili, i consumi di acqua ed elettricità, il trasporto pubblico e altre cose importantissime. Sono cifre che riassumono in modo eloquente la capacità di una città, della sua amministrazione e dei suoi abitanti di mettere in pratica politiche virtuose per la tutela dell'ambiente e la ricerca di uno sviluppo sostenibile. Onore quindi a Belluno e alle altre città che in Italia riescono a farlo.
Ma nessuna classifica può riuscire a misurare la qualità della vita. Questo resta un nodo insoluto. Ecosistema Urbano si basa necessariamente su degli indicatori. Gli indicatori, per definizione, sono utilizzati per semplificare valutazioni complesse. Credo non ci sia niente di più complesso della qualità della vita, ovvero di come ci si sente in una città. Così tra il primato di Belluno (70.02 punti su 100) e l'ultimo posto di Catania (la miseria di 16.36 punti) si apre un universo di dubbi, di preferenze e di passioni che gli indicatori e le tabelle di Excel non sono in grado di tradurre. Perché a Catania probabilmente non si vive poi così peggio che a Belluno, anzi.
lunedì 17 ottobre 2011
La classsifica delle città 2011/1
Oggi a Genova è stata presentata la 18a edizione di Ecosistema Urbano, classifica di rendimento ecologico delle città d'Italia. E come ogni anno, lo stesso giorno Il Sole 24 Ore l'ha pubblicata in un inserto dedicato. L'iniziativa di Legambiente, adesso affiancata da Ambienteitalia, è lodevole e ormai talmente consolidata da essere un pilastro nelle valutazioni di sostenibilità. L'indagine si raffina ogni anno, cercando indicatori e criteri più significativi. Quest'anno si è voluto dividere il ranking in tre categorie: grandi città, capoluoghi tra 80.000 e 200.000 abitanti e tutte le altre. La scelta è sensata, perché le problematiche (e le soluzioni) sono molto diverse a seconda della scala. Ma alla fine una graduatoria assoluta si mette assieme comunque e non differisce molto dallo scorso anno, quando i primi dieci posti erano occupati nell'ordine da Belluno, Verbania, Parma, Trento, Bolzano, Siena, La Spezia, Pordenone, Bologna, Livorno. Quest'anno i vincitori di categoria sono Venezia, Bolzano e Belluno e la top ten per valori assoluti è Belluno, Verbania, Bolzano, Trento, Parma, Venezia, Aosta, Pordenone, La Spezia, Mantova. Le prime cinque sono le stesse dello scorso anno, tra le altre esce Bologna (quest'anno undicesima) con Siena e Livorno ed entrano Venezia, Aosta e Mantova.
La coda della classifica invece è riservata alle citta del meridione, come sempre. In particolare a quelle siciliane: gli ultimi posti sono occupati da Palermo, Vibo Valentia, Caltanissetta, Messina e Catania.
La coda della classifica invece è riservata alle citta del meridione, come sempre. In particolare a quelle siciliane: gli ultimi posti sono occupati da Palermo, Vibo Valentia, Caltanissetta, Messina e Catania.
Europa, emissioni OK ma non in Italia
L'Agenzia Europea per l'Ambiente ha diffuso le stime preliminari delle emissioni di gas serra nel 2010, che vedono una crescita del 2.4% rispetto al 2009 (2.3% nei 15 paesi che hanno sottoscritto il protocollo di Kyoto, tra i quali l'Italia). Il 2009 aveva visto invece una drastica riduzione del 7.1%, dovuta alla crisi economica più che a politiche virtuose.
Le emissioni nel 2010 sono cresciute dappertutto meno che in Irlanda, Spagna e Grecia. Il dato generale sulla base degli obiettivi di Kyoto è ancora in linea: siamo a -10.7% rispetto al 1990, mentre il protocollo prevede una riduzione dell'8% entro la fine del 2012. Questo riguarda i 15, perché l'Europa a 27 raggiunge una riduzione del 15.5% sui valori del 1990, dovuta essenzialmente alla riconversione economica del blocco ex-sovietico. Ma i paesi dell'Est non hanno obblighi non avendo sottoscritto Kyoto.
Se i dati collettivi sono discreti, i valori nazionali differiscono notevolmente. Le sole tre nazioni che non raggiungono l'obiettivo della riduzione dell'8% sulla base del 1990 sono Austria, Italia e Lussemburgo. I dati di dettaglio dell'Italia dimostrano come il nostro paese sia ancora distante 1.7% dall'obiettivo di otto punti in meno entro il 2012. Questo tenendo conto delle emissioni reali, delle azioni intraprese con i meccanismi flessibili e della contabilizzazione del CO2 "sequestrato" dalle foreste (LULUCF).
In sostanza l'Italia non è riuscita a ridurre a sufficienza le proprie emissioni e dovrà bilanciarle con altre azioni dei meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto. In pratica dovrà comprare quello che non ha saputo fare, spendendo molto denaro.
Le emissioni nel 2010 sono cresciute dappertutto meno che in Irlanda, Spagna e Grecia. Il dato generale sulla base degli obiettivi di Kyoto è ancora in linea: siamo a -10.7% rispetto al 1990, mentre il protocollo prevede una riduzione dell'8% entro la fine del 2012. Questo riguarda i 15, perché l'Europa a 27 raggiunge una riduzione del 15.5% sui valori del 1990, dovuta essenzialmente alla riconversione economica del blocco ex-sovietico. Ma i paesi dell'Est non hanno obblighi non avendo sottoscritto Kyoto.
Se i dati collettivi sono discreti, i valori nazionali differiscono notevolmente. Le sole tre nazioni che non raggiungono l'obiettivo della riduzione dell'8% sulla base del 1990 sono Austria, Italia e Lussemburgo. I dati di dettaglio dell'Italia dimostrano come il nostro paese sia ancora distante 1.7% dall'obiettivo di otto punti in meno entro il 2012. Questo tenendo conto delle emissioni reali, delle azioni intraprese con i meccanismi flessibili e della contabilizzazione del CO2 "sequestrato" dalle foreste (LULUCF).
In sostanza l'Italia non è riuscita a ridurre a sufficienza le proprie emissioni e dovrà bilanciarle con altre azioni dei meccanismi flessibili del protocollo di Kyoto. In pratica dovrà comprare quello che non ha saputo fare, spendendo molto denaro.
Lutto e profitto
Apple ha comunicato di avere venduto 4 milioni di iPhone 4S nei primi tre giorni. Il nuovo telefonino è disponibile nei negozì da venerdì 14, ma solo in Giappone, Australia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti. Il 28 ottobre sarà nei negozi di altri venti paesi, tra cui l'Italia. Le azioni della Apple sono cresciute del 32% dall'inizio dell'anno. Lo sanno gli indignados?
domenica 16 ottobre 2011
Dieci ritratti indignati, da New York
Mentre a Roma si contano gli arrestati, le auto bruciate e i sampietrini divelti, il New Yorker pubblica dieci splendidi ritratti di gente di Occupy Wall Street. Non sono tutti ragazzi. Li ha scattati il grande Martin Schoeller a Zuccotti Park.
sabato 15 ottobre 2011
Come non detto
Tutte le ire di Stefania Prestigiacomo, ministro invisibile dell'ambiente, sono rientrate. Dopo il lamento della ministra per i tagli al suo dicastero, peraltro già capitozzato negli anni precedenti, il consiglio dei ministri ha riportato nei bilanci di Minambiente una entrata di 300 milioni di Euro, che provengono per metà dai fondi di servizio e per l'altra metà dai ricavi dell'asta della banda larga.
Sono coriandoli o poco più, ma per Presty bastano a riconfermare la partecipazione e il sostegno ad un governo che considera le politiche ambientali e lo sviluppo sostenibile un fastidio, un obbligo sgradevole ma necessario. Per fortuna i patti e le normative europee ci obbligano ad alcune azioni, altrimenti il tema sarebbe stato completamente dimenticato. Che poi questo sia l'unico settore in crescita e capace di creare nuove opportunità di occupazione non sembra interessare a 3monti e al governo della destra.
Sono coriandoli o poco più, ma per Presty bastano a riconfermare la partecipazione e il sostegno ad un governo che considera le politiche ambientali e lo sviluppo sostenibile un fastidio, un obbligo sgradevole ma necessario. Per fortuna i patti e le normative europee ci obbligano ad alcune azioni, altrimenti il tema sarebbe stato completamente dimenticato. Che poi questo sia l'unico settore in crescita e capace di creare nuove opportunità di occupazione non sembra interessare a 3monti e al governo della destra.
Tempismo
Dedicato a quei poveracci che parcheggiano la macchina nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Anche perché generalmente le polizze di assicurazione non coprono questo tipo di rischio.
venerdì 14 ottobre 2011
Sfondi teatrali
I direttori di testata compaiono sempre in TV con dietro librerie, quasi dovessero rivendicare di sapere leggere. Questa è l'immagine di Minzolini stasera al TG1 delle 20 nella filippica contro Fini.
In genere i tomi sugli scaffali negli sfondi delle dirette TV sono enciclopedici, rilegati in pelle con titoli in oro. Minzolini oggi non rinuncia ai volumoni che nessuno apre mai, ma con qualche variante. Basta controllare l'immagine del post di Sostenibilitalia di un paio di anni fa, dal titolo "Fondali e fondelli". Ai tempi Minzo, in una inquadratura più stretta, era sfondato solo su volumi enciclopedici. Oggi invece il piano basso è variato e sbarazzino, con libri assortiti. A sinistra si riconosce anche un catalogo di Roy Lichtenstein, maestro della pop art. Del resto, chi è più pop di Minzolini?
In genere i tomi sugli scaffali negli sfondi delle dirette TV sono enciclopedici, rilegati in pelle con titoli in oro. Minzolini oggi non rinuncia ai volumoni che nessuno apre mai, ma con qualche variante. Basta controllare l'immagine del post di Sostenibilitalia di un paio di anni fa, dal titolo "Fondali e fondelli". Ai tempi Minzo, in una inquadratura più stretta, era sfondato solo su volumi enciclopedici. Oggi invece il piano basso è variato e sbarazzino, con libri assortiti. A sinistra si riconosce anche un catalogo di Roy Lichtenstein, maestro della pop art. Del resto, chi è più pop di Minzolini?
L'incerto destino di Kyoto/2
Estendere il protocollo di Kyoto, che scade alla fine del 2012, non rappresenta solo una necessità per la lotta ai cambiamenti climatici ma permette di mantenere in vita gli strumenti operativi del trattato globale sulle emissioni, compresi quelli finanziari. A causa della crisi economica in occidente i valori dei certificati di emissione sono calati del 41% nell'ultimo anno, ma il mercato del carbonio è ancora una fonte importante di risorse per i paesi in via di sviluppo attraverso il Clean Development Mechanism (CDM) o Meccanismo di Sviluppo Pulito. Ma il mercato dei certificati e il CDM sono funzionali al raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto. Scaduto il trattato non avrebbero più senso di esistere, almeno secondo l'interpetazione della Cina. La pensa all'opposto Artur Runge-Metzer (al centro nella foto), capodelegazione dell'Unione Europea ai negoziati sul clima: "Il sistema del CDM si autofinanzia e non c'è motivo per cui debba concludersi con lo scadere del periodo di applicazione del protocollo di Kyoto".
Le regole del mercato del carbonio sono state adottate dall'Unione Europea e dalla Nuova Zelanda e nel 2010 sono stati emessi 13 milardi di Euro di certificati di riduzione delle emissioni, con cui le aziende occidentali bilanciano i loro sforamenti secondo il sistema del cap and trade. A beneficiarne è soprattutto la Cina, che ha generato il 57% dei crediti dal 2003 ad oggi. Quindi la Cina ha tutto l'interesse a mantenere in vita Kyoto, ma non intende assumere impegni per la riduzione delle proprie emissioni.
Le regole del mercato del carbonio sono state adottate dall'Unione Europea e dalla Nuova Zelanda e nel 2010 sono stati emessi 13 milardi di Euro di certificati di riduzione delle emissioni, con cui le aziende occidentali bilanciano i loro sforamenti secondo il sistema del cap and trade. A beneficiarne è soprattutto la Cina, che ha generato il 57% dei crediti dal 2003 ad oggi. Quindi la Cina ha tutto l'interesse a mantenere in vita Kyoto, ma non intende assumere impegni per la riduzione delle proprie emissioni.
giovedì 13 ottobre 2011
Non toccate i soldi di Presty
Adesso però la questione si fa seria perché si parla di soldi, fondi da gestire. Pare (sembra, dicono) che la legge di stabilità all'ordine del giorno del consiglio dei ministri di domani preveda per il ministero dell'ambiente nel 2012 uno stanziamento di 440 milioni di Euro. Le spese fisse del ministero secondo alcune fonti sono pari a 320 milioni, secondo altre a 220. Fatte le sottrazioni, i fondi che il governo destina alle politiche ambientali sarebbero pari a 200 o forse solo 100 milioni di Euro. Una miseria, protesta la ministra, minacciando il suo voto contrario domani in CdM e poi in parlamento.
Prestigiacomo (con il premier nella foto scattata oggi alla Camera) lamenta tagli del 90%, richiamando che nel 2008 all'ambiente erano destinati 1.3 miliardi di Euro. Quello che la ministra invisibile dimentica di ricordare è che quello stanziamento era stato deciso dal governo di Romano Prodi, allora in carica. Domani potrà anche votare contro, ma nei tre anni e mezzo precedenti ha sempre votato a favore, avvalorando le ottuse politiche di un governo conservatore e mediocre, incapace di individuare le sorgenti della ripresa economica e le nuove opportunità legate alla green economy e allo sviluppo sostenibile.
L'incerto destino di Kyoto/1
La settimana di negoziati sul clima di Panama City si è conclusa con "buoni progressi". Questa almeno è la versione espressa dalla segretaria UNFCCC Cristiana Figueres nella conferenza stampa conclusiva. "I progressi ottenuti a Panama permetteranno ai governi di utilizzare meglio le prossime settimane per risolvere i nodi politici delle priorità per la lotta al cambiamento climatico" ha detto Figueres.
La conferenza annuale sul clima delle Nazioni Unite di Durban è ormai distante solo un mese e mezzo. A Durban si deciderà il futuro del Protocollo di Kyoto, l'unico trattato globale per la riduzione delle emissioni ad essere formalizzato e attuato, malgrado la mancata ratifica degli Stati Uniti. L'accordo di Kyoto prevede la riduzione delle emissioni di CO2 del 5.2% nel periodo 2008-2012, riferito al livelli del 1990. Esclusi gli Stati Uniti, quasi tutti i paesi OCSE che hanno sottoscritto il protocollo sono in linea con gli obiettivi. Questo in parte è dovuto alla contrazione di domanda di energia dovuta alla crisi economica globale, ma le politiche di riduzione dei consumi e l'aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili hanno avuto il loro peso.
La COP 17 di Durban dovrà decidere il futuro del protocollo di Kyoto. Sfumata ormai la possibilità di ratificare in Sudafrica un nuovo accordo, l'ipotesi più concreta sembra quella di una reiterazione dell'attuale, nell'attesa che Stati Uniti, Cina e le altre grandi economie emergenti decidano di accettare degli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra.
La conferenza annuale sul clima delle Nazioni Unite di Durban è ormai distante solo un mese e mezzo. A Durban si deciderà il futuro del Protocollo di Kyoto, l'unico trattato globale per la riduzione delle emissioni ad essere formalizzato e attuato, malgrado la mancata ratifica degli Stati Uniti. L'accordo di Kyoto prevede la riduzione delle emissioni di CO2 del 5.2% nel periodo 2008-2012, riferito al livelli del 1990. Esclusi gli Stati Uniti, quasi tutti i paesi OCSE che hanno sottoscritto il protocollo sono in linea con gli obiettivi. Questo in parte è dovuto alla contrazione di domanda di energia dovuta alla crisi economica globale, ma le politiche di riduzione dei consumi e l'aumento degli investimenti nelle energie rinnovabili hanno avuto il loro peso.
La COP 17 di Durban dovrà decidere il futuro del protocollo di Kyoto. Sfumata ormai la possibilità di ratificare in Sudafrica un nuovo accordo, l'ipotesi più concreta sembra quella di una reiterazione dell'attuale, nell'attesa che Stati Uniti, Cina e le altre grandi economie emergenti decidano di accettare degli obiettivi vincolanti di riduzione delle emissioni di gas serra.
lunedì 10 ottobre 2011
Non c'è niente meglio del legno
Uno studio recente del ministero per l'agricoltura degli Stati Uniti conferma che il legno resta il materiale da costruzione con la più bassa carbon footprint, cioè quello che emette meno CO2 nel suo ciclo di produzione. Il legno immagazzina anidride carbonica durante la crescita e la trattiene a lungo anche dopo essere stato segato e lavorato. Secondo i ricercatori un edificio in legno in cento anni di vita produce dal 20% al 50% meno CO2 rispetto ad uno costruito in cemento o acciaio.
Oltre ad essere il più "pulito" il legno contribuisce all'economia americana con 100 miliardi di dollari e un milione di posti di lavoro. Anche in Italia stiamo assistendo ad un timido ritorno all'uso del legno nelle costruzioni, che andrebbe sostenuto con incentivi adeguati e una strategia nazionale di forestazione. Purtroppo il governo pensa ad altro.
Oltre ad essere il più "pulito" il legno contribuisce all'economia americana con 100 miliardi di dollari e un milione di posti di lavoro. Anche in Italia stiamo assistendo ad un timido ritorno all'uso del legno nelle costruzioni, che andrebbe sostenuto con incentivi adeguati e una strategia nazionale di forestazione. Purtroppo il governo pensa ad altro.
Il Kalashnikov? Sta anche troppo bene
La notizia sembrava di quelle epocali: il fucile mitragliatore Kalashnikov non sarà più acquistato dall'esercito russo. E via con i commenti, gli amarcord, i coccodrilli su tutta la stampa del mondo.
Andando a cercare fonti meno popolari si scopre che la realtà è molto diversa. La Russia non compra più Kalashnikov già da una quindicina di anni e lo fa per un motivo molto semplice: ne ha troppi. Secondo il generale Nikolay Makarov, comandante in capo delle forze armate russe, le riserve di armamenti del paese sono enormi, "decine di volte superiori alle nostre necessità".
Così il Kalashnikov AK-74, evoluzione del primo AK-47, resterà l'arma più usata dall'esercito russo e dagli oltre cinquanta altri eserciti che lo hanno in dotazione in girro per il mondo. Alcune armi russe più moderne, come il Nikonov AN-94 Abakan o l'AEK-971 hanno prestazioni migliori. Ma secondo alcuni esperti necessitano di una manutenzione maniacale e sono solo un poco più precise, attorno al 10%. Non abbastanza da soppiantare un oggetto da guerra costruito in oltre cento milioni di pezzi, talmente semplice e rustico da poter essere pulito anche lavandolo con acqua corrente. Anche per questo è sempre stato l'arma preferita dalle guerriglie di ogni continente. E continuerà ad esserlo.
Andando a cercare fonti meno popolari si scopre che la realtà è molto diversa. La Russia non compra più Kalashnikov già da una quindicina di anni e lo fa per un motivo molto semplice: ne ha troppi. Secondo il generale Nikolay Makarov, comandante in capo delle forze armate russe, le riserve di armamenti del paese sono enormi, "decine di volte superiori alle nostre necessità".
Così il Kalashnikov AK-74, evoluzione del primo AK-47, resterà l'arma più usata dall'esercito russo e dagli oltre cinquanta altri eserciti che lo hanno in dotazione in girro per il mondo. Alcune armi russe più moderne, come il Nikonov AN-94 Abakan o l'AEK-971 hanno prestazioni migliori. Ma secondo alcuni esperti necessitano di una manutenzione maniacale e sono solo un poco più precise, attorno al 10%. Non abbastanza da soppiantare un oggetto da guerra costruito in oltre cento milioni di pezzi, talmente semplice e rustico da poter essere pulito anche lavandolo con acqua corrente. Anche per questo è sempre stato l'arma preferita dalle guerriglie di ogni continente. E continuerà ad esserlo.
domenica 9 ottobre 2011
sabato 8 ottobre 2011
Una bella frittata
A Flagstaff, in Arizona, un camion ha tamponato un altro carico di uova, che si è ribaltato. Risultato: 350.000 uova sull'asfalto della Interstate 40. La buona notizia è che pare che cinquantamila non si siano rotte.
venerdì 7 ottobre 2011
Se non ora quando?
Purtroppo anche quest'anno Sivio Berlusconi non ha vinto il premio Nobel per la pace. Massima solidarietà al comitato che si era costituito allo scopo.
giovedì 6 ottobre 2011
Morti ammazzati
L'ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine (UNODC) ha pubblicato il primo studio globale sugli omicidi. Secondo i dati raccolti nel 2010 sulla Terra ci sono stati 486.000 omicidi volontari, la maggior parte in Africa (36%) e America Latina (31%). In queste regioni il tasso percentuale è più del doppio della media globale di 6.9 per 100.000 abitanti. Il record mondiale spetta all'Honduras, seguito da El Salvador: rispettivamente 82 e 66 omicidi per 100.000 abitanti. In Italia il dato 2009 è di circa uno su centomila. Disponibile il report integrale.
Genio e regolatezza - Steve Jobs 1955 - 2011
"Niente sarà più come prima" dicono in molti oggi celebrando la scomparsa di Steve Jobs. Certe date si trasformano in spartiacque e la morte del guru di Apple potrebbe diventarlo per il mondo delle ICT. Mondo turbinoso e iperveloce, dove i prezzi calano della metà in un anno, meno quelli di Apple. Dove le innovazioni si susseguono a ritmi insostenibili, rendendo il tuo ultimo acquisto di sei mesi fa un gadget irrimediabilmente obsoleto, come succede comprando Apple. Dove le battaglie legali sui brevetti costano ormai più degli stipendi degli sviluppatori e della ricerca, vedi i recenti ricorsi in tribunale di Apple verso i concorrenti, cortesemente ricambiati.
Steve Jobs era un genio e anche una persona molto furba. Le due doti raramente vanno d'accordo. La citazione di Jobs che oggi ingombra la rete come un virus, "stay hungry, stay foolish", non rappresenta certo il povero Steve, che tutto era meno che foolish. Steve Jobs era l'amministratore delegato di una grande azienda, come Sergio Marchionne. Come Marchionne vestiva una uniforme anticonformista (dolcevita nero contro i pulloverini dell'AD FIAT) pagava poco i suoi operai e detestava i suoi concorrenti. "Lo spietato pifferaio magico" lo definisce Massimo Gaggi in un bell'articolo sul Corriere. Certo, quando Steve Jobs saliva sul palco a presentare il nuovo gadget Apple lo faceva con una capacità di comunicazione e un carisma ben superiori a Marchionne, rendendo un iPad molto più desiderabile di una Panda e un iPhone decisamente più sexy di una Ypsilon. Ma Apple non ha mai ceduto alla tentazione di condividere con altre aziende le sue licenze e il suo know-how. Questa politica nei tempi cupi aveva rischiato di portare l'azienda al fallimento, oggi le permette di vendere tutti i prodotti a prezzi assurdi, perché non ha concorrenza. Merito dei consumatori che non sembrano lamentarsi più di tanto, ma la strategia è la più lontana possibile dalle teorie dell'open source e dello shareware. Eppure nell'immaginario collettivo per motivi misteriosi Steve Jobs e Apple rappresentano qualcosa di alternativo. Nella sostanza invece Jobs era un capitano di industria come tanti, anche se di grande successo, e colpisce come anche la sinistra lo abbia immediatamente santificato (cosa che certo non farà con Marchionne).
Io non sono un fan di Apple, di cui nella vita ho acquistato solo alcuni iPod, peraltro straordinari (oprattutto il primo, la saponetta bianca con lo schermo in b/n). Sono invece molto grato a Steve Jobs per avere fondato Pixar, che ha regalato ai miei bambini e anche a me dei film indimenticabili.
Ieri ho comprato il mio primo tablet. Non un iPad, che non supporta Flash perché non lo ha brevettato e pretende fidelizzazione assoluta per le app, ma un Samsung Galaxy 10.1 con Android.
Il più bel coccodrillo su Jobs al solito è sul New York Times.
Buon viaggio Steve. E poi scusa, ma il Galaxy è davvero una figata.
Steve Jobs era un genio e anche una persona molto furba. Le due doti raramente vanno d'accordo. La citazione di Jobs che oggi ingombra la rete come un virus, "stay hungry, stay foolish", non rappresenta certo il povero Steve, che tutto era meno che foolish. Steve Jobs era l'amministratore delegato di una grande azienda, come Sergio Marchionne. Come Marchionne vestiva una uniforme anticonformista (dolcevita nero contro i pulloverini dell'AD FIAT) pagava poco i suoi operai e detestava i suoi concorrenti. "Lo spietato pifferaio magico" lo definisce Massimo Gaggi in un bell'articolo sul Corriere. Certo, quando Steve Jobs saliva sul palco a presentare il nuovo gadget Apple lo faceva con una capacità di comunicazione e un carisma ben superiori a Marchionne, rendendo un iPad molto più desiderabile di una Panda e un iPhone decisamente più sexy di una Ypsilon. Ma Apple non ha mai ceduto alla tentazione di condividere con altre aziende le sue licenze e il suo know-how. Questa politica nei tempi cupi aveva rischiato di portare l'azienda al fallimento, oggi le permette di vendere tutti i prodotti a prezzi assurdi, perché non ha concorrenza. Merito dei consumatori che non sembrano lamentarsi più di tanto, ma la strategia è la più lontana possibile dalle teorie dell'open source e dello shareware. Eppure nell'immaginario collettivo per motivi misteriosi Steve Jobs e Apple rappresentano qualcosa di alternativo. Nella sostanza invece Jobs era un capitano di industria come tanti, anche se di grande successo, e colpisce come anche la sinistra lo abbia immediatamente santificato (cosa che certo non farà con Marchionne).
Io non sono un fan di Apple, di cui nella vita ho acquistato solo alcuni iPod, peraltro straordinari (oprattutto il primo, la saponetta bianca con lo schermo in b/n). Sono invece molto grato a Steve Jobs per avere fondato Pixar, che ha regalato ai miei bambini e anche a me dei film indimenticabili.
Ieri ho comprato il mio primo tablet. Non un iPad, che non supporta Flash perché non lo ha brevettato e pretende fidelizzazione assoluta per le app, ma un Samsung Galaxy 10.1 con Android.
Il più bel coccodrillo su Jobs al solito è sul New York Times.
Buon viaggio Steve. E poi scusa, ma il Galaxy è davvero una figata.
mercoledì 5 ottobre 2011
La giornata degli insegnanti
Il tema di quest'anno è "Insegnanti per la parità di genere", argomento particolarmente sentito in un mestiere dove le donne sono la maggioranza, circa il 62% a livello globale. In alcuni paesi le donne che insegnano alle scuole elementari sono il 90% del totale.
Statisti
(ANSA) - ROMA, 4 OTT - ”Napolitano che dice ‘il popolo padano non
esiste’ mi offende e mi fa paura. Si vede che per lui non esisto. Questo è molto inquietante”. Lo ha detto alla Zanzara su Radio 24 il leghista
Roberto Castelli. ”E’ un attacco alla mia libertà ed è un
avvertimento - continua - poiché non credo che il capo dello Stato
parli senza pensare a ciò che dice, secondo me sottintendeva: ‘Se
tirate fuori certi argomenti che non ci piacciono vi scateniamo la
magistratura e vi mettiamo in galera”.
martedì 4 ottobre 2011
Vecchio, antico, monumentale
Su New York Magazine c'è una deliziosa rubrica che è tra le prime cose che leggo. Si chiama The Neighborhood News e ogni settimana segnala in poche righe sei o sette storie curiose dai quartieri della città. Una delle ultime viene dall'East Village e rilancia il post di un blogger di buona reputazione, già vincitore del premio per il miglior blog di quartiere del Village Voice.
Il blogger riportava sdegnato la demolizione di una townhouse, una casa a schiera al 331 E. di 6th Street a Manhattan, nell'East Village (foto). La casa, 630 metri quadri su quattro piani, era stata venduta lo scorso anno per 3.950.000 dollari, quasi tre milioni di Euro. Le ricerche hanno individuato il proprietario demolitore in David Schwimmer, un attore TV piuttosto popolare in America. Ma non è questo il punto. Il punto è che l'edificio demolito risaliva al 1852, una data con un valore storico molto alto per una nazione giovane come gli Stati Uniti, dove gli edifici monumentali più antichi risalgono al '700. Eppure la demolizione di un edificio di circa 160 anni rientra nelle norme.
In Italia la "soglia di attenzione" delle soprintendenze scatta dopo 50 anni dalla costruzione. E dire che la nostra memoria urbana e il nostro patrimonio edilizio si contano in millenni, quantità impossibili nel nuovo mondo americano. Una palazzina come quella al 331 della sesta strada di Manhattan in Italia non avrebbe mai potuto essere demolita. Ma non sono proprio sicuro che abbiamo ragione noi.
Preservare tutto serve davvero? Le trasformazioni urbane possono avere luogo solo sostituendo elementi, non costruendo in lotti liberi. Tutto quello che è vecchio merita davvero di essere conservato? Qual è il solco che distingue ciò che è vecchio da ciò che merita di essere classificato come monumentale? Fino a 70 anni fa le città mutavano costruendo i nuovi edifici al posto dei vecchi, seguendo un criterio di sostituzione e stratificazione. Poi tutto è cambiato e dagli anni '50 il nuovo si edifica nei campi di periferia, consumando territorio e allargando a dismisura le nostre città. Siamo sicuri che sia la scelta giusta?
Il blogger riportava sdegnato la demolizione di una townhouse, una casa a schiera al 331 E. di 6th Street a Manhattan, nell'East Village (foto). La casa, 630 metri quadri su quattro piani, era stata venduta lo scorso anno per 3.950.000 dollari, quasi tre milioni di Euro. Le ricerche hanno individuato il proprietario demolitore in David Schwimmer, un attore TV piuttosto popolare in America. Ma non è questo il punto. Il punto è che l'edificio demolito risaliva al 1852, una data con un valore storico molto alto per una nazione giovane come gli Stati Uniti, dove gli edifici monumentali più antichi risalgono al '700. Eppure la demolizione di un edificio di circa 160 anni rientra nelle norme.
In Italia la "soglia di attenzione" delle soprintendenze scatta dopo 50 anni dalla costruzione. E dire che la nostra memoria urbana e il nostro patrimonio edilizio si contano in millenni, quantità impossibili nel nuovo mondo americano. Una palazzina come quella al 331 della sesta strada di Manhattan in Italia non avrebbe mai potuto essere demolita. Ma non sono proprio sicuro che abbiamo ragione noi.
Preservare tutto serve davvero? Le trasformazioni urbane possono avere luogo solo sostituendo elementi, non costruendo in lotti liberi. Tutto quello che è vecchio merita davvero di essere conservato? Qual è il solco che distingue ciò che è vecchio da ciò che merita di essere classificato come monumentale? Fino a 70 anni fa le città mutavano costruendo i nuovi edifici al posto dei vecchi, seguendo un criterio di sostituzione e stratificazione. Poi tutto è cambiato e dagli anni '50 il nuovo si edifica nei campi di periferia, consumando territorio e allargando a dismisura le nostre città. Siamo sicuri che sia la scelta giusta?
Oktoberfest 2011
Il consuntivo parla di 6.9 milioni di visitatori e di un consumo record di sette milioni e mezzo di litri di birra.
Interessanti i dati degli oggetti smarriti. Tra i 4750 articoli registrati al lost and found ci sono 1045 passaporti, 390 cellulari, un elmetto da vichingo, due stampelle, una dentiera e 48 bambini, questi ultimi tutti riconsegnati ai genitori.
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