Nello stallo dei negoziati, nell'ombra dei veti incrociati USA-Cina, l'Europa cerca di dare un senso alla conferenza ONU sul clima che inizierà lunedì a Durban in Sud Africa. La delusione per il mancato accordo raggiunto a Copenhagen nel 2009, la frustrazione per i modesti risultati ottenuti a Cancun lo scorso anno non permettono di avere aspettative troppo alte neppure questa volta, ma forse qualcosa si sta muovendo.
L'Europa, come ha ripetuto ieri la commissaria UE ai cambiamenti climatici Connie Hedegaard, è pronta a sottoscrivere un nuovo accordo che prolunghi il protocollo di Kyoto, rivedendo verso l'alto gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Ma sa che quasi tutti gli altri grandi paesi non sono disposti a farlo adesso. Oltre alla UE ad oggi gli unici disponibili per un Kyoto 2 sono Svizzera, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda.
L'offerta di Bruxelles è quella di improntare una roadmap verso un nuovo accordo globale, da costruire entro il 2015 e da approvare alla COP 22 del 2016. Questo accordo dovrà essere sottoscritto da tutti: USA, Cina, Russia, Giappone, India, Canada, Brasile, Australia, Corea del Sud, Indonesia, Sud Africa, ecc. ecc. Nel frattempo l'Europa potrà unilateralmente accettare un prolungamento di Kyoto, utile soprattutto per evitare l'interruzione dei meccanismi finanziari legati al protocollo.
Secondo alcuni osservatori l'ipotesi di un accordo da siglare entro il 2016 per essere applicato nel 2020 è decisamente tardiva. Secondo altri è l'unica possibilità realistica di raggiungere un consenso tra tutti gli attori. Del resto, dicono alcuni navigati negoziatori, anche il protocollo di Kyoto iniziò il suo percorso con un "mandato" del 1995, per essere poi adottato nel 1997 e messo in pratica solo nel 2005.
L'ipotesi europea, seppure annunciata ufficialmente ieri, non è stata formalizzata e per ora non è nell'agenda della COP 17 di Durban. Probabilmente sarà presentata nel corso dei negoziati. I Sudafricani la vedono con grande interesse, perché potrebbe dare un profondo significato alla loro conferenza.
L'Europa, come ha ripetuto ieri la commissaria UE ai cambiamenti climatici Connie Hedegaard, è pronta a sottoscrivere un nuovo accordo che prolunghi il protocollo di Kyoto, rivedendo verso l'alto gli obiettivi di riduzione delle emissioni. Ma sa che quasi tutti gli altri grandi paesi non sono disposti a farlo adesso. Oltre alla UE ad oggi gli unici disponibili per un Kyoto 2 sono Svizzera, Norvegia, Australia e Nuova Zelanda.
L'offerta di Bruxelles è quella di improntare una roadmap verso un nuovo accordo globale, da costruire entro il 2015 e da approvare alla COP 22 del 2016. Questo accordo dovrà essere sottoscritto da tutti: USA, Cina, Russia, Giappone, India, Canada, Brasile, Australia, Corea del Sud, Indonesia, Sud Africa, ecc. ecc. Nel frattempo l'Europa potrà unilateralmente accettare un prolungamento di Kyoto, utile soprattutto per evitare l'interruzione dei meccanismi finanziari legati al protocollo.
Secondo alcuni osservatori l'ipotesi di un accordo da siglare entro il 2016 per essere applicato nel 2020 è decisamente tardiva. Secondo altri è l'unica possibilità realistica di raggiungere un consenso tra tutti gli attori. Del resto, dicono alcuni navigati negoziatori, anche il protocollo di Kyoto iniziò il suo percorso con un "mandato" del 1995, per essere poi adottato nel 1997 e messo in pratica solo nel 2005.
L'ipotesi europea, seppure annunciata ufficialmente ieri, non è stata formalizzata e per ora non è nell'agenda della COP 17 di Durban. Probabilmente sarà presentata nel corso dei negoziati. I Sudafricani la vedono con grande interesse, perché potrebbe dare un profondo significato alla loro conferenza.
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