L'inizio dei lavori della conferenza sul clima di Durban non ha riservato particolari sorprese. Tra gli interventi della plenaria di apertura l'Argentina, che è portavoce del potente gruppo G77+Cina, ha ribadito la necessità di una estensione del protocollo di Kyoto (che non impegna i paesi in via di sviluppo) e chiesto l'immediata operatività degli accordi di Cancun. L'Australia a nome di Umbrella Group sostiene la teoria di una transizione post-Kyoto in attesa di un accordo che sia sottoscritto da tutte le grandi economie del pianeta e che tenga conto delle rispettive capacità. L'Europa ha chiesto la definizione di un sistema globale di rendicontazione delle emissioni e l'apertura di una roadmap per definire un nuovo accordo globale da sottoscrivere entro il 2015, posizione sostenuta con qualche sfumatura diversa anche dalla Svizzera per EIG Group. All'avvio del gruppo di lavoro sul protocollo di Kyoto AWG-KP la Cina ha confermato di ritenere prioritario che da Durban si esca con un secondo periodo di applicazione del trattato, in scadenza nel 2012. il Gambia, a nome delle nazioni meno sviluppate (LDS) ha chiesto un secondo periodo del protocollo di Kyoto che preveda da parte dei paesi più ricchi una riduzione del 45% delle emissioni entro il 2020 e almeno del 95% entro il 2050. Mantenere in piedi Kyoto è una necessità condivisa anche dal gruppo dei piccoli stati insulari AOSIS, dall'African Group, dal gruppo latinoamericano ALBA e in generale da tutti i paesi in via di sviluppo.
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