martedì 7 febbraio 2012

Il pericolo dei dati aggregati

Facebook entra in borsa con una capitalizzazione record stimata attorno ai 75 miliardi di dollari. Ma il suo capitale siamo noi, gli 850 milioni di iscritti. Anzi, i nostri dati. Le tracce che ognuno di noi lascia nei social network vengono aggregate e creano un profilo, che non necessariamente corrisponde all'immagine di noi che vorremmo. Di questa immagine possono servirsi i nostri datori di lavoro, le banche, le compagnie di credito. In Europa la tutela dei dati è maggiore che negli Stati Uniti, ma ad esempio chi ha un account Gmail si trova sulla barra a destra delle inserzioni mirate, costruite sulle proprie preferenze e sulla localizzazione. Lo stesso accade su facebook. I dati aggregati sommano le informazioni dei nostri "mi piace", delle inserzioni che clicchiamo, delle parole che cerchiamo su Google e delle mille altre tracce che lasciamo nel web.
Dobbiamo preoccuparci? In qualche modo sì, anche se i nostri "dati aggregati" non sono altro che la somma di quello che facciamo in rete. Molte persone vivono internet come una zona franca, utilizzando nella comunicazione in rete modi e linguaggi più disinibiti della vita reale. Tutto questo resta nel web, registrato e archiviato. La prima regola quindi dovrebbe essere l'autocensura, la capacità di contenersi ed evitare l'ebbrezza da condivisione. Prima di postare, rileggere e contare fino a cinque.

Nessun commento:

Posta un commento