La corrente di Rosi Bindi si chiama
Democratici Davvero, casomai qualcuno pensasse che ci siano democratici per finta. E si è riunita questo fine settimana a Milano Marittima, per decidere cosa fare nelle prossime primarie del PD. Il titolo dell'incontro era
Custodire le differenze, unire l'Italia. La
custodia delle differenze è già un tema bizzarro, ma passiamo all'argomento centrale: le primarie. Al termine del summit, che si è concluso stamattina con una intervista di Giovanni Anversa a Rosi Bindi, sul sito di
Democratici Davvero è stato pubblicato
un documento dal titolo
Democratici Davvero verso le primarie che fa rabbrividire. Dopo un lungo pistolotto in cui si spiega perché si è stati dalla parte di Bersani e cosa si è fatto e non fatto arriva la frase cruciale che recita "Il nostro sostegno a Bersani è collegato a precise condizioni e
l'intensità della nostra partecipazione alle primarie dipenderà dalla
loro realizzazione". Ipse dixit Rosabinda.
Il concetto di
"intensità" applicato alla partecipazione politica e modulato da
"precise condizioni" non è altro che un ricatto stile vecchia politica, che condiziona "l'intensità" del consenso al numero di deroghe, incarichi di
governo, posti cruciali, ecc. Una brutta cosa, un mercimonio che francamente nessuno vorrebbe pubblicare o rivendicare. Per di più in tempi di antipolitica, di scandali, di rifiuto dei partiti, di domanda di cambiamento.
Ma Rosabinda invece lo fa. La pubblica e la rivendica. Da presidente del Partito Democratico detta le condizioni a Bersani: ti sostengo "a precise condizioni" scrive. E con lei i suoi e le sue sodali, anche loro non derogabili. Roba da vomitare. Questa donna non merita una deroga, merita di andare a casa.
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