Questo è un post inutile e velleitario. Racconta in poche righe come sarebbero potute andare le cose se. Se cosa? Se lo scorso anno tutto avesse avuto un corso normale.
Il PD era il largo vantaggio in tutti i sondaggi elettorali. Il gruppo dirigente, inebriato dalla certezza della vittoria, non voleva perdere l'occasione di riempire le caselle del futuro governo. Così, dopo la "concessione" di Bersani di primarie contendibili, deliberata dall'assemblea nazionale, si lavorò in maniera certosina sulle regole, per impedire qualunque possibilità di successo a Matteo Renzi. Per i non iscritti il voto alle primarie fu trasformato in una corsa ad ostacoli, in grado di scoraggiare chiunque.
Un processo certamente non inclusivo, che però portò ai risultati auspicati: la vittoria di Bersani e l'annichilimento del rampante Renzi. Ai tempi larga parte del PD trattava Renzi con scherno e disprezzo. Qualcuno lo chiamava "coso". I parlamentari che sostenevano il sindaco di Firenze si contavano con le mani. Per contare i segretari provinciali bastava una mano sola. Al momento di scegliere, anche Pippo Civati votò Bersani.
Ma le cose non andarono come speravano Bersani, D'Alema, Fassina e gli altri del gruppo dirigente. La modestissima campagna elettorale di Bersani (poche idee, giaguari e tacchini) annullò in poche settimane il grande vantaggio del PD. Le elezioni furono vinte per un soffio, che grazie al porcellum consentì però il bonus di deputati. Bersani gestì malissimo l'elezione del presidente della repubblica e inseguì per mesi ipotesi di governo non praticabili, fino a gettare la spugna e lasciare il passo a Letta e alle grandi intese.
Un anno dopo, gli elettori PD hanno dimostrato di avere capito la lezione. Matteo Renzi vince largamente, oltre ogni aspettativa. Il candidato del gruppo dirigente uscente non raggiunge il 20 per cento. Civati, terzo sfidante, naviga sul dieci e qualcosa. I due sconfitti in campagna elettorale hanno continuamente attaccato Renzi. Matteo non ha mai detto una parola contro di loro. Non c'era bisogno, come i numeri di domenica hanno dimostrato.
Nel frattempo però abbiamo perso un anno. E le elezioni, e il governo. Dettagli, insomma. Sarebbe bastato avere permesso lo scorso anno che le primarie si svolgessero con le stesse regole di oggi, che poi sono quelle con cui si erano sempre svolte nei congressi precedenti. Matteo Renzi avrebbe vinto. Magari non così largamente come adesso, ma avrebbe vinto. Con Renzi candidato premier le elezioni sarebbero andate diversamente e non si sarebbe dovuti ricorrere alla extrema ratio delle larghe intese. Se Civati lo scvorso anno avesse sostenuto la candidatura Renzi, invece di votare Bersani, avrebbe avuto lui stesso molte più possibilità di diventare segretario quest'anno. Ha scelto di fare altro, inspiegabilmente.
I "colpevoli" di averci fatto perdere un anno sono stati ferocemente puniti dall'esito delle primarie di ieri. Una sorta di nemesi, un pentimento collettivo dalle dimensioni imprevedibili li ha detronizzati. Un anno dopo tre milioni di persone sono tornate a votare, alla faccia dei soloni che avevano sentenziato altrimenti e già avevano i commenti pronti per la bassa affluenza. E più di due milioni di elettori democratici hanno urlato quello che vogliono: Renzi leader. Molti lo hanno votato per la prima volta, delusi dalla scelta fatta nel 2012 per Bersani.
Siamo sulla buona strada, finalmente. Un anno dopo.
Il PD era il largo vantaggio in tutti i sondaggi elettorali. Il gruppo dirigente, inebriato dalla certezza della vittoria, non voleva perdere l'occasione di riempire le caselle del futuro governo. Così, dopo la "concessione" di Bersani di primarie contendibili, deliberata dall'assemblea nazionale, si lavorò in maniera certosina sulle regole, per impedire qualunque possibilità di successo a Matteo Renzi. Per i non iscritti il voto alle primarie fu trasformato in una corsa ad ostacoli, in grado di scoraggiare chiunque.
Un processo certamente non inclusivo, che però portò ai risultati auspicati: la vittoria di Bersani e l'annichilimento del rampante Renzi. Ai tempi larga parte del PD trattava Renzi con scherno e disprezzo. Qualcuno lo chiamava "coso". I parlamentari che sostenevano il sindaco di Firenze si contavano con le mani. Per contare i segretari provinciali bastava una mano sola. Al momento di scegliere, anche Pippo Civati votò Bersani.
Ma le cose non andarono come speravano Bersani, D'Alema, Fassina e gli altri del gruppo dirigente. La modestissima campagna elettorale di Bersani (poche idee, giaguari e tacchini) annullò in poche settimane il grande vantaggio del PD. Le elezioni furono vinte per un soffio, che grazie al porcellum consentì però il bonus di deputati. Bersani gestì malissimo l'elezione del presidente della repubblica e inseguì per mesi ipotesi di governo non praticabili, fino a gettare la spugna e lasciare il passo a Letta e alle grandi intese.
Un anno dopo, gli elettori PD hanno dimostrato di avere capito la lezione. Matteo Renzi vince largamente, oltre ogni aspettativa. Il candidato del gruppo dirigente uscente non raggiunge il 20 per cento. Civati, terzo sfidante, naviga sul dieci e qualcosa. I due sconfitti in campagna elettorale hanno continuamente attaccato Renzi. Matteo non ha mai detto una parola contro di loro. Non c'era bisogno, come i numeri di domenica hanno dimostrato.
Nel frattempo però abbiamo perso un anno. E le elezioni, e il governo. Dettagli, insomma. Sarebbe bastato avere permesso lo scorso anno che le primarie si svolgessero con le stesse regole di oggi, che poi sono quelle con cui si erano sempre svolte nei congressi precedenti. Matteo Renzi avrebbe vinto. Magari non così largamente come adesso, ma avrebbe vinto. Con Renzi candidato premier le elezioni sarebbero andate diversamente e non si sarebbe dovuti ricorrere alla extrema ratio delle larghe intese. Se Civati lo scvorso anno avesse sostenuto la candidatura Renzi, invece di votare Bersani, avrebbe avuto lui stesso molte più possibilità di diventare segretario quest'anno. Ha scelto di fare altro, inspiegabilmente.
I "colpevoli" di averci fatto perdere un anno sono stati ferocemente puniti dall'esito delle primarie di ieri. Una sorta di nemesi, un pentimento collettivo dalle dimensioni imprevedibili li ha detronizzati. Un anno dopo tre milioni di persone sono tornate a votare, alla faccia dei soloni che avevano sentenziato altrimenti e già avevano i commenti pronti per la bassa affluenza. E più di due milioni di elettori democratici hanno urlato quello che vogliono: Renzi leader. Molti lo hanno votato per la prima volta, delusi dalla scelta fatta nel 2012 per Bersani.
Siamo sulla buona strada, finalmente. Un anno dopo.
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