Il 1 maggio 2004 l'Unione Europea formalizzava il più importante allargamento della sua storia. Dieci nuove nazioni dell'Europa centro-orientale entravano nella comunità: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Più di 70 milioni di nuovi Europei.
Il decennale dell'allargamento ha sollecitato molte riflessioni. Si è svolta anche una conferenza di alto livello a Vienna il 24-25 aprile. In Italia invece l'evento è stato quasi dimenticato, tra le gite del primo maggio, le polemiche del concertone e il suicidio della Juventus in coppa. Ma l'Europa dopo quel 1 maggio di dieci anni fa è completamente cambiata. In meglio, anche se a qualcuno piace dire il contrario. Dal 2004 per l'Europa l'obiettivo primario è la convergenza, cioè ridurre la forbice tra paesi ricchi e poveri dell'Unione. A questo sono stati destinati in buona parte i fondi strutturali del periodo di programmazione 2007-2013, con risultati importanti. Come sottolinea la BCE ad esempio in Polonia il reddito pro capite del 2013 era il 62 per cento della media europea, rispetto al 30% del 1992. E questo malgrado la crisi economica degli Anni Zero, a cui l'economia europea ha risposto con successo con la cosiddetta Vienna Initiative.
I paesi entrati nel 2004 hanno spesso reagito alla crisi economica molto meglio delle grandi storiche potenze europee (Italia in testa), come nel caso delle repubbliche baltiche. Lo sviluppo e il nuovo benessere, uniti alla libera circolazioni delle merci e dei servizi, hanno aperto nuovi mercati e opportunità. L'Europa calcola che il dinamismo del processo di allargamento ha creato tra il 2002 e il 2008 tre milioni di nuovi posti di lavoro. Gli scambi commerciali con i nuovi paesi membri sono aumentati di cinque volte. Dopo l'allargamento l'Europa è diventato il primo mercato del mondo, con un PIL che nel 2012 era di 13mila miliardi di Euro, pari al 23% dell'economia globale.
Anche gli euroscettici dovrebbero riflettere: grazie all'allargamento la Germania ha raddoppiato le esportazioni verso i nuovi paesi membri e la Gran Bretagna le ha aumentate del 50%. Temi importanti, prospettive di sviluppo e di ulteriore espansione (altri paesi bussano alla porta di Bruxelles) che dovrebbero essere in testa agli argomenti della campagna elettorale per le elezioni europee.
Il decennale dell'allargamento ha sollecitato molte riflessioni. Si è svolta anche una conferenza di alto livello a Vienna il 24-25 aprile. In Italia invece l'evento è stato quasi dimenticato, tra le gite del primo maggio, le polemiche del concertone e il suicidio della Juventus in coppa. Ma l'Europa dopo quel 1 maggio di dieci anni fa è completamente cambiata. In meglio, anche se a qualcuno piace dire il contrario. Dal 2004 per l'Europa l'obiettivo primario è la convergenza, cioè ridurre la forbice tra paesi ricchi e poveri dell'Unione. A questo sono stati destinati in buona parte i fondi strutturali del periodo di programmazione 2007-2013, con risultati importanti. Come sottolinea la BCE ad esempio in Polonia il reddito pro capite del 2013 era il 62 per cento della media europea, rispetto al 30% del 1992. E questo malgrado la crisi economica degli Anni Zero, a cui l'economia europea ha risposto con successo con la cosiddetta Vienna Initiative.
I paesi entrati nel 2004 hanno spesso reagito alla crisi economica molto meglio delle grandi storiche potenze europee (Italia in testa), come nel caso delle repubbliche baltiche. Lo sviluppo e il nuovo benessere, uniti alla libera circolazioni delle merci e dei servizi, hanno aperto nuovi mercati e opportunità. L'Europa calcola che il dinamismo del processo di allargamento ha creato tra il 2002 e il 2008 tre milioni di nuovi posti di lavoro. Gli scambi commerciali con i nuovi paesi membri sono aumentati di cinque volte. Dopo l'allargamento l'Europa è diventato il primo mercato del mondo, con un PIL che nel 2012 era di 13mila miliardi di Euro, pari al 23% dell'economia globale.
Anche gli euroscettici dovrebbero riflettere: grazie all'allargamento la Germania ha raddoppiato le esportazioni verso i nuovi paesi membri e la Gran Bretagna le ha aumentate del 50%. Temi importanti, prospettive di sviluppo e di ulteriore espansione (altri paesi bussano alla porta di Bruxelles) che dovrebbero essere in testa agli argomenti della campagna elettorale per le elezioni europee.
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