Claudio Velardi, che osserva con lucido distacco le vicende di politica italiana, riassume ciò che sta accadendo nel titolo del suo pezzo di oggi: C'è una nuova classe dirigente e non siamo noi.
In misura individualmente diversa, noi gerontocrazia postsessantotto abbiamo lasciato un terreno di gioco disastrato. E oggi la Renzi-generation ci sta giustamente mettendo da parte. Con disinvoltura, con nonchalance. Anche facilmente, senza combattere più di tanto, perché le nostre difese sono esauste, e sotto sotto sappiamo di non farcela più, di non potere fare altro che passare la mano.Velardi, spietato, scrive che:
Solo piccoli gruppi di svogliati passacarte della storia, possono pensare ancora di ragionare in nome dei santi usciti dal paradiso, come Tocci che bacchetta Renzi citando De Gasperi e Calamandreie spiega perché la nuova generazione abbia il diritto di provarci, e magari di sbagliare:
E’ una generazione politica che sta crescendo in una vicenda non solo intestina, ma dentro una rottura epocale dell’ambiente politico e culturale precedente. Noi, cari coetanei, avemmo una grande occasione, ma l’abbiamo persa. Abbiamo voglia a trasformare ora il povero Berlinguer in un’icona pop. Quegli anni, i nostri anni, hanno generato (prevalentemente) estremismi, stagnazioni, terrorismi, pretese palingenetiche, giustizialismi, distruzioni di meritocrazia, diritti acquisiti a gogò. Alla fine, noi (alcuni di noi) ci siamo seduti al tavolo con i garantiti e abbiamo scippato futuro ai figli. Adesso tocca a loro ed a quelli che loro scelgono. In un diverso ecosistema di pensiero e di crescita, che consente loro di sperimentare, fare, sbagliare, stando sempre in movimento e facendo come gli pare.
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