Mancano poche ore all'apertura dei seggi per il referendum sull'indipendenza della Scozia dal Regno Unito. Sostenibilitalia se ne sta occupando parecchio, anche per colmare le lacune dei media italiani, che trattano la notizia con noncuranza e indulgendo sui lati folkloristici, tipo Sean Connery vota sì e David Beckam vota no. Il referendum in realtà ha un peso politico notevole in chiave europea e non a caso la Spagna sta seguendo la vicenda con grande attenzione. A casa nostra neppure la Lega sembra interessata, con Salvini occupato solo a parlare di immigrati agitando spettri e paure, senza cavalcare l'onda.
In Gran Bretagna non ci sono le anacronistiche limitazioni che subiamo in Italia, quindi i sondaggi sul voto si svolgono senza problemi e i risultati possono essere pubblicati fino al giorno delle elezioni. Tutti gli istituti sono concordi nel constatare un forte recupero dei Sì, anche se il No prevarrebbe ancora di qualche punto. C'è poi la grande incognita degli indecisi, che sono valutati un una forbice che va dall'8 al 14 per cento dell'elettorato. E che quindi sarebbero decisivi per l'esito della consultazione.
Molti si chiedono quanto i risultati dei sondaggi siano attendibili. Molto interessante in questo senso l'analisi che fa Jamie Ross per la BBC. Secondo Martin Boom, una sorta di Pagnoncelli inglese, il referendum in Scozia potrebbe essere "una Waterloo dei sondaggi". In un post di stamattina avevo segnalato come la media degli ultimi sei sondaggi dia il Sì al 49 e il No al 51 per cento, al netto degli indecisi (il 1 giugno erano 42 a 58). Si discute molto anche sulle tecniche dei sondaggi. La maggior parte sono svolti online, alcuni per telefono e, dei più recenti, solo uno è stato effettuato con interviste dirette. Secondo gli esperti i sondaggi online danno risposte più attendibili, perché l'anonimato aumenta la sincerità dell'interlocutore nelle risposte. Ma ai sondaggi online rispondono elettori che si sono offerti di partecipare. Vengono selezionati in base a criteri di ceto, età, sesso e così via, ma essendo volontari fanno parte di un gruppo di persone interessate alla politica molto più di un elettore medio (questo referendum rappresenta la prima volta in cui la maggior parte dei sondaggi è stata svolta on line). Al contrario i sondaggi telefonici utilizzano i contatti degli abbonati alla rete fissa: un pubblico generalmente anziano e spesso disattento. In ambedue i casi il campione non sembra essere rappresentativo dell'elettorato.
Ogni sondaggio che interpella mille persone ha un margine di errore statistico del 3% (quindi minore della forbice degli ultimi risultati). Inoltre in questo caso l'analisi e la ponderazione delle risposte è ancora più difficile, perché non esistono precedenti, come nel caso delle classiche elezioni. Si aggiungono altri fattori: qualcuno ricorda che in 12 dei 16 referendum effettuati in Gran Bretagna i sondaggi davano il Sì ad una quota maggiore di quanto siano stati poi i risultati reali. Al contrario altri analisti fanno notare che il referendum sull'indipendenza attira elettori che normalmente non vanno a votare (l'affluenza in Gran Bretagna è generalmente molto bassa) e che questo "missing million", come lo chiama qualcuno, potrebbe sconvolgere i risultati a favore del Sì.
I giochi sono ancora aperti. A Barcellona, a Bilbao, ad Anversa molti osservano con attenzione.
In Gran Bretagna non ci sono le anacronistiche limitazioni che subiamo in Italia, quindi i sondaggi sul voto si svolgono senza problemi e i risultati possono essere pubblicati fino al giorno delle elezioni. Tutti gli istituti sono concordi nel constatare un forte recupero dei Sì, anche se il No prevarrebbe ancora di qualche punto. C'è poi la grande incognita degli indecisi, che sono valutati un una forbice che va dall'8 al 14 per cento dell'elettorato. E che quindi sarebbero decisivi per l'esito della consultazione.
Molti si chiedono quanto i risultati dei sondaggi siano attendibili. Molto interessante in questo senso l'analisi che fa Jamie Ross per la BBC. Secondo Martin Boom, una sorta di Pagnoncelli inglese, il referendum in Scozia potrebbe essere "una Waterloo dei sondaggi". In un post di stamattina avevo segnalato come la media degli ultimi sei sondaggi dia il Sì al 49 e il No al 51 per cento, al netto degli indecisi (il 1 giugno erano 42 a 58). Si discute molto anche sulle tecniche dei sondaggi. La maggior parte sono svolti online, alcuni per telefono e, dei più recenti, solo uno è stato effettuato con interviste dirette. Secondo gli esperti i sondaggi online danno risposte più attendibili, perché l'anonimato aumenta la sincerità dell'interlocutore nelle risposte. Ma ai sondaggi online rispondono elettori che si sono offerti di partecipare. Vengono selezionati in base a criteri di ceto, età, sesso e così via, ma essendo volontari fanno parte di un gruppo di persone interessate alla politica molto più di un elettore medio (questo referendum rappresenta la prima volta in cui la maggior parte dei sondaggi è stata svolta on line). Al contrario i sondaggi telefonici utilizzano i contatti degli abbonati alla rete fissa: un pubblico generalmente anziano e spesso disattento. In ambedue i casi il campione non sembra essere rappresentativo dell'elettorato.
Ogni sondaggio che interpella mille persone ha un margine di errore statistico del 3% (quindi minore della forbice degli ultimi risultati). Inoltre in questo caso l'analisi e la ponderazione delle risposte è ancora più difficile, perché non esistono precedenti, come nel caso delle classiche elezioni. Si aggiungono altri fattori: qualcuno ricorda che in 12 dei 16 referendum effettuati in Gran Bretagna i sondaggi davano il Sì ad una quota maggiore di quanto siano stati poi i risultati reali. Al contrario altri analisti fanno notare che il referendum sull'indipendenza attira elettori che normalmente non vanno a votare (l'affluenza in Gran Bretagna è generalmente molto bassa) e che questo "missing million", come lo chiama qualcuno, potrebbe sconvolgere i risultati a favore del Sì.
I giochi sono ancora aperti. A Barcellona, a Bilbao, ad Anversa molti osservano con attenzione.
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