I detrattori di Matteo Renzi hanno lamentato a lungo l'eccesso di lusinghe che l'ex sindaco di Firenze riceveva dalla stampa e dalle televisioni. Da qualche tempo la tendenza si è invertita, particolarmente nelle testate più accreditate. Il vegliardo Scalfari occupa stabilmente da settimane il suo tradizionale editoriale della domenica con elucubrazioni antirenziane. Lucia Annunziata maltratta regolarmente il premier sull'Huffington Post, che dirige. Oggi anche Ferruccio De Bortoli inaugura la nuova veste grafica de Il Corriere della Sera con un editoriale il cui incipit è "Devo essere sincero: Renzi non mi convince" e che prosegue con toni piuttosto critici, fino a parlare anche di "stantio odore di massoneria".
Quella che gli analisti politici chiamano luna di miele sembra essere terminata. La stampa che conta non scrive più lettere d'amore al premier, e questo soddisferà tutti coloro che si lamentavano per le eccessive concessioni dei due grandi gruppi editoriali italiani (HuffPost è edito in Italia da L'Espresso, come Repubblica).
In tutte queste critiche, molte circostanziate, alcune condivisibili, trapela però un senso di irritazione che va al di là delle singole azioni o parole di Renzi. La sensazione è che il premier fiorentino sia considerato un usurpatore, un soggetto che non dovrebbe occupare il posto dove è. Una persona che non risponde e non corrisponde, un ingombrante eccezione alla regola. Che, se vogliamo, è lo stesso motivo che coalizza contro Renzi tutte le minoranze del Partito Democratico. Nessuno avrebbe creduto che figure politicamente così antitetiche come Bindi e Fassina o come Fioroni e Civati potessero trovare un minimo comune denominatore nell'avversione a Matteo. Eppure stanno lavorando ad un piano di azione comune, ed è chiaro che il Jobs Act e l'articolo 18 sono solo un pretesto, il vero obiettivo è levarsi di torno la "ingombrante eccezione".
Tutto questo è spiegato molto bene oggi in una riflessione di Luca Sofri, che di Renzi è stato sempre un attento osservatore ma certo non un fan esasperato. "Sofri quello giovane", come si autodefiniva qualche tempo fa, percepisce una diffusa insofferenza ai modi e ai toni renziani. Perché in questo Renzi ha davvero cambiato verso: nelle modalità e nelle tonalità. “Il potere che conosco e con cui andavo a pranzo non esiste più: ne è arrivato un altro che non si sa ancora se sia meglio o peggio, ma quello che è chiaro è che non ci vado più a pranzo, parla altre lingue, e ne sto perdendo la comprensione e la familiarità” - scrive Luca Sofri mettendo queste parole in bocca ai grandi registi del palcoscenico chiamato Italia. Ed è evidente che questo cambio di scenario disturba gli Scalfari, i De Bortoli e gli altri personaggi abituati a frequentare le cabine di regia, o ad essere perlomeno i primi informati dei fatti.
Tutto questo non toglie valore agli appunti e alle critiche mosse a Renzi, ma certo le vela con un filtro di irritato rancore che traspare chiaramente e che va oltre i temi e le strategie in discussione. Renzi resta un usurpatore, un fortunello non abbastanza iniziato, uno sgarbato e irrituale nuovo inquilino delle stanze del potere. Questo shift nella comunicazione giornalistica è un momento molto interessante. Ed è anche un banco di prova per testare se "il lato oscuro della forza", come lo chiama Sofri, è ancora cosi potente.
Quella che gli analisti politici chiamano luna di miele sembra essere terminata. La stampa che conta non scrive più lettere d'amore al premier, e questo soddisferà tutti coloro che si lamentavano per le eccessive concessioni dei due grandi gruppi editoriali italiani (HuffPost è edito in Italia da L'Espresso, come Repubblica).
In tutte queste critiche, molte circostanziate, alcune condivisibili, trapela però un senso di irritazione che va al di là delle singole azioni o parole di Renzi. La sensazione è che il premier fiorentino sia considerato un usurpatore, un soggetto che non dovrebbe occupare il posto dove è. Una persona che non risponde e non corrisponde, un ingombrante eccezione alla regola. Che, se vogliamo, è lo stesso motivo che coalizza contro Renzi tutte le minoranze del Partito Democratico. Nessuno avrebbe creduto che figure politicamente così antitetiche come Bindi e Fassina o come Fioroni e Civati potessero trovare un minimo comune denominatore nell'avversione a Matteo. Eppure stanno lavorando ad un piano di azione comune, ed è chiaro che il Jobs Act e l'articolo 18 sono solo un pretesto, il vero obiettivo è levarsi di torno la "ingombrante eccezione".
Tutto questo è spiegato molto bene oggi in una riflessione di Luca Sofri, che di Renzi è stato sempre un attento osservatore ma certo non un fan esasperato. "Sofri quello giovane", come si autodefiniva qualche tempo fa, percepisce una diffusa insofferenza ai modi e ai toni renziani. Perché in questo Renzi ha davvero cambiato verso: nelle modalità e nelle tonalità. “Il potere che conosco e con cui andavo a pranzo non esiste più: ne è arrivato un altro che non si sa ancora se sia meglio o peggio, ma quello che è chiaro è che non ci vado più a pranzo, parla altre lingue, e ne sto perdendo la comprensione e la familiarità” - scrive Luca Sofri mettendo queste parole in bocca ai grandi registi del palcoscenico chiamato Italia. Ed è evidente che questo cambio di scenario disturba gli Scalfari, i De Bortoli e gli altri personaggi abituati a frequentare le cabine di regia, o ad essere perlomeno i primi informati dei fatti.
Tutto questo non toglie valore agli appunti e alle critiche mosse a Renzi, ma certo le vela con un filtro di irritato rancore che traspare chiaramente e che va oltre i temi e le strategie in discussione. Renzi resta un usurpatore, un fortunello non abbastanza iniziato, uno sgarbato e irrituale nuovo inquilino delle stanze del potere. Questo shift nella comunicazione giornalistica è un momento molto interessante. Ed è anche un banco di prova per testare se "il lato oscuro della forza", come lo chiama Sofri, è ancora cosi potente.
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