La Leopolda è un luogo molto accogliente. Intanto perché è un bel posto e facile da raggiungere. Poi perché è molto bene allestita e organizzata: personale cortese, spazi molto grandi ma non vuoti, luci giuste, musica buona (anche se quest'anno ho notato che pompava più del solito). La Leopolda ti mette a tuo agio, non è come l'assemblea nazionale del PD o il congresso del sindacato, dove a seconda del ruolo ci si sente o isolati o troppo inquadrati. Infatti alla Leopolda ci si va volentieri anche da soli, perché non ci si sente soli. La Leopolda poi è piena di belle ragazze e bei ragazzi, smentendo la triste tradizione che vole che in politica si impegnino solo gli sfigati e i dropout, o quasi.
La Leopolda è la creatura allevata con cure amorevoli da Matteo Renzi e dai suoi fidati. Ovvio che sia la passerella di Matteo, il suo luogo prediletto, l'incubatore della "scalata al PD", come l'ha definita lui ieri nel discorso di introduzione. La Leopolda 5 però è la prima che Renzi ha organizzato da leader, sia del partito che del paese. La Leopolda 4 si era svolta in piena campagna elettorale per le primarie, con Matteo ancora sindaco di Firenze e in piena scalata. Quest'anno le cose sono molto diverse, e necessariamente più complicate. Cambiano anche i ruoli: non si può più chiedere, adesso si governa e si decide, è il momento di dare.
La Leopolda 5 quindi è la prima Leopolda di governo. Alcuni degli abituali frequentatori adesso sono ministri o sottosegretari, altri sono a Bruxelles al parlamento europeo. La nuova classe dirigente si sta insediando in un processo che non è reversibile, con buona pace dei rottamati. Che le cose siano cambiate lo ha detto venerdì lo stesso Renzi: "Gli anni passati venivo qui in bici e oggi sono arrivato dal Consiglio Europeo di Bruxeles con il volo di stato". Chiariamo le cose: Renzi non se la tira, anzi. Il nuovo status, gli obblighi della security e il resto del protocollo probabilemnte lo disturbano. Sul palco della Leopolda è lo stesso degli anni passati e per lui questa è l'occasione di godersi una informalità ormai quasi preclusa.
Sul piano dei contenuti la Leopolda 5 è partita venerdì sera con l'introduzione di Renzi e una serie di interventi da pochi minuti, come vuole il format tradizionale. Quest'anno al tavolo sul palco c'erano Lorenza Bonaccorsi, Luigi Famiglietti, Silvia Fregolent e Edoardo Fanucci. La conduzione però non è sembrata troppo brillante e Renzi non ha potuto fare a meno di riprendere le redini in prima persona. Rispetto alle scorse edizioni gli interventi sono stati pochi, perché la giornata di sabato è stata dedicata a discussioni tematiche con 50 tavoli paralleli, dove gente comune si confrontava con ministri, parlamentari, sindaci ed esperti. Una bella occasione dialettica e un momento da ricordare e raccontare per chi vi ha partecipato, ma poco utile perché una sintesi politica di cinquanta discussioni è ovviamente impossibile. I tavoli di lavoro sono strati inframezzati dalle testimonianze di una serie di imprenditori e manager, sul tema de "il lavoro non si difende, si crea".
La sensazione è che tutto sia troppo mainstream, con il rischio di ridurre un evento dalle caratteristiche straordinarie alla inutile consacrazione di una leadership ormai acquisita. Chi scrive è comvinto che l'avvento di Renzi rappresenti la più importante novità politica del secolo e che senza di lui il PD sarebbe stato condannato a un declino inesorabile. Proprio per dimostrare la disponibilità e la capacità del premier una maggiore dialettica sarebbe stata utile. Una interlocuzione su temi pressanti e cruciali gestita su una base "Va bene Matteo, però... Penso ad argomenti come i diritti civili, i risvolti ambientali dello Sblocca Italia, la riforma della scuola e gli altri grandi temi su cui il governo vuole intervenire. Questo alla Leopolda 5 non c'è stato e certo non potrà esserci nella giornata finale di domenica, tradizionalmente destinata agli interventi di rango e alle conclusioni di Renzi.
La Leopolda è un appuntamento imperdibile e di certo ci tornerò anche il prossimo anno. Resta uno straordinario laboratorio di innovazione politica. Il paragone di oggi con la manifestazione della Cgil a Roma era impietoso, con la gente felice di sfilare cantando canzoni partigiane di settanta anni fa, in nome della conservazione ad ogni costo. A Matteo Renzi e al suo staff consiglierei però di evitare l'elogio incondizionato di se stessi creando piuttosto occasioni di confronto con interlocutori anche critici, anche perché nei confronti diretti Matteo se la cava benissimo. Questo permetterebbe di lasciare ai tanti presenti il beneficio di qualche dubbio e smonterebbe molte delle critiche degli oppositori del premier e della sua guida del PD.
La Leopolda è la creatura allevata con cure amorevoli da Matteo Renzi e dai suoi fidati. Ovvio che sia la passerella di Matteo, il suo luogo prediletto, l'incubatore della "scalata al PD", come l'ha definita lui ieri nel discorso di introduzione. La Leopolda 5 però è la prima che Renzi ha organizzato da leader, sia del partito che del paese. La Leopolda 4 si era svolta in piena campagna elettorale per le primarie, con Matteo ancora sindaco di Firenze e in piena scalata. Quest'anno le cose sono molto diverse, e necessariamente più complicate. Cambiano anche i ruoli: non si può più chiedere, adesso si governa e si decide, è il momento di dare.
La Leopolda 5 quindi è la prima Leopolda di governo. Alcuni degli abituali frequentatori adesso sono ministri o sottosegretari, altri sono a Bruxelles al parlamento europeo. La nuova classe dirigente si sta insediando in un processo che non è reversibile, con buona pace dei rottamati. Che le cose siano cambiate lo ha detto venerdì lo stesso Renzi: "Gli anni passati venivo qui in bici e oggi sono arrivato dal Consiglio Europeo di Bruxeles con il volo di stato". Chiariamo le cose: Renzi non se la tira, anzi. Il nuovo status, gli obblighi della security e il resto del protocollo probabilemnte lo disturbano. Sul palco della Leopolda è lo stesso degli anni passati e per lui questa è l'occasione di godersi una informalità ormai quasi preclusa.
Sul piano dei contenuti la Leopolda 5 è partita venerdì sera con l'introduzione di Renzi e una serie di interventi da pochi minuti, come vuole il format tradizionale. Quest'anno al tavolo sul palco c'erano Lorenza Bonaccorsi, Luigi Famiglietti, Silvia Fregolent e Edoardo Fanucci. La conduzione però non è sembrata troppo brillante e Renzi non ha potuto fare a meno di riprendere le redini in prima persona. Rispetto alle scorse edizioni gli interventi sono stati pochi, perché la giornata di sabato è stata dedicata a discussioni tematiche con 50 tavoli paralleli, dove gente comune si confrontava con ministri, parlamentari, sindaci ed esperti. Una bella occasione dialettica e un momento da ricordare e raccontare per chi vi ha partecipato, ma poco utile perché una sintesi politica di cinquanta discussioni è ovviamente impossibile. I tavoli di lavoro sono strati inframezzati dalle testimonianze di una serie di imprenditori e manager, sul tema de "il lavoro non si difende, si crea".
La sensazione è che tutto sia troppo mainstream, con il rischio di ridurre un evento dalle caratteristiche straordinarie alla inutile consacrazione di una leadership ormai acquisita. Chi scrive è comvinto che l'avvento di Renzi rappresenti la più importante novità politica del secolo e che senza di lui il PD sarebbe stato condannato a un declino inesorabile. Proprio per dimostrare la disponibilità e la capacità del premier una maggiore dialettica sarebbe stata utile. Una interlocuzione su temi pressanti e cruciali gestita su una base "Va bene Matteo, però... Penso ad argomenti come i diritti civili, i risvolti ambientali dello Sblocca Italia, la riforma della scuola e gli altri grandi temi su cui il governo vuole intervenire. Questo alla Leopolda 5 non c'è stato e certo non potrà esserci nella giornata finale di domenica, tradizionalmente destinata agli interventi di rango e alle conclusioni di Renzi.
La Leopolda è un appuntamento imperdibile e di certo ci tornerò anche il prossimo anno. Resta uno straordinario laboratorio di innovazione politica. Il paragone di oggi con la manifestazione della Cgil a Roma era impietoso, con la gente felice di sfilare cantando canzoni partigiane di settanta anni fa, in nome della conservazione ad ogni costo. A Matteo Renzi e al suo staff consiglierei però di evitare l'elogio incondizionato di se stessi creando piuttosto occasioni di confronto con interlocutori anche critici, anche perché nei confronti diretti Matteo se la cava benissimo. Questo permetterebbe di lasciare ai tanti presenti il beneficio di qualche dubbio e smonterebbe molte delle critiche degli oppositori del premier e della sua guida del PD.
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