Ieri il Consiglio dei Ministri ha deciso di ridurre le Autorità Portuali da 24 a 15. Le superstiti sono, in senso antiorario: Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Cagliari, Napoli, Palermo,
Augusta, Gioia Tauro, Taranto, Bari, Ancona, Ravenna, Venezia e Trieste. Le nove cancellate sono Savona, Carrara, Piombino, Salerno, Olbia, Messina, Catania, Brindisi e Manfredonia, che saranno accorpate a una delle quindici.
La riforma modifica il dispositivo della legge 84 del 1994, che istituiva le Autorità Portuali. Una legge datata e obsoleta, da anni in predicato di essere aggiornata. Le modifiche non riguardano solo la nuova "zonizzazione" dei porti italiani ma interessano la bizantina burocrazia portuale, dove una interminabile serie di autorizzazioni sarà sostituita da due front office, uno doganale e uno amministrativo.
Abolito anche il Comitato Portuale, l'elefantiaco organo direttivo delle Autorità, che sarà sostituito con un comitato di gestione. Modifica necessaria: basti dire che secondo i dettami della legge 84/94 nell'attuale Comitato Portuale dovevano essere presenti ben sei delegati dei lavoratori portuali, di cui uno in rappresentanza dello sparuto numero di dipendenti della stessa Autorità Portuale. Solo un rappresentante a testa invece per Comune, Provincia e Regione sedi del porto.
Le nuove Autorità di Sistema governeranno non solo le nove Autorità Portuali soppresse, ma 54 porti definiti di rilevanza nazionale. L'Autorità di Ancona ad esempio avrà giurisdizione anche su Pesaro, Falconara, San Benedetto del Tronto, Pescara e Ortona.
Il mondo della portualità è un universo storicamente incrostato di potentati, di rendite di posizione, di gerarchie e di diritti acquisiti. Ma è anche un settore cruciale per l'economia nazionale e per una strategia di sviluppo sostenibile e di crescita economica. La riforma varata dal governo è molto importante e modifica radicalmente le attuali condizioni. Sarà essenziale verificare la corretta applicazione delle nuove norme e garantire la tutela e lo sviluppo degli scali minori.
La riforma modifica il dispositivo della legge 84 del 1994, che istituiva le Autorità Portuali. Una legge datata e obsoleta, da anni in predicato di essere aggiornata. Le modifiche non riguardano solo la nuova "zonizzazione" dei porti italiani ma interessano la bizantina burocrazia portuale, dove una interminabile serie di autorizzazioni sarà sostituita da due front office, uno doganale e uno amministrativo.
Abolito anche il Comitato Portuale, l'elefantiaco organo direttivo delle Autorità, che sarà sostituito con un comitato di gestione. Modifica necessaria: basti dire che secondo i dettami della legge 84/94 nell'attuale Comitato Portuale dovevano essere presenti ben sei delegati dei lavoratori portuali, di cui uno in rappresentanza dello sparuto numero di dipendenti della stessa Autorità Portuale. Solo un rappresentante a testa invece per Comune, Provincia e Regione sedi del porto.
Le nuove Autorità di Sistema governeranno non solo le nove Autorità Portuali soppresse, ma 54 porti definiti di rilevanza nazionale. L'Autorità di Ancona ad esempio avrà giurisdizione anche su Pesaro, Falconara, San Benedetto del Tronto, Pescara e Ortona.
Il mondo della portualità è un universo storicamente incrostato di potentati, di rendite di posizione, di gerarchie e di diritti acquisiti. Ma è anche un settore cruciale per l'economia nazionale e per una strategia di sviluppo sostenibile e di crescita economica. La riforma varata dal governo è molto importante e modifica radicalmente le attuali condizioni. Sarà essenziale verificare la corretta applicazione delle nuove norme e garantire la tutela e lo sviluppo degli scali minori.
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