giovedì 14 aprile 2016

Altro che piattaforme di metano, altro che referendum

Mentre gli ambientalisti tipo Brunetta e Salvini (!) spingono a votare Sì al referendum sulla durata delle concessioni estrattive di domenica 17 aprile, tutti quelli che sostengono il referendum, anche coloro che lo fanno in buona fede, continuano con una becera campagna in cui si parla ad esempio di maree nere in Adriatico, dove non c'è alcun pozzo di petrolio. Nessuno. Zero, solo gas.
La campagna per il Sì agita spettri di mare minacciato (da estrazioni che vanno avanti da decenni), di pericoli ecologici, di turismo compromesso. Scenari apocalittci quanto falsi.
In realtà in Adriatico una minaccia c'è davvero, ma non sono le piattaforme metanifere. E la minaccia non è oggetto del referendum, né gli ecologisti veri o presunti ne parlano. Sono le petroliere che attraversano l'Adriatico per raggiungere il terminal petrolifero franco di Trieste e scaricare il greggo alla SIOT (Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino), che gestisce dal 1964 il terminal più grande di tutto il Mediterraneo.
Al terminal di Trieste dell’oleodotto transalpino attraccano ogni anno più di 500 navi (in pratica 3 ogni due giorni) che sbarcano 41,5 milioni di tonnellate di greggio (il 75 per cento del traffico del porto di Trieste), assicurando il 90 per cento del fabbisogno dell’Austria, il 40 per cento della Germania e il 50 per cento della Repubblica Ceca. Sono numeri enormi e in crescita costante, che per Trieste vogliono dire quasi sette milioni di Euro di sole tasse portuali.
La concessione portuale alla SIOT scade nel 2065, tra 49 anni. A Gennaio 2016 a Trieste è arrivata anche la prima petroliera che trasportava greggio dagli USA, una nuova rotta aperta dopo lo sblocco delle esportazioni del petrolio americano.
Su una quantitè cosi grande di greggio, con più di 500 petroliere che solcano l'Adriatico da Santa Maria di Leuca a Trieste, un rischio di incidente  ha una sua concretezza. Ma nessuno ne parla. Chissà perché.

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