mercoledì 13 aprile 2016

Il pesce rosso e il referendum del 17 aprile

Quello di domenica 17 aprile è il primo referendum dell'era social. I referendum del 2011 su nucleare e acqua pubblica avevano avuto buona risonanza anche in rete, ma il fenomeno dei social network non era ancora scoppiato nella sua interezza e soprattutto facebook non era la plaza de toros che è oggi.
Mancano pochi giorni alla consultazione e si può ormai dire che la comunicazione social del referendum di domenica 17 aprile è stata pessima. A cominciare dallo slogan "no alle trivelle", visto che il referendum non si occupa di trivellazioni, già vietate da una legge del 2006, ma della proroga delle concessioni di estrazione già in essere. Eppure per molti, in particolare per quasi tutti i sostenitori del referendum, domenica si voterà per "fermare le trivellazioni", che è assolutamente falso.
La campagna social del Sì è ovviamente costruita su immagini evocative, come quella qui sopra dei grillisti dove c'è una piattaforma in fiamme (in Italia non c'è mai stato un incidente rilevante nelle piattaforme di estrazione di idrocarburi). In altri banner ci sono immagini di tramonti sul mare con frasi tipo "non permettiamo di cambiare questo spettacolo", anche se il referendum non cambia nulla, perché non riguarda la possibilità di realizzare nuovi impianti.
Al di là di come uno la pensi, colpisce la sciatteria di molti messaggi. Come quello qui sotto, diffuso dall'ENPA, il glorioso Ente Nazionale Protezione Animali. Il protagonista è un pesce, che dice "Questa volta non resto muto". L'idea sarebbe anche carina. Solo che il pesce fotografato è un Carassius Auratus. Un pesce rosso di acqua dolce, di quelli che si comprano nei negozi di animali.
Epic fail.

 

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