martedì 14 giugno 2016

Pippo Civati, che brutta fine

In una intervista pubblicata ieri sul sito di Repubblica Pippo Civati dice, parlando in prima persona plurale, che ai ballottaggi "diamo libera scelta". E' la triste constatazione della deriva di un personaggio che solo pochi anni fa sembrava una delle novità più interessanti della scena politica italiana. Eletto in parlamento con il PD, candidatosi alla segreteria nazionale arrivando terzo e ultimo, Pippo è uscito dal partito nel 2014 e ha fondato un suo movimento antagonista. Uno dei principi fondanti del gruppetto di adepti è "mai con il PD". Infatti Possibile, cosi si chiama il fan club di Civati, nelle città dove è presente ha appoggiato candidati alternativi, quasi sempre in tandem con Rifondazione Comunista, che - diciamolo - non è esattamente un progetto politico freschissimo.
A parte Napoli, dove Civati si è speso per De Magistris, è andata male praticamente dappertutto. A volte malissimo come a Torino, dove Possibile presentava una lista a sostegno di Giorgio Airaudo e ha raccolto un imbarazzante 0.62 per cento, le famose percentuali da prefisso telefonico.
Civati, da giovane brillante consigliere regionale lombardo, si era affacciato alla scena politica nazionale con un blog arguto e molto seguito, poi aveva appoggiato Ignazio Marino alle primarie per la segreteria nazionale, quindi si era unito a Matteo Renzi per la prima Leopolda. Da allora è iniziato il percorso di opposizione, prima a capo della minoranza della minoranza (non è una ripetizione) all'interno del PD, poi maturando la scelta di andarsene per fondare una propria formazione, di cui ovviamente è il segretario e ideologo.
Le proposte del primo Civati erano interessanti e stimolavano una partecipazione attiva ai suoi incontri. Lo avevano seguito in molti, compreso chi scrive. Con il passare del tempo quasi tutti lo hanno abbandonato, compreso ancora una volta chi scrive. E chi non resta nel fan club viene immediatamente ostracizzato. Filippo Taddei, una volta portato in palmo di mano come economista civatiano di riferimento, è passato nella lista nera appena ha accettato l'incarico di responsabile economico del PD. Massimo Zedda, prima osannato sindaco vendoliano di Cagliari, ha subìto la fatwa quando ha dichiarato di volersi ricandidare in coalizione con il PD (e ha vinto al primo turno). Carlo Monguzzi, prima collega di Pippo in regione Lombardia poi consigliere comunale di riferimento a Milano, non viene più nominato perché si è ricandidato con il PD. E cosi via.
Il giorno dopo le elezioni europee Civati, allora ancora nel PD, esultava dicendo "abbiamo eletto quattro europarlamentari". Solo che poi tre di questi hanno coerentemente mantenuto il PD come riferimento, e anche loro sono stati depennati per sempre.
Con Civati resta un gruppo di agguerriti e fedelissimi fan, molto attivi sui social ma quasi invisibili nella vita reale: la pasionaria europarlamentare di Bologna, la pasionaria deputata che vive dalle mie parti, l'iracondo coordinatore politico del fan club e qualche altro affezionatissimo. Costoro manifestano quotidianamente la loro dedizione ripostando compulsivamente ogni dichiarazione o intervista del segretario. Ognuno sceglie le proprie passioni.
Ma quando Pippo scrive "diamo libera scelta" dimostra ancora una volta il suo livore, il revanscismo infantile, la mancanza di lucidità. Perché uno che non vota in Parlamento la legge sulle unioni civili dicendo che "non è abbastanza" non può lasciare libera scelta quando ai ballottaggi ci sono candidati omofobi o xenofobi come a Trieste o a Bologna. Perché quando a Milano Parisi difende la "famiglia naturale" dicendo che Pisapia ha "favorito i diversi" non si può non scegliere Sala. Perché non si possono tollerare candidate grilliste come Appendino e Raggi che sui diritti civili non aprono bocca, per non perdere i voti della destra conservatrice.
Sempre che uno abbia dei principi, degli ideali. Purtroppo, a quanto pare, Pippo Civati ormai coltiva solo rancori.

1 commento:

  1. …e chissà mai se ne ha avuto uno di ideale sincero. Ha fregato pure me.

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