mercoledì 9 novembre 2016

Altro che Sanders, ci voleva Michael Bloomberg

Quando esamino i dati, per me è chiaro che se mi candidassi non potrei vincere. Credo che potrei avere la meglio in diversi stati, ma non abbastanza per raggiungere i 270 grandi elettori necessari per la presidenza. In una corsa a tre, è improbabile che un candidato riesca a raggiungere la maggioranza assoluta dei voti, e il potere di scelta del presidente passerebbe dal popolo americano al Congresso.  Quindi, anche se io ricevessi più voti degli altri, la vittoria sarebbe estremamente improbabile, perché la grande parte dei membri del congresso voterebbe per il candidato del proprio partito.
Questo scriveva Michael Bloomberg in un intervento dal titolo Il rischio che non prenderò pubblicato il 7 marzo 2016. E probabilmente aveva ragione. Solo che aggiungeva:
Per come è oggi la corsa alla presidenza, ci sono buone probabilità che una mia candidatura porterebbe all'elezione alla Casa Bianca di Donald Trump o Ted Cruz. Un rischio che non mi posso permettere. Ho conosciuto in circostanze casuali Donald Trump per molti anni (...)  Ma sta conducendo la campagna elettorale più demagogica e divisiva che ricordi, puntando ai pregiudizi e alle paure della gente (...) Trump fa appello ai nostri impulsi peggiori.
E ancora:
Non possiamo "far tornare grande l'America" voltando le spalle ai valori che ci hanno reso la più grande nazione del mondo. Amo troppo il nostro paese per giocare un ruolo nell'eleggere un candidato che indebolirebbe la nostra unità e renderebbe oscuro il nostro futuro - quindi non mi candiderò alla presidenza degli Stati Uniti.
Questo succedeva otto mesi fa. Rileggendo oggi queste parole - peraltro sagge - forse Micheal Bloomberg avrebbe potuto essere l'unico in grado di frenare l'incredibile ascesa di Donald Trump. Se si fosse candidato avrebbe avuto un buon successo elettorale e né Trump né Clinton avrebbero raggiunto i voti elettorali necessari. La parola sarebbe passata al Congresso, dove certamente alcuni repubblicani avrebbero preferito lui a Trump, tra gli eletti al Congresso molti sono apertamente ostili a Trump. Forse anche alcuni democratici avrebbero fatto sponda. La partita sarebbe stata aperta. Non è andata così.

Nella foto sotto: Michael Bloomberg e Donald Trump nel 2003, nel primo dei tre mandati di Bloomberg come sindaco di New York



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