"Il voto 7,5 viene assolutamente confermato
per una giunta che non molla mai. Con un po' di onestà e di
incoraggiamento, bisogna riconoscere il lavoro fatto. Stiamo portando
avanti un cambiamento profondo e ci vuole il tempo che ci vuole".
Secondo gli ultimi dati di WHO-OMS le vittime dell'epidemia di colera in Yemen sono 1146. Solo nell'ultima settimana si sono registrati 187 morti e 38.000 casi sospetti. Dalla fine di aprile, data di inzio dell'epidemia, i casi sono 167mila.
Oggi la Commissione Europea ha diffuso i dati 2017 sull'innovazione. Nel ranking 2016 al primo posto si conferma la Svezia, seguita da Danimarca, Finlandia, Olanda, Gran Bretagna e Germania. I progressi maggiori rispetto al 2015 sono stati registrati da Lituania, Malta, Olanda, Austria e Gran Bretagna. Su scala regionale primeggia sempre la Svezia con la regione di Stoccolma, segue Hovedstaden, la regione di Copenhagen in Danimarca, poi South East in UK.
Come si vede nella scala cromatica della cartina qui sopra l'Italia è tra i paesi di "moderata" innovazione. Siamo sotto la media UE e peggio di noi ci sono solo Grecia, Cipro e i paesi dell'Est Europa. Per la cronaca prima ancora della Svezia c'è la Svizzera, con largo distacco (l'indagine valuta anche i paesi extra UE). Il dossier in pdf è scaricabile a questo link.
Oggi è la Giornata Mondiale dei Profughi, World Refugee Day, che si celebra dal 2001. Nel mondo venti persone al minuto fuggono da guerre, persecuzioni e terrore.
Stamattina a Bruxelles si è riunito il Consiglio Affari Generali dell'Unione Europea che ha adottato il programma per i 18 mesi dal 1 luglio 2017 al 31 dicembre 2018 (qui il documento). Nel periodo le tre presidenze di turno del Consiglio Europeo saranno nell'ordine Estonia, Bulgaria e Austria.
Eurostat ha pubblicato i dati sul numero di auto circolanti in Europa. Dopo i piccoli Lussemburgo e Malta al terzo posto c'è l'Italia, con 610 automobili per mille abitanti (dati 2014).
In Europa ogni anno 1.4 milioni di persone muoiono a causa di rischi ambientali. Si tratta del 15% dei decessi totali e circa la metà sono causati dall'inquinamento dell'aria, sia in ambiente domestico (uso di combustibili solidi per riscaldamento e cucina, scarso ricambio d'aria, fumo passivo) che esterno (trasporti, industria, produzione di energia). Altri fattori di rischio sono l'inquinamento chimico, il rumore, la mancata depurazione delle acque, le malattie professionali. Nella civile Europa oggi muoiono 14 persone al giorno per dissenteria causata da acque inquinate. In Europa, non in Africa.
I dati sono stati diffusi da WHO/OMS in occasione della Sesta Conferenza Ministeriale su Ambiente e Salute che si chiude oggi a Ostrava, in Repubblica Ceca. La precedente quinta conferenza si era svolta a Parma nel 2010.
Entro il 2030 l'ottanta per cento della popolazione europea vivrà nelle città. WHO/OMS ha pubblicato un nuovo rapporto: Environment and health for European cities in the 21st century: making a difference. La pubblicazione è scaricabile a questo link.
Si chiama Daniele Barresi, ha 26 anni ed è di Bagnara Calabra (RC). La sua arte è intagliare frutta e verdura. Gli basta un coltello affilato e poco tempo, l'avocado qui sopra lo ha scolpito in un'ora. Sulla sua pagina Instagram si vedono cose incredibili. Quella sotto è un'anguria.
Il G7 sull'ambiente di Bologna si è concluso in modo apparentemente indolore, con una dichiarazione approvata all'unanimità (qui il testo ufficiale). Al di là della facciata però una postilla imposta dagli Stati Uniti chiarisce le distanze con l'amministrazione Trump: "Noi, gli Stati Uniti, (...) non aderiamo alle parti del comunicato sul clima e le MDB (banche multilaterali di
sviluppo), in conseguenza del nostro recente annuncio di recedere e
cessare immediatamente l'attuazione dell'Accordo di Parigi e gli
impegni finanziari associati". La postilla si riferisce al paragrafo 7 del documento, nel quale Germania, Francia, Regno Unito, Italia, Canada, Giappone e Unione Europea riaffermano l'impegno per l'attuazione dell'Accordo di Parigi. Nel paragrafo successivo gli stessi paesi ribadiscono che l'accordo è irreversibile e non negoziabile. anche in questo caso non compaiono gli Stati Uniti. Che i sei paesi abbiano confermato l'unità di intenti sul clima è una buona notizia, anche se scontata. Ma il passo indietro dell'amministrazione Trump è confermato e non riguarda solo le azioni americane per la riduzione delle proprie emissioni, che saranno gestite in autonomia e non nel quadro dell'Accordo di Parigi, ma anche la mancata partecipazione degli USA al fondo destinato ai paesi in via di sviluppo, che secondo l'Accordo di
Parigi dovrebbe raggiungere i cento miliardi di dollari entro il 2020.
Questa è la scheda delle elezioni comunali di Taranto. Ci sono 37 simboli elettorali e le liste civiche sono almeno venticinque, oltre a quelle dei candidati sindaci minori. A La Spezia le liste civiche erano 15, a Lecce 14. Ad Asti 13, a Verona, Padova, Lucca e Pistoia 12. Dodici liste civiche anche a Civitanova Marche (MC), città di 40mila abitanti. Ad Ortona (CH), 23mila abitanti, le liste civiche sono quattordici.
Quale analisi politica del voto si può fare con questi schieramenti? L'unico dato comparabile è quello del M5S, che come sempre balla da solo. Gli altri partiti nazionali escono tutti fortemente depotenziati dalla presenza di una miriade di liste con nomi e simboli stravaganti, più o meno collegabili ad aree politiche definite. Il fenomeno è tutto italiano e la proliferazione delle liste civiche non accenna a diminuire.
Il voto locale si è polverizzato, ha perso anche la dimensione del campanile. Siamo scesi alla scala delle parrocchie o delle bocciofile.
La comunicazione social scelta dalla CGIL per la manifestazione del 17 giugno contro le politiche del lavoro del Governo è incomprensibile. La maggior parte degli iscritti alla CGIL, quasi tre milioni, è composta da pensionati, con una età media sopra i 73 anni. Più o meno arzilli, più o meno allegri.
Questo slogan (oggi si chiama hashtag) #nonFateiBuoni non sembra adattarsi a teste canute, facce rugose e gambe fragili. Nelle immagini social della CGIL però appaiono solo ragazze e ragazzi, che tra gli iscritti al sindacato sono una esigua minoranza. #nonFateiBuoni non raggiunge comunque le vette inarrivabili di #tutogliioincludo del 2014.
Nello Yemen martoriato da una lunga guerra civile è arrivato anche il colera. Secondo WHO-OMS nel periodo dal 27 aprile al 2 giugno i casi sono più di 86mila e i morti 681. Negli ultimi venti giorni i casi sono stati più di 60mila e secondo WHO il picco non è stato ancora raggiunto. Nell'ultima settimana il numero dei decessi è aumentato del 50 per cento, anche se per WHO questo è dovuto in larga parte a rapporti più accurati.
A causa della guerra civile 19 dei 28 milioni degli abitanti dello Yemen hanno necessità di aiuti umanitari. Il diffondersi del colera, causato dall'ingestione di acqua o cibo contaminato da feci, è causato dalle pessime condizioni sanitarie. Medici Senza Frontiere è presente in Yemen con 13 ospedali e fornisce aiuto ad altre 25 strutture sanitarie. Malgrado l'intervento di 23 istituzioni, dall'ONU alle NGO, in Yemen mancano circa 6500 posti letto e 1700 unità di reidratazione.
Malgrado Donald Trump, noi restiamo nell'accordo di Parigi. Questo è il messaggio di centinaia di sindaci, governatori, accademici e imprenditori americani. Tra i firmatari i sindaci della grande parte delle città più importanti. Da New York a Los Angeles, da Chicago a San Francisco, da Washington a Saint Louis, da Dallas a Baltimora. Grandi aziende come Amazon, Apple, Autodesk, Danone, eBay, Facebook, Gap, Google, HP, Intel, Levi Strauss, Microsoft, Nike, Patagonia, Spotify, Tesla, Tiffany, Twitter, Unilever.
Il passaggio più pop del discorso in cui Donald Trump annunciava di recedere dall'Accordo di Parigi sul clima è stato: "Sono stato eletto per rappresentare gli abitanti di Pittsburgh, non quelli di Parigi".
Il sindaco di Pittsburgh Bill Peduto però la pensa in modo opposto. Ha confermato con un'ordinanza che la sua città proseguirà nella lotta ai cambiamenti climatici malgrado "la disastrosa decisione del presidente Trump di abbandonare l'Accordo di Parigi". Pittsburgh intende raggiungere il 100% di energie rinnovabili entro il 2035. Per il 2030 la città vuole arrivare a rifiuti zero e alla riduzione del cinquanta per cento di consumi di energia.
La proposta di un marchio che garantisca il cibo made in Italy gira da tempo, ma realizzarla non è semplice. Se ne occupa un servizio di Reuters che analizza alcuni elementi critici. A cominciare da come distinguere quali alimenti sono veramente made in Italy e quali no. Certo non la ricotta o il parmigiano prodotti in Nuova Zelanda dal colosso caseario Fonterra o il prosecco brasiliano Garibaldi, ma anche i prodotti nazionali a volte sono realizzati in filiere discutibili. Barilla, che è favorevole all'introduzione del marchio, ha 14 fabbriche in Italia e 16 sparse per il mondo. Paolo Barilla ha diciharato che gli stabilimenti all'estero "seguono le regole della qualità italiana". Eataly ha appena aperto un punto vendita a Mosca, il secondo più grande del mondo. Ma l'embargo europeo nei confronti della Russia impedisce l'importazione degli ingredienti, così mozzarella e burrata sono prodotti in loco con il latte russo.
L'idea del governo italiano è quella di introdurre un brand che certifichi i prodotti che hanno avuto l'ultima "trasformazione significativa" in Italia. Quindi dei salumi prodotti da noi con carne importata sarebbero OK, mentre un prosciutto fatto all'estero da un produttore italiano non avrebbe diritto all'etichetta. Questa interpretazione sarebbe in linea con la normativa europea che obbliga a definire l'origine nazionale dei prodotti alimentari, ma non piace ai puristi del made in Italy. Per ora tutto resta in stallo.
Interessante esaminare le prime pagine dei quotidiani sportivi dopo la sconfitta della Juve nella finale di Champions. La milanese Gazzetta dello Sport, che è anche il primo giornale sportivo d'Italia, titola con sobrio rammarico "Maledizione!" non mancando di sottolineare che la Juventus è naufragata nel secondo tempo. Tuttosport, quotidiano di Torino, non riporta nemmeno il risultato e preferisce ricordare i fasti del recente passato piuttosto che raccontare la sconfitta. Un po' come faceva il cinegiornale Luce ai tempi del fascismo. All'opposto il romano Corriere dello Sport sceglie un cubitale Che crollo!". Sembra di vedere il titolista con la foto di Totti sul salvaschermo del PC che ride sotto i baffi.
Ha ragione Dana Nuccitelli, che sul Guardian scrive che con l'abbandono dell'Accordo di Parigi Donald Trump consolida la sua reputazione di peggior presidente degli Stati Uniti di sempre. Una decisione politicamente assurda, isterica, anacronistica, destinata a produrre danni gravissimi - speriamo irreparabili - a Trump e al partito che lo sostiene. Perché il Partito Repubblicano ha responsabilità pesanti, con la lettera di 22 senatori (tra i quali Ted Cruz) che invitavano il presidente a recedere dall'Accordo di Parigi. Casualmente gli stessi 22 senatori avevano ricevuto più di 10 milioni di dollari di contributi da compagnie legate alla produzione di combustibili fossili.
Nella sua dichiarazione Trump ha accennato a una "rinegoziazione" dell'Accordo di Parigi, subito negata da una nota congiunta di Francia, Germania e Italia. Il Commissario Europeo all'ambiente spagnolo Miguel Arias Cañete ha twittato che la decisione americana "piuttosto che indebolirci ci ha galvanizzato".
L'America è sempre più sola, per colpa di Donald Trump. E le prossime elezioni, da quelle di mid-term alle presidenziali del 2020, saranno un referendum sul clima. Già oggi il 71 per cento degli Americani (e il 57% dei repubblicani) è convinto che l'America dovrebbe mantenere gli impegni dell'Accordo di Parigi. In poche parole, Trump è un cretino irresponsabile.
Oggi Angela Merkel ha concluso due giorni di colloqui bilaterali con il primo ministro cinese Li Keqiang, organizzati in vista della riunione del G20 in programma ad Amburgo il 7-8 luglio. L'incontro tra Merkel e Li si è svolto poche ore prima dell'annunciata decisione di Donald Trump sull'impegno degli Stati Uniti contro i cambiamenti climatici. che secondo le indiscrezioni porterà gli USA fuori dall'Accordo di Parigi. Nel pomeriggio Li Kequiang sarà a Bruxelles per un incontro con i vertici dell'Unione Europea, che dovrebbe concludersi con un comunicato congiunto che conferma l'impegno di Europa e Cina per l'attuazione del Paris Accord.
Nella conferenza stampa finale di Berlino sia Li che Merkel hanno confermato la volontà di impegnarsi per raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi. Li ha sottolineato che la Cina lo farà "nel proprio interesse" e ha invitato le altre nazioni a fare altrettanto. Martedì scorso, sempre a Berlino, il primo ministro indiano aveva detto che rinunciare ad agire contro il cambiamento climatico sarebbe "moralmente criminale".
Europa, Cina e India quindi garantiscono il loro continuo impegno per l'attuazione dell'accordo di Parigi. E la Russia, considerata da molti uno dei paesi influenzabili dalle decisioni di Trump, farà altrettanto. Oggi il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato che "Il Presidente Putin ha sottoscritto l'Accordo di Parigi, che per la Russia ha un grande significato. Allo stesso tempo non c'è bisogno di dire che l'efficacia del trattato sarebbe senza dubbio limitata senza la partecipazione delle principali nazioni".
Se stasera Trump annuncerà l'uscita dall'Accordo di Parigi l'America sarà sola. Restano alcune sponde minori come l'Australia, il cui governo conservatore ha sottoscritto il trattato senza entusiasmo. Si parla anche del Sud Africa, che vive una grave crisi economica e politica. E poi l'Arabia Saudita, meta del primo viaggio all'estero di Trump. Le carte si scopriranno al G20 di Amburgo, che dovrebbe chiudersi con una dichiarazione di impegno nei confronti dell'Accordo di Parigi che di fatto isolerebbe l'amministrazione Trump. Le nazioni che partecipano al G20 sono Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Corea del Sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India,
Indonesia, Italia, Messico, Russia, Sud Africa, Stati Uniti e Turchia, oltre all'Unione Europea.