giovedì 24 maggio 2018

Il referendum sull'aborto in Irlanda

Domani, venerdì 25 maggio, gli elettori della Repubblica di Irlanda sono chiamati a votare il referendum per modificare l'ottavo emendamento della costituzione che garantisce pari diritti di vita alla madre e al concepito, rendendo di fatto illegale l'aborto in quasi tutti i casi.
In caso di vittoria del Sì il governo dovrà produrre una nuova legislazione che permetta l'interruzione della gravidanza. Il governo ha già predisposto uno schema di legge che permette l'aborto entro le prime dodici settimane di gravidanza, allineandosi con le norme in vigore nella maggioranza degli stati europei. L'aborto su richiesta della madre è vietato solo a Cipro, Malta e in Polonia. Altrove è generalmente permesso entro 12 settimane dal concepimento (in Italia 90 giorni), con qualche eccezione (10 settimane in Croazia, Portogallo, Slovenia e Turchia, 14 in Romania e Spagna, 16 in Islanda e Svezia, 22 in Olanda). Le norme più permissive d'Europa sono quelle del Regno Unito, che dal 1967 autorizzano l'interruzione di gravidanza fino a 24 settimane. Tuttavia la legislazione di Londra si applica in Inghilterra, Galles e Scozia ma non in Irlanda del Nord, dove l'aborto non è legale. Nel 2017 in Irlanda del Nord sono stati praticati solo 16 aborti terapeutici.
Secondo i sostenitori del Sì ogni giorno sette donne irlandesi vanno in Gran Bretagna per abortire legalmente. La legislazione irlandese non vieta la pratica e permette anche la diffusione di informazioni sulle possibilità di abortire all'estero. Molto diffuso anche il ricorso alle pillole abortive, che sono legali.
I due principali partiti irlandesi, Finn Gael e Fianna Fail, hanno lasciato libertà di coscienza ai propri elettori. Sinn Fein e Labour invece sostengono apertamente il Sì. I sondaggi indicano una larga maggioranza per il Sì. Il referendum è anche il primo test elettorale dove i colossi del web hanno cercato di prevenire influenze esterne, dopo il caso di Cambridge Analytica. Google ha deciso di bloccare ogni pubblicità sul referendum e Facebook ha fatto altrettanto, ma solo sulle inserzioni a pagamento provenienti dall'estero.

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