venerdì 28 settembre 2018

Presidenza Europea, Barnier si chiama fuori

Oggi Michel Barnier ha scritto una lettera al presidente del Partito Popolare Europeo Joseph Daul, comunicando la sua indisponibilità a candidarsi nello Spitzenkandidat, il processo di selezione che definisce i candidati dei vari gruppi prima delle prossime elezioni europee.
La candidatura di Barnier, già sconfitto nello Spitzenkandidat del 2014 da Juncker, era stata sollecitata da larga parte del gruppo del PPE, particolarmente dai popolari francesi. Barnier (67) è attualmente il capo negoziatore UE nella trattativa sulla Brexit ed è un politico di lungo corso (il suo primo incarico ministeriale in Francia risale al 1993). Proprio il suo ruolo nella Brexit sarebbe alla base della scelta. Nella lettera Barnier dice che il suo incarico non è compatibile con il calendario fissato dal PPE per la scelta del proprio candidato presidente, che si concluderà con il congresso di Helsinki del 7-8 novembre.Come delegato dal presidente Juncker a presiedere i negoziati Brexit, Barnier concluderà il suo mandato nel novembre 2019, quando verrà rinnovata tutta la Commissione Europea.
Il termine ultimo fissato dal PPE per presentare le candidature è il 17 ottobre. Ha già formalizzato la sua discesa in campo il tedesco bavarese Manfred Weber, capogruppo del partito al Parlamento Europeo. Sembra pronto a candidarsi anche l'ex primo ministro finlandese Alexander Stubb. Si parla anche di una candidatura dell'ex primo ministro irlandese Enda Kenny.
Il PPE è il primo gruppo del Parlamento Europeo. Malgrado i sondaggi lo diano in calo (come il PSE) dovrebbe confermarsi prima forza anche nelle elezioni del 2019. Ma questa volta non sembra così scontato che il candidato presidente del partito di maggioranza relativa conquisti la presidenza della Commissione.
Ufficialmente i trattati prevedono che sia il Consiglio Europeo, l'assemblea dei capi di stato, a designare con maggioranza qualificata un candidato presidente "tenendo conto" dei risultati elettorali. La candidatura deve essere poi ratificata a maggioranza dal Parlamento di Strasburgo.
La prevista ascesa dei gruppi populisti e sovranisti mette a forte rischio il tradizionale accordo tra PPE e PSE. Da parte loro i socialisti non hanno ancora deciso chi dovrà rappresentarli. Il PSE è in una posizione di debolezza per i pessimi sondaggi e per il fatto che guida il governo in pochi paesi. Per ora sono scesi in campo l'ex premier austriaco Christian Kern e lo slovacco Maroš Šefčovič, vicepresidente della Commissione Europea. Ma la candidatura socialista più forte sembra quella dell'olandese Frans Timmermans, anche lui vicepresidente della Commissione. Timmermans non ha fatto ancora annunci ufficiali e non correrebbe per vincere, consapevole della crisi del PSE, ma per guadagnare i gradi per conquistare il ruolo di Alto Rappresentante per gli Affari Esteri ricoperto oggi da Federica Mogherini.
La candidata del gruppo dei Verdi dovrebbe essere di nuovo Ska Keller, come nel 2014, ma sono in lizza anche il bulgaro-tedesco Atanas Schmidt e la finlandese Petra De Sutter.
Il quadro è complicato anche dal "fattore Macron". En Marche ha appena firmato un appello per un fronte europeo antisovranista assieme ad altre figure di primo piano come il leader belga dei liberali dell'ALDE Guy Verhofstadt, gli spagnoli di Ciudadanos e Matteo Renzi, che invece come PD è nel PSE. Macron proverà a formare un proprio raggruppamento europeo o convergerà in ALDE o (più improbabile) con il gruppo dei socialisti? Macron lancerà la sua campagna europea in un evento domani a Berlino, forse sapremo qualcosa di più. La partita è ancora aperta, mentre le destre si preparano ad una affermazione storica.

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