Chi ha partecipato a qualche meeting a Bruxelles o in giro per l'Europa ricorda come l'acqua da bere sia sempre rigorosamente tap water, cioè acqua del rubinetto, servita invariabilmente in bicchieri di vetro. Niente a che vedere con il trionfo di plastica e minerale presente sui tavoli direzionali italiani. Del resto gli Italiani sono i maggiori consumatori di acqua in bottiglia del mondo, con una quota annuale di 194 litri a testa (erano 65 nel 1985). La crisi economica non sembra intaccare un mercato in costante espansione che produce oltre sei miliardi di bottiglie di plastica l'anno, una quantita mostruosa.
Le aziende municipalizzate spendono somme ingenti per spiegare alla gente che spesso l'acqua del rubinetto ha caratteristiche chimiche e organolettiche migliori di quella in bottiglia, ma invano. Gli Italiani continuano a caricare i loro carrelli di pesantissime bottiglie di acqua di cui spesso non controllano neanche la provenienza e la composizione.
La potente lobby delle acque minerali non poteva sperare in uno spot migliore del malore occorso alla presidenta di Confindustria Emma Marcegaglia dopo avere bevuto acqua da una brocca nel corso di un incontro al ministero degli esteri. Niente di serio, ma molto scalpore mediatico e la conclusione dei NAS che hanno accertato che l'acqua conteneva una modesta quantita di ipoclorito di sodio, ovvero varechina.
Marcegaglia per fortuna si è subito ripresa, ma l'acqua del rubinetto ci metterà mesi a riguadagnare il rispetto e degli italiani e l'abitudine ad essere messa in tavola al posto di quelle inutili, costose e inquinanti bottiglie di plastica.
L'incidente alla varechina occorso al ministero degli esteri ha provocato commenti di ogni tipo, culminati nel gesto plateale di Berlù che ha bevuto acqua davanti alla platea degli ambasciatori. Notevole anche Massimo D'Alema, ascoltato alla direzione nazionale del PD dire: "Ero al telefono con la Marcegaglia, volevo sapere come stava... Certo, quando c'ero io al ministero degli Esteri queste cose non succedevano".
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