Forse il 2010 sarà l'anno della nuova legge sui porti, invocata da tempo per eliminare la vecchia e malfatta legge 84 del 1994, che istituiva le autorità portuali. Ne parla oggi in una intervista al Secolo XIX di Genova Sandro Biasiotti, candidato del PdL alla regione Liguria. Secondo Biasiotti "il comitato ristretto del Senato ha trovato l'unanimità sul testo condiviso da destra e sinistra e anche i sindacati hanno dato l'OK".
Mancherebbe un passaggio in commissione bilancio per decidere sulla invocata autonomia finanziaria dei porti, secondo un progetto che prevede che gli scali possano trattenere il 5% dell'IVA sui traffici, destinata per l'80% al porto stesso e per il restante 20% a un fondo di perequazione. Si tratta di cifre importanti, le stime del gettito per il porto di Genova sono di 150 milioni di Euro.
Lo scorso settembre il presidente della commissione lavori pubblici del senato Luigi Grillo aveva annunciato che la nuova legge era vicina all'approvazione, elencandone i quattro punti fondamentali: la nomina dei presidenti dei porti, l'autonomia finanziaria, la normativa sul lavoro e la sdemanializzazione delle aree inutilizzate. A novembre le acque si erano di nuovo agitate per un intervento del ministro Brunetta che aveva annunciato di voler ridurre i componenti dei comitati portuali, eliminando due rappresentanti sindacali (oggi sono sei) e due degli imprenditori.
A fine 2009 la consulta dei comuni portuali dell'ANCI, appena costituita e guidata dal sindaco di Genova Marta Vincenzi, aveva chiesto e ottenuto un incontro con la commissione, svoltosi il 10 dicembre. Molto critico nei confronti della legge il PD, guidato in commissione senato da Marco Filippi (tutti i principali attori politici sono toscani o liguri, da Matteoli a Grillo a Filippi, la visione tirrenica è dominante). Proprio dal sito del senatore Filippi ho recuperato il testo della nuova legge nella bozza del 10 dicembre 2009.
Tra le norme più discusse resta quella della classificazione dei porti. A parte i porti militari, gli altri vengono divisi in due categorie: quelli a "rilevanza economica nazionale e internazionale" e quelli a "rilevanza economica regionale e interregionale". Solo i primi sono sedi di autorità portuali e in origine l'intenzione era di ridurli a una diecina: quelli definiti transoceanici (Genova, Spezia, Livorno, Trieste, Napoli, forse Ravenna) e quelli di transhipment (Gioia Tauro, Cagliari, Taranto). Dopo la rivolta dei porti minori l'art. 6 della proposta di legge torna a una lista di 24 scali, con possibilità di istituire in futuro anche altre autorità portuali. Tra gli indicatori è stato inserito anche il traffico passeggeri (un milione minimo).
Altre novità di rilievo sono le procedure per il piano regolatore portuale e la nomina del presidente dell'autorità, che attualmente dovrebbe nascere da un'intesa tra governo e regione interessata, sulla base di una terna proposta dagli enti locali e dalla camera di commercio. Questa intesa non si raggiunge facilmente e il governo di centrodestra in caso di stallo ha inserito come ultima carta la nomina diretta da parte del presidente del consiglio, alla faccia della sussidiarietà.
Tutti chiedevano una nuova legge sulla portualità, pochi pensano che il testo proposto sia all'altezza delle aspettative.
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