Comunque finisca questa COP, ed è davvero ancora impossibile saperlo, un segnale forte resterà ed è quello della conduzione latina della conferenza. In queste due settimane la presidente Patricia Espinosa, ministro degli esteri del Messico, e la segretaria costaricana dell'UNFCCC Christiana Figueres hanno dimostrato grande capacità e inziativa. E sono sembrate in grado di tenere testa al melting pot diplomatico di 194 delegazioni nazionali. La algida direzione nordica di Copenhagen 2009, composta da Connie Hedegaard alla presidenza danese e dall'olandese Yvo de Boer alla segreteria UNFCCC, non era stata in grado di fare altrettanto. Anzi, Hedegaard aveva causato il primo grave incidente diplomatico presentando sul tavolo un testo negoziale redatto segretamente e provocando le ire di molti paesi minori, che poi si vendicarono nella plenaria finale rifiutando di approvare il Copenhagen Accord.
Che i Latini siano mediatori e pazienti più dei nordici non è una novità. "Voi non dite mai sì o no, è sempre una via di mezzo" mi disse una volta amico finlandese. Ma in questo caso la tenacia e la pazienza di Espinosa e Figueres ci hanno perlomeno portato vicino alla ricomposizione di un quadro che all'inizio della conferenza sembrava irreparabilmente danneggiato. Se poi riusciranno a portare a compimento il loro lavoro, chapeau.
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