Come può un paese uscire dalla crisi senza investire nel proprio futuro? E come possono le città e i territori seguire l'innovazione e le nuove frontiere dello sviluppo senza risorse economiche adeguate?
Anche Il Sole 24 Ore oggi commenta amaramente l'ulteriore stretta agli investimenti degli enti locali italiani inserita nella Legge di Stabilità, che al comme 108 esclude la possibilità di contrarre debiti per gli enti locali che ne hanno consolidati per una cifra superiore all'8% delle entrate correnti. Poiché dal 2001 gli enti possono indebitarsi - cioè contrarre mutui - solo per investimenti, la norma limiterà enormememte l'avvio di opere pubbliche e di interventi di manutenzione, ammodernamento e innovazione tecnologica. Nell'occhiuta logica centralista del governo di destra (altro che federalismo) le città e i territori vengono trasformate in gestori di servizi, amministrati con criteri di cassa sempre più rigidi, e perdono la facoltà di fare progetti, di cercare soluzioni e strumenti per lo sviluppo sociale ed economico delle comunità. Questo vale ad esempio per un settore strategico come l'efficienza energetica, dove la riconversione dell'esistente e le nuove tecnologie sono un elemento di risparmio e uno straordinario volano economico. Ma il capoclasse Tremonti non ragiona per strategie, bensì per consuntivi. Resteremo sempre più indietro dall'Europa che ha scommesso sugli investimenti nell'innovazione, avremo sempre meno opportunità di lavoro per i giovani e di crescita per le imprese. Però i bilanci saranno in ordine, garantendoci un triste, inesorabile declino con i libri contabili in pareggio.
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