La Cina, con una economia in crescita costante a doppia cifra, ha sempre rifiutato ipotesi di riduzione delle emissioni di CO2 in cifra assoluta, come quelle che il protocollo di Kyoto impone ai paesi occidentali, dove la crisi economica ha ridotto i consumi energetici facilitando molto il nostro compito. Si è posta invece degli obiettivi rapportati alla crescita, imponendo una riduzione del 20% delle emissioni calcolate sull'unità del PIL. Questo significa che i valori assoluti delle emissioni cinesi continueranno a crescere, ma che per ogni punto di PIL il paese si prefiggeva di utilizzare il 20% in meno di energia. La riduzione del 20% era stata programmata per il quinquennio 2006-2010 e secondo l'agenzia Xinhua sarebbe stato raggiunto, lo riferisce la Reuters. I dati ufficiali però non sono ancora stati diffusi, e voci accreditate parlano per gli ultimi mesi del 2010 di chiusure forzate di acciaierie e altri grandi impianti energivori per mantenere gli impegni.
Attualmente la Cina sta decidendo il tetto di riduzione per il periodo 2011-2015, che secondo indiscrezioni dovrebbe essere il 17.3%. Questo significherebbe, considerando che la base di partenza è una riduzione già raggiunta del 20% rispetto al 2006, un aumento totale dell'efficienza energetica del 34% in dieci anni. Un dato notevole, che supera largamente gli obiettvi del 20% in 12 anni compresi nel "pacchetto energia" varato nel 2008 dall'Unione Europea.
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