Ad un anno dalla scadenza del Protocollo di Kyoto il pianeta ha davvero bisogno di un nuovo trattato globale sulla limitazione delle emissioni?
Se lo domandavano David King e Achim Steiner in un articolo sul Guardian di qualche giorno fa, se lo chiede oggi anche Massimo Gaggi sul Corriere, anche se la sua visione è nettamente più pessimista.
Una riflessione fatta anche dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che in merito alla riduzione delle emissioni di CO2 tempo fa aveva confessato di confidare più in iniziative autonome che in regole imposte. King e Steiner (direttore di UNEP) sostengono che sarà il mondo economico ("i mercati" utilizzando un termine molto di moda) a produrre risultanti concreti per la riduzione del riscaldamento globale. Nel 2010 sono stati investiti 156 miliardi di Euro nel settore delle energie rinnovabili, più di quanto speso per i combustibili fossili. Le imprese hanno già fatto la loro scelta per il futuro. La stessa Cina, che non intende sottoscrivere trattati, investe centinaia di miliardi nell'eolico e nel solare ed ha obiettivi di riduzione delle emissioni per unità di energia prodotta che sono molto più ambiziosi di quelli europei.
Un trattato in realtà è indispensabile, ma non per le grandi economie. Serve a tutelare le piccole nazioni e le categorie più deboli. A garantire supporto a chi non ha risorse proprie sufficienti per investire nel futuro, per superare le emergenze di ogni giorno. Ecco perché eventi come le COP hanno ancora senso e perché le Nazioni Unite, dove il voto di Kiribati vale come quello degli Stati Uniti, devono continuare a guidare questi processi.
Se lo domandavano David King e Achim Steiner in un articolo sul Guardian di qualche giorno fa, se lo chiede oggi anche Massimo Gaggi sul Corriere, anche se la sua visione è nettamente più pessimista.
Una riflessione fatta anche dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che in merito alla riduzione delle emissioni di CO2 tempo fa aveva confessato di confidare più in iniziative autonome che in regole imposte. King e Steiner (direttore di UNEP) sostengono che sarà il mondo economico ("i mercati" utilizzando un termine molto di moda) a produrre risultanti concreti per la riduzione del riscaldamento globale. Nel 2010 sono stati investiti 156 miliardi di Euro nel settore delle energie rinnovabili, più di quanto speso per i combustibili fossili. Le imprese hanno già fatto la loro scelta per il futuro. La stessa Cina, che non intende sottoscrivere trattati, investe centinaia di miliardi nell'eolico e nel solare ed ha obiettivi di riduzione delle emissioni per unità di energia prodotta che sono molto più ambiziosi di quelli europei.
Un trattato in realtà è indispensabile, ma non per le grandi economie. Serve a tutelare le piccole nazioni e le categorie più deboli. A garantire supporto a chi non ha risorse proprie sufficienti per investire nel futuro, per superare le emergenze di ogni giorno. Ecco perché eventi come le COP hanno ancora senso e perché le Nazioni Unite, dove il voto di Kiribati vale come quello degli Stati Uniti, devono continuare a guidare questi processi.
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