Chi dice a P. Bersani, M. D'Alema, R. Bindi e P. Civati che Prodi voterà Sì?
mercoledì 30 novembre 2016
Il PSE candida Pittella Presidente Europarlamento
"I accept this new challenge. My candidacy is for change" - @giannipittella #Gianni4President pic.twitter.com/HjQmXjxgR9— S&D Group (@TheProgressives) November 30, 2016
martedì 29 novembre 2016
L'inchiesta di BuzzFeed su Grillo, M5S, siti web e Russia
L'autorevole BuzzFeed dedica oggi un lungo articolo alla comunicazione web del Movimento 5 Stelle, ai suoi siti satellite e alle relazioni tra i siti grillisti e quelli filorussi come Sputnik e RT. Si tratta di una inchiesta approfondita e documentata, ricca di link e screenshot, secondo la migliore tradizione del giornalismo anglosassone. Chi è a suo agio con l'inglese dovrebbe leggerla.
L'articolo sviscera le oscure connessioni tra il sacro blog di Grillo e siti "indipendenti" gestiti dalla Casaleggio Associati, come Tze Tze, La Cosa e La Fucina. Spiega il meccanismo diabolico del postare, linkare, ripostare le stesse (spesso false) notizie da un sito all'altro e le importanti entrate economiche che ne conseguono. Approfondisce gli strani legami che dalla fine del 2014 legano i siti di marca grillista con la Russia di Putin, fino ad allora trattata come un nemico. Oggi nel blog di Grillo il nemico sono la Nato e gli Stati Uniti, i migranti arrivano in Italia per un complotto americano, la guerra in Siria è voluta da Obama contro i cinesi.
L'articolo ricorda anche la soddisfazione di Grillo per l'elezione di Trump. C'è anche un link al video dell'onorevole M5S Grande che interviene in parlamento parlando di fantomatici campi di concentramento in Ucraina.
BuzzFeed, sempre secondo la tradizione di inchiesta anglosassone, ha sottoposto dodici domande alla Casaleggio Associati in merito alla gestione dei siti, alla diffusione di notizie false e ai rapporti con la Russia. I Casaleggios si sono rifiutati di rispondere. Stesso diniego da parte del M5S. Altrettanto hanno fatto gli onorevoli M5S Di Stefano e Di Battista alla richiesta di chiarire i loro rapporti con i rappresentanti del governo russo. Tutto molto interessante e molto istruttivo.
L'articolo sviscera le oscure connessioni tra il sacro blog di Grillo e siti "indipendenti" gestiti dalla Casaleggio Associati, come Tze Tze, La Cosa e La Fucina. Spiega il meccanismo diabolico del postare, linkare, ripostare le stesse (spesso false) notizie da un sito all'altro e le importanti entrate economiche che ne conseguono. Approfondisce gli strani legami che dalla fine del 2014 legano i siti di marca grillista con la Russia di Putin, fino ad allora trattata come un nemico. Oggi nel blog di Grillo il nemico sono la Nato e gli Stati Uniti, i migranti arrivano in Italia per un complotto americano, la guerra in Siria è voluta da Obama contro i cinesi.
L'articolo ricorda anche la soddisfazione di Grillo per l'elezione di Trump. C'è anche un link al video dell'onorevole M5S Grande che interviene in parlamento parlando di fantomatici campi di concentramento in Ucraina.
BuzzFeed, sempre secondo la tradizione di inchiesta anglosassone, ha sottoposto dodici domande alla Casaleggio Associati in merito alla gestione dei siti, alla diffusione di notizie false e ai rapporti con la Russia. I Casaleggios si sono rifiutati di rispondere. Stesso diniego da parte del M5S. Altrettanto hanno fatto gli onorevoli M5S Di Stefano e Di Battista alla richiesta di chiarire i loro rapporti con i rappresentanti del governo russo. Tutto molto interessante e molto istruttivo.
Emma Morano, la persona più vecchia del mondo
Emma Morano vive a Verbania ed è nata il 29 novembre 1899. Oggi compie 117 anni. La signora Morano è la persona più vecchia del mondo e l'ultima superstite dell'Ottocento, dopo che l'americana Susannah Mushatt Jones è morta lo scorso maggio a 116 anni e 311 giorni.
La stampa mondiale si è occupata di Emma Morano, a cominciare dal New York Times lo scorso anno fino all'articolo di oggi della BBC. Il mistero della longevità della signora Morano non è risolto dal suo medico Carlo Bava, che la segue da 27 anni. Dopo la prima guerra mondiale aveva sofferto di anemia e, su raccomandazione di un dottore, iniziò a mangiare tre uova al giorno. Due crude il mattino, la terza in omelette a pranzo. Lo ha fatto per 90 anni, sommando più di centomila uova, alla faccia del colesterolo. Adesso è scesa a due, più qualche biscotto. Per tutta la vita ha mangiato pochissima frutta e verdura.
La stampa mondiale si è occupata di Emma Morano, a cominciare dal New York Times lo scorso anno fino all'articolo di oggi della BBC. Il mistero della longevità della signora Morano non è risolto dal suo medico Carlo Bava, che la segue da 27 anni. Dopo la prima guerra mondiale aveva sofferto di anemia e, su raccomandazione di un dottore, iniziò a mangiare tre uova al giorno. Due crude il mattino, la terza in omelette a pranzo. Lo ha fatto per 90 anni, sommando più di centomila uova, alla faccia del colesterolo. Adesso è scesa a due, più qualche biscotto. Per tutta la vita ha mangiato pochissima frutta e verdura.
lunedì 28 novembre 2016
Da oggi è online Business Insider Italia
Sostenibilitalia lo aveva anticipato un paio di settimane fa e i tempi sono stati rispettati. Da oggi è disponibile la versione italiana di Business Insider. L'editore è Elemedia, una società del gruppo L'Espresso. Il
direttore è il giornalista finanziario Giovanni Pons, alla guida di un
team di cinque giornalisti. L'Italia diventa il dodicesimo paese dove Business Insider è presente, con approfondimenti su economia, finanza, tecnologia, nuove tendenze. Assecondando le tendenze dell'informaszione web c'è spazio anche per il pop trash. Oggi c'è un articolo fondamentale su come dividere il conto del ristorante se sei astemio.
domenica 27 novembre 2016
Dove vivono i ricconi
La ricchezza è patrimonio di pochi. L'uno per cento dei più ricchi del pianeta possiede più del restante 99 per cento. Ma dove vivono i ricconi? Ecco il grafico, con le differenze tra 2010 e 2016. Notare il calo di Francia, Giappone e Italia e la crescita della Cina.
sabato 26 novembre 2016
venerdì 25 novembre 2016
Yannick Jadot candidato dei verdi per la Francia
Yannick Jadot (49), parlamentare europeo, sarà il candidato dei verdi francesi alla presidenza.
France: Yannik Jadot is presidential candidate of green EELV (G/EFA) 2017. #Primaire #Presidentielle2017 pic.twitter.com/wjMn0cesj4— Europe Elects (@EuropeElects) November 25, 2016
giovedì 24 novembre 2016
Referendum, l'Economist è per il No
L'Economist endorsa il No. Adesso attendiamo i commenti entusiasti di tutti quelli che da mesi urlano che il Sì è un voto per i Poteri Forti.
Clinton aveva 2 milioni di voti più di Trump
Hillary Clinton ha avuto oltre due milioni di voti più del presidente eletto Donald Trump. Lo confermano i dati di Cook Political Report, un osservatorio indipendente. Il conteggio finale assegna a Clinton 64.225.863 voti e a Trump 62.210.612, un differenziale pari all'1.9 per cento.
Nella storia delle elezioni presidenziali USA questa è la quinta volta che il candidato perdente ha più voti popolari. L'ultimo caso era stato l'elezione del 2000, quando Al Gore fu sconfitto da George W. Bush.
Nella storia delle elezioni presidenziali USA questa è la quinta volta che il candidato perdente ha più voti popolari. L'ultimo caso era stato l'elezione del 2000, quando Al Gore fu sconfitto da George W. Bush.
Frasi Famose di V. Raggi [42]
"Vogliamo fare in modo che tutto il nostro patrimonio sia fruibile nel modo più vasto ed eterogeneo, senza alcuna esclusione".
Dal post pubblicato oggi sulla pagina facebook di Virginia Raggi a commento della riapertura dell'area archeologica dei Fori Imperiali.
Dal post pubblicato oggi sulla pagina facebook di Virginia Raggi a commento della riapertura dell'area archeologica dei Fori Imperiali.
Titti, come hai potuto?
Signori ecco Beatrice di Maio, alias Titti Brunetta, con suo marito. Su Libero questa mattina in edicola la sua intervista dove spiega pic.twitter.com/TeIzjvDY03— Franco Bechis (@FrancoBechis) November 23, 2016
La notizia che dietro l'account twitter Beatrice Di Maio si celasse "Titti", Tommasa Giovannoni Ottaviani in Brunetta, mi ha gettato nel più profondo sconforto. La mia costernazione è sapere che l'architetto e interior designer Giovannoni Ottaviani è l'autrice di post calunniosi e diffamatori per i quali è stata anche sporta denuncia.
Seguo Titti Giovannoni dai tempi delle sue prime apparizioni al fianco di Renato Brunetta. Un post di Sostenibilitalia dell'aprile 2010, in cui si parla di mobili disegnati da Titti e presentati al Salone di Milano, è tuttora il secondo più letto della storia di questo blog. Sempre su queste pagine le ho scritto alcune lettere aperte: la prima nel 2008 quando l'allora ministro Brunetta aveva definito "una follia" le decisioni prese dalla UE per contrastare i cambiamenti climatici, l'ultima in occasione del Natale 2012.
I miei post sono arrivati anche agli occhi della stessa Titti, che anni fa mi scrisse in privato una lettera di critica garbata alla quale io replicai con toni altrettanto pacati. Sapere adesso che Titti Giovannoni è autrice di quelle orrende frasi filogrilliste false e volgari che si leggevano sull'account Beatrice Di Maio mi provoca grande tristezza. Acuita dal fatto che lei se ne vanta pure.
Solo le città possono fermare il cambiamento climatico
Cities generate 80% of global GDP. If they take #ClimateAction, a big part of the climate problem is solved #COP22 pic.twitter.com/nShSmHqZOW— UN Climate Action (@UNFCCC) November 23, 2016
mercoledì 23 novembre 2016
martedì 22 novembre 2016
Song of the Day
Tove Lo, disinibita e talentosa cantautrice svedese, ha pubblicato il 28 ottobre il suo secondo album Lady Wood. Testi espliciti, melodie accattivanti che vanno dalla techno all'electropop classico.
lunedì 21 novembre 2016
La Germania ha comprato la casa di Thomas Mann a LA
Lo stato della Germania ha acquistato la casa di Los Angeles dove Thomas Mann aveva vissuto l'ultimo periodo del suo esilio nel periodo nazista. La casa, costruita nel 1941 dall'architetto modernista J.R. Davidson, era stata abitata dallo scrittore fino al suo ritorno in Europa nel 1952. Thomas Mann aveva lasciato la Germania nel 1933 prima per la Svizzera, poi vivendo alcuni anni in America nel New Jersey.
La casa, situata a Pacific Palisades, era stata messa in vendita la scorsa estate per 15 milioni di dollari, con la possibilità di essere demolita e ricostruita. La Germania l'ha comprata per 13.25 milioni di dollari e il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha detto che verrà restaurata e destinata a dimora per artisti nell'ambito del proggramma Villa Aurora, un'iniziativa del governo di Berlino per sostenere l'attività di artisti e scrittori.
La casa, situata a Pacific Palisades, era stata messa in vendita la scorsa estate per 15 milioni di dollari, con la possibilità di essere demolita e ricostruita. La Germania l'ha comprata per 13.25 milioni di dollari e il ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha detto che verrà restaurata e destinata a dimora per artisti nell'ambito del proggramma Villa Aurora, un'iniziativa del governo di Berlino per sostenere l'attività di artisti e scrittori.
Sharon Jones, 1956 - 2016
Per la vocalità esuberante e la presenza sul palco molti consideravano Sharon Jones la versione femminile di James Brown. E' morta venerdì scorso per un cancro al pancreas, che le era stato diagnosticato tre anni fa. Martedì 8 aveva avuto un infarto mentre seguiva i risultati delle elezioni americane e aveva dato la colpa a Trump. Il giorno dopo un'altro infarto, poi la fine.
La carriera di Sharon Jones era iniziata solo nel 1996, a quarant'anni. Merito di Gabriel Roth, boss della Daptone Records di Brooklyn che la mise sotto contratto. Non che Sharon non ci avesse provato prima, ma le risposte erano "troppo bassa, troppo grassa, troppo nera, troppo vecchia", come racconta lei stessa nel documentario Miss Sharon Jones.
Dopo la diagnosi di tumore del 2013 Sharon Jones fu operata e seguì le classiche terapie antitumorali. Poi ritornò a fare concerti calva, perché nessuna parrucca avrebbe retto al suo dimenarsi sul palco. Basta dare un occhiata al video qui sotto, quando nel 2011 apriva gli show di Prince a Parigi (e alla fine anche il piccolo genio sale sul palco con la chitarra).
Il nuovo singolo di Ligabue fa schifo
L'ho sentito tre volte alla radio, ho guardato il video e lo dico con profonda convinzione: Made In Italy, il nuovo singolo di Ligabue che dà anche il titolo al suo nuovo album, fa schifo. Una canzone imbarazzante, con un ritornello tremendo giocato con rime su una "I" accentata (Siamo quiiiii, made in Italiiiiii). Anche il video, realizzato da Moltimedia, non alza il livello. Quel trenito cartonato è pietoso. Ma perché ridursi così?
domenica 20 novembre 2016
Il bilancio della COP22 è positivo, ma non troppo
La COP22 di Marrakech si è conclusa poco dopo la mezzanotte di venerdì 18, quasi rispettando l'orario del programma. Seguo le conferenze sul clima delle Nazioni Unite dalla COP13 del 2007 e non ricordo una sessione finale così smooth, senza contrasti e lunghe veglie notturne. Anche lo scorso anno a Parigi l'accordo arrivò solo nella mattinata di sabato, dopo una lunga notte in bianco.
La conferenza di Marrakech aveva un mandato importante: individuare le modalità e gli strumenti di attuazione dell'Accordo siglato un anno fa a Parigi. Il risultato è stato in parte raggiunto, tanto da provocare commenti positivi non solo dalle Nazioni Unite e dai 198 parties, le nazioni che fanno parte della Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico. Anche le ONG e la Società Civile tracciano un bilancio con il segno più, anche se molto è ancora da fare. L'immagine che rappresenta meglio la COP22 è la family picture organizzata da Greenpeace alle 12 di venerdì 18, ultimo giorno della conferenza: centinaia di persone raccolte all'ingresso di Bab Ighli attorno alla scritta We Will Move Ahead, Noi Andremo Avanti.
Lunedì 7, quando la COP22 è iniziata, le nazioni che avevano ratificato l'Accordo di Parigi erano 96. Alla fine della conferenza erano salite a 111. La consapevolezza globale sulla necessità di limitare il riscaldamento del pianeta è sempre più condivisa. Una volontà politica irreversibile, come si è ripetuto a Marrrakech. L'ultimo segnale è la dichiarazione di 48 paesi in via di sviluppo, tra i quali Filippine, Etiopia e Bangladesh, di puntare a zero emissioni entro il 2050. E molti hanno sottolineato come siano proprio le economie più povere ad essere in prima linea, nella consapevolezza della propria fragilità rispetto alle minacce del riscaldamento globale.
Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti martedì 8 novembre, quando i delegati di tutto il mondo erano già al lavoro a Marrakech. L'ombra arancione di Trump ha aleggiato sopra la COP e il suo nome è stato ascoltato anche negli interventi ufficiali. Il Segretario di Stato americano John Kerry non lo ha nominato, ma nel suo appassionato "canto del cigno" ha ripetuto come emergenze globali quali il cambiamento climatico non possono dipendere da egoismi e opinioni personali.
A Marrakech si è insediata la CMA, la commissione permanente che dovrà individuare le modalità e le azioni per attuare l'Accordo di Parigi. Si è deciso un percorso biennale, che si concluderà alla COP24 del 2018, con una revisione di medio termine nel 2017. Come è scritto in uno dei tanti documenti approvati a Marrakech "c'è ancora molto da fare". Soprattutto in tema di finanziamenti. La nota positiva è che la COP22 ha confermato il fondo annuale di 100 miliardi di dollari destinato a partire dal 2020 ai paesi in via di sviluppo. La nota negativa è che non si è deciso come arrivare a questa somma in così breve tempo, visto che gli stanziamenti dei paesi OCSE ad oggi sono solo di qualche centinaio di milioni. Alcuni paesi dell'Unione Europea (Belgio, Germania, Italia e Svezia) hanno annunciato nuovi finanziamenti per l'Adaptation Fund, che devolve somme ai paesi in via di sviluppo per progetti di adattamento al cambiamento climatico. Ma il fondo è in tutto di soli 81 milioni, una briciola rispetto a quanto necessario.
Per mettere in pratica l'Accordo di Parigi si dovranno realizzare gli obiettivi delle NDC, i contributi nazionali che ogni paese deve redarre. Una sorta di piani di lavoro in cui sono elencate le azioni concrete da attuare. Per valutare e confrontare questi piani è prevista la redazione di un regolamento, un rulebook, che includa standard, metodologie, criteri di valutazione. Sul piano tecnico sarà questo il lavoro che impegnerà l'UNFCCC da qui al 2018.
Sul piano politico la volontà comune sembra consolidata, malgré Trump. L'impressione è che saranno le imprese e i mercati a guidare la cordata, perché il business delle energie rinnovabili, delle nuove tecnologie e delle azioni di resilienza è un volano economico ormai inarrestabile e centrale per l'economia globale. A partire dai grandi paesi emergenti. Cina, India, Brasile, Indonesia, Malaysia, Sud Africa stanno puntando su questi settori per la crescita delle loro dinamiche e aggressive economie. In questo quadro un eventuale disimpegno della nuova amministrazione USA porterebbe conseguenze disastrose per l'economia americana.
Restano sul tavolo le cosiddette orphan issues, i temi cruciali su cui neppure a Marrakech si sono fatti passi avanti. Questi "orfanelli", che qualcuno chiama anche homeless matters, non hanno soggetti responsabili nè scadenze temporali. Tra queste la definizione di una tempistica comune per le NDC, i piani nazionali di azione. Poi i chiarimenti sulle modalità di elargizione e di controllo sull'utilizzo dei finanziamenti ai paesi in via di sviluppo. I criteri per la revisione biennale dei progressi ottenuti prevista dall'accordo di Parigi. Le linee guida per un processo di educazione, formazione e sensibilizzazione pubblica, anche questo previsto dall'art. 12 dell'Accordo di Parigi. E molte altre questioni irrisolte.
C'è davvero ancora moltissimo da fare. Ma la direzione è intrapresa e, come è stato ripetuto a Marrakech, il processo è irreversibile. Andremo avanti, we will move ahead.
La conferenza di Marrakech aveva un mandato importante: individuare le modalità e gli strumenti di attuazione dell'Accordo siglato un anno fa a Parigi. Il risultato è stato in parte raggiunto, tanto da provocare commenti positivi non solo dalle Nazioni Unite e dai 198 parties, le nazioni che fanno parte della Convenzione Quadro sul Cambiamento Climatico. Anche le ONG e la Società Civile tracciano un bilancio con il segno più, anche se molto è ancora da fare. L'immagine che rappresenta meglio la COP22 è la family picture organizzata da Greenpeace alle 12 di venerdì 18, ultimo giorno della conferenza: centinaia di persone raccolte all'ingresso di Bab Ighli attorno alla scritta We Will Move Ahead, Noi Andremo Avanti.
Lunedì 7, quando la COP22 è iniziata, le nazioni che avevano ratificato l'Accordo di Parigi erano 96. Alla fine della conferenza erano salite a 111. La consapevolezza globale sulla necessità di limitare il riscaldamento del pianeta è sempre più condivisa. Una volontà politica irreversibile, come si è ripetuto a Marrrakech. L'ultimo segnale è la dichiarazione di 48 paesi in via di sviluppo, tra i quali Filippine, Etiopia e Bangladesh, di puntare a zero emissioni entro il 2050. E molti hanno sottolineato come siano proprio le economie più povere ad essere in prima linea, nella consapevolezza della propria fragilità rispetto alle minacce del riscaldamento globale.
Donald Trump è stato eletto presidente degli Stati Uniti martedì 8 novembre, quando i delegati di tutto il mondo erano già al lavoro a Marrakech. L'ombra arancione di Trump ha aleggiato sopra la COP e il suo nome è stato ascoltato anche negli interventi ufficiali. Il Segretario di Stato americano John Kerry non lo ha nominato, ma nel suo appassionato "canto del cigno" ha ripetuto come emergenze globali quali il cambiamento climatico non possono dipendere da egoismi e opinioni personali.
A Marrakech si è insediata la CMA, la commissione permanente che dovrà individuare le modalità e le azioni per attuare l'Accordo di Parigi. Si è deciso un percorso biennale, che si concluderà alla COP24 del 2018, con una revisione di medio termine nel 2017. Come è scritto in uno dei tanti documenti approvati a Marrakech "c'è ancora molto da fare". Soprattutto in tema di finanziamenti. La nota positiva è che la COP22 ha confermato il fondo annuale di 100 miliardi di dollari destinato a partire dal 2020 ai paesi in via di sviluppo. La nota negativa è che non si è deciso come arrivare a questa somma in così breve tempo, visto che gli stanziamenti dei paesi OCSE ad oggi sono solo di qualche centinaio di milioni. Alcuni paesi dell'Unione Europea (Belgio, Germania, Italia e Svezia) hanno annunciato nuovi finanziamenti per l'Adaptation Fund, che devolve somme ai paesi in via di sviluppo per progetti di adattamento al cambiamento climatico. Ma il fondo è in tutto di soli 81 milioni, una briciola rispetto a quanto necessario.
Per mettere in pratica l'Accordo di Parigi si dovranno realizzare gli obiettivi delle NDC, i contributi nazionali che ogni paese deve redarre. Una sorta di piani di lavoro in cui sono elencate le azioni concrete da attuare. Per valutare e confrontare questi piani è prevista la redazione di un regolamento, un rulebook, che includa standard, metodologie, criteri di valutazione. Sul piano tecnico sarà questo il lavoro che impegnerà l'UNFCCC da qui al 2018.
Sul piano politico la volontà comune sembra consolidata, malgré Trump. L'impressione è che saranno le imprese e i mercati a guidare la cordata, perché il business delle energie rinnovabili, delle nuove tecnologie e delle azioni di resilienza è un volano economico ormai inarrestabile e centrale per l'economia globale. A partire dai grandi paesi emergenti. Cina, India, Brasile, Indonesia, Malaysia, Sud Africa stanno puntando su questi settori per la crescita delle loro dinamiche e aggressive economie. In questo quadro un eventuale disimpegno della nuova amministrazione USA porterebbe conseguenze disastrose per l'economia americana.
Restano sul tavolo le cosiddette orphan issues, i temi cruciali su cui neppure a Marrakech si sono fatti passi avanti. Questi "orfanelli", che qualcuno chiama anche homeless matters, non hanno soggetti responsabili nè scadenze temporali. Tra queste la definizione di una tempistica comune per le NDC, i piani nazionali di azione. Poi i chiarimenti sulle modalità di elargizione e di controllo sull'utilizzo dei finanziamenti ai paesi in via di sviluppo. I criteri per la revisione biennale dei progressi ottenuti prevista dall'accordo di Parigi. Le linee guida per un processo di educazione, formazione e sensibilizzazione pubblica, anche questo previsto dall'art. 12 dell'Accordo di Parigi. E molte altre questioni irrisolte.
C'è davvero ancora moltissimo da fare. Ma la direzione è intrapresa e, come è stato ripetuto a Marrakech, il processo è irreversibile. Andremo avanti, we will move ahead.
sabato 19 novembre 2016
Song of the Day
Amanda Lear ha compiuto ieri 77 anni. Lo scorso 13 maggio ha pubblicato l'album Let Me Entertain You, che comprende anche una cover del classico Can't Get My Eyes Off Of You, scritto nel 1967 da Frankie Valli. Amanda Lear in questi giorni è a Parigi, dove si esibisce in dodici spettacoli al Théâtre de la Michodière, dal 17 al 27 novembre (oggi e domani ci sono anche due matinées).
venerdì 18 novembre 2016
Approvato il documento politico della COP22 di Marrakech
Nella sessione plenaria di giovedì sera della COP22 la presidenza marocchina ha presentato la Marrakech Action Proclamation for Our Climate and Sustainable Development. Il documento è stato approvato per acclamazione. Il testo è molto breve, una sola pagina (qui il link), scritto in rigido gergo diplomatico ONU, con attenzione all'equilibrio politico di ogni frase.
La parola chiave è il latinismo momentum, che in inglese significa slancio, impeto
Nella dichiarazione si citano anche la lotta alla povertà, la sicurezza alimentare, le conseguenze dei cambiamenti climatici in agricoltura. Non c'è menzione invece di diritti umani e parità di genere, due questioni sulle quali alcuni paesi avevano opposto forte resistenza. Si invita anche ad agire con azioni concrete prima del 2020, data prevista per l'entrata in vigore dell'accordo di Parigi, e si chiede al paesi aderenti al Protocollo di Kyoto di ratificare il Doha Emendment, il documento che prolunga le misure di Kyoto fino al 2020.
Insomma, un buon documento politico, mentre i negoziati proseguono. Come ha detto giustamente un delegato sudafricano, forse il vero problema è che nei tavoli tecnici si continua a parlare molto del "come", mentre si discute ancora troppo poco del "chi" e del "cosa".
La parola chiave è il latinismo momentum, che in inglese significa slancio, impeto
Quest'anno sul cambiamento climatico abbiamo visto impeti straordinari a livello globale, in molti forum multilaterali. Questo impeto è irreversibile - è guidato non solo dai governi nazionali, ma dal mondo scientifico, dalle imprese e da azioni globali di ogni tipo e a ogni livello."Irreversibile" è la parola che aveva usato anche François Hollande nel suo intervento di martedì mattina, nell'apertura del High Level Segment, la sessione dedicata agli interventi politici. Sotto il profilo sostanziale, la frase cruciale del documento è questa:
Noi paesi sviluppati confermiamo l'obbiettivo di mobilitare 100 miliardi di dollari.Cento miliardi di dollari rappresentano l'impegno preso per sostenere i paesi in via di sviluppo nelle azioni contro i cambiamenti climatici. Secondo gli accordi la cifra dovrebbe essere a regime entro il 2020. Gli stanziamenti attuali sono ancora molto più bassi (ieri gli Stati Uniti hanno confermato 50 miloni di dollari).
Nella dichiarazione si citano anche la lotta alla povertà, la sicurezza alimentare, le conseguenze dei cambiamenti climatici in agricoltura. Non c'è menzione invece di diritti umani e parità di genere, due questioni sulle quali alcuni paesi avevano opposto forte resistenza. Si invita anche ad agire con azioni concrete prima del 2020, data prevista per l'entrata in vigore dell'accordo di Parigi, e si chiede al paesi aderenti al Protocollo di Kyoto di ratificare il Doha Emendment, il documento che prolunga le misure di Kyoto fino al 2020.
Insomma, un buon documento politico, mentre i negoziati proseguono. Come ha detto giustamente un delegato sudafricano, forse il vero problema è che nei tavoli tecnici si continua a parlare molto del "come", mentre si discute ancora troppo poco del "chi" e del "cosa".
Climate Justice Day
Ieri alla COP22 di Marrakech è stata celebrato per la prima volta Climate Justice Day, la giornata che lega i cambiamenti climatici ai diritti umani.
mercoledì 16 novembre 2016
Hollande: "L'Accordo di Parigi è irreversibile"
Ieri si è aperto l'High Level Segment della COP22, con una cerimonia ufficiale a cui è intervenuto anche il Re del Marocco Mohammed VI. Per il passaggio di consegne dalla COP21 di Parigi sono arrivati anche il Presidente François Hollande e il ministro Laurent Fabius, che della COP francese era stato presidente e gran negoziatore, uno dei principali artefici dell'Accordo di Parigi.
Se i discorsi di apertura di Re Mohammed VI e del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon sono apparsi piuttosto formali, quello di Hollande lo è stato molto meno. Il presidente francese ha ribadito che l'Accordo di Parigi è "irreversibile" e che in tutto il mondo governi, imprese, settore finanziario, società civile e cittadini stanno intraprendendo iniziative che portano a risultati concreti. Hollande ha ribadito che gli Stati Uniti devono rispettare gli impegni presi e che la Francia sarà in prima linea per instaurare un dialogo con il nuovo Presidente Trump "con rispetto e determinazione". "Malgrado tutte le nostre differenze - ha concluso Hollande - quello che ci unisce è ciò che abbiamo in comune, il nostro pianeta".
Ieri si è insediato anche il gruppo CMA (Conference of the Parties serving as the Meeting of the Parties to the Paris Agreement), la commissione permanente che dovra sovraintendere e verificare l'attuazione dell'Accordo di Parigi.
Ieri sera al padiglione Italia è stata anche convocata una riunione per valutare lo stato dei negoziati e la posizione nazionale. Assente il ministro Galletti impegnato altrove, la relazione sui lavori è stata fatta da Francesco La Camera, Direttore Generale di Minambiente. Tra gli altri interventi quelli di Mariagrazia Midulla del WWF, Mauro Albrizio di Legambiente, Riccardo Valentini del Centro Mediterraneo Cambiamenti Climatici. Presenti alcuni rappresentanti della delegazione parlamentare italiana e gli altri delegati nazionali delle autorità locali e della società civile (foto sotto).
Se i discorsi di apertura di Re Mohammed VI e del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon sono apparsi piuttosto formali, quello di Hollande lo è stato molto meno. Il presidente francese ha ribadito che l'Accordo di Parigi è "irreversibile" e che in tutto il mondo governi, imprese, settore finanziario, società civile e cittadini stanno intraprendendo iniziative che portano a risultati concreti. Hollande ha ribadito che gli Stati Uniti devono rispettare gli impegni presi e che la Francia sarà in prima linea per instaurare un dialogo con il nuovo Presidente Trump "con rispetto e determinazione". "Malgrado tutte le nostre differenze - ha concluso Hollande - quello che ci unisce è ciò che abbiamo in comune, il nostro pianeta".
Ieri si è insediato anche il gruppo CMA (Conference of the Parties serving as the Meeting of the Parties to the Paris Agreement), la commissione permanente che dovra sovraintendere e verificare l'attuazione dell'Accordo di Parigi.
Ieri sera al padiglione Italia è stata anche convocata una riunione per valutare lo stato dei negoziati e la posizione nazionale. Assente il ministro Galletti impegnato altrove, la relazione sui lavori è stata fatta da Francesco La Camera, Direttore Generale di Minambiente. Tra gli altri interventi quelli di Mariagrazia Midulla del WWF, Mauro Albrizio di Legambiente, Riccardo Valentini del Centro Mediterraneo Cambiamenti Climatici. Presenti alcuni rappresentanti della delegazione parlamentare italiana e gli altri delegati nazionali delle autorità locali e della società civile (foto sotto).
La foto di gruppo della COP 22
Ecco la family picture, la foto di gruppo dell'apertura del High Level Segment, la sessione della COP 22 in cui ogni nazione ha spazio per una dichiarazione politica. Si riconoscono in prima fila Re Mohammed VI del Marocco (al centro, in abito scuro,con la barba). Accanto a lui il presenzialista per eccellenza: Alberto di Monaco. Sulla destra il Segretario Ban Ki-moon e sulla sinistra il presidente francese François Hollande.
Qui sotto la foto completa (cliccare per ingrandire).
Qui sotto la foto completa (cliccare per ingrandire).
martedì 15 novembre 2016
Come Trump ha vinto (e Clinton ha perso)
Il Washington Post dedica un lungo pezzo all'analisi del voto presidenziale e mette a fuoco gli elementi cruciali della vittoria di Trump (e della sconfitta di Clinton). Si è molto parlato del fatto che nel voto popolare Hillary Clinton mantenga oltre 400.000 voti di distacco su Trump, evento raro ma non ecccezionale. Nelle presidenziali USA era già successo tre volte che il candidato perdente fosse più votato. Il sistema elettorale, che assegna i seggi su base statale, può portare a questo se il candidato perdente vince di larga misura negli stati più popolosi (Clinton ha vinto con ampio margine in California, Illinois e New York).
Calcolando gli stati vinti senza competizione da Trump (26) e da Clinton (18) il conteggio dei delegati è di 227 a 222, quindi una partita ancora molto aperta. Restano gli stati dove la gara è stata avvincente, con distacchi inferiori al due per cento: New Hampshire, Minnesota, Florida, Wisconsis, Pennsylvania e Michigan. Nei primi due ha prevalso Clinton, negli altri quattro Trump. Anche tralasciando il peso del voto il Florida, con i 46 voti che sommano Pennsylvania, Michigan e Wisconsin Hillary Clinton avrebbe raggiunto quota 278 e si sarebbe assicurata la presidenza. Il grafico qui sopra mostra in rosso lo scarto con cui invece i tre stati sono finiti a Trump, paragonato al totale dei voti espressi.
Le elezioni presidenziali 2016 sono state decise da 107.000 voti, pari allo 0,09 del totale di chi si è recato ai seggi.
Calcolando gli stati vinti senza competizione da Trump (26) e da Clinton (18) il conteggio dei delegati è di 227 a 222, quindi una partita ancora molto aperta. Restano gli stati dove la gara è stata avvincente, con distacchi inferiori al due per cento: New Hampshire, Minnesota, Florida, Wisconsis, Pennsylvania e Michigan. Nei primi due ha prevalso Clinton, negli altri quattro Trump. Anche tralasciando il peso del voto il Florida, con i 46 voti che sommano Pennsylvania, Michigan e Wisconsin Hillary Clinton avrebbe raggiunto quota 278 e si sarebbe assicurata la presidenza. Il grafico qui sopra mostra in rosso lo scarto con cui invece i tre stati sono finiti a Trump, paragonato al totale dei voti espressi.
Le elezioni presidenziali 2016 sono state decise da 107.000 voti, pari allo 0,09 del totale di chi si è recato ai seggi.
Dal 28 novembre Business Insider in versione italiana
L'edizione italiana del sito Business Insider sarà online dal 28 novembre. L'editore è Elemedia, una società del gruppo L'Espresso. Il direttore è il giornalista finanziario Giovanni Pons, che guiderà un team di cinque giornalisti. L'Italia sarà il dodicesimo paese dove Business Insider è presente, con approfondimenti su economia, finanza, tecnologia e nuove tendenze.
Global Covenant of Mayors, perché no?
Lunedi 14 Novembre a Marrakech è stato il giorno del Climate Summit for Local and Regional Leaders, un evento parallelo inaugurato lo scorso anno alla COP21 di Parigi. Il tema di questa edizione era Finanziare il cambiamento dei territori verso uno sviluppo sostenibile. Il Summit è promosso e organizzato da UCLG, la rete mondiale dei governi locali.
Il Summit non si è svolto nella sede della COP22, ma nel centro congressi Palmeraie, piuttosto distante da Bab Ighli. Anche lo scorso anno la conferenza era stata organizzata nel centro di Parigi, all'Hotel de Ville. Una scelta discutibile che riduce la visibilità dell'evento e rende complesso lo spostamento dei delegati da una sede all'altra. Il traffico a Marrakech è normalmente terribile, e in questi giorni particolarmente infernale.
Al Summit erano presenti molti sindaci e amministratori locali. Tra loro il presidente di UCLG ed ex sindaco di Johannesburg Parks Tau, il sindaco di Rio de Janeiro e presidente di C40 Eduardo Paes, il presidente del Comitato delle Regioni Marku Markkula, il sindaco di Marrakech Mohamed Larbi Belcaïd. Michael Bloomberg ha inviato un messaggio video.
Il Summit ha anche lanciato la versione globale della Covenant of Mayors, il Patto dei Sindaci che in Europa si è rivelato uno strumento estremamente efficace per mettere in pratica azioni locali concrete di contrasto ai cambiamenti climatici. La giornata si è conclusa con l'approvazione di un documento chiamato Marrakech Roadmap for Action che rivendica il ruolo centrale delle città e dei governi locali nell'attuazione dell'Accordo di Parigi.
lunedì 14 novembre 2016
Leon Russell, 1942 - 2016
Leon Russel è morto nel sonno nella sua casa di Nashville, ha annunciato la moglie sul suo sito web. Aveva 74 anni e la sua salute era malferma. L'ultimo problema era stato un attacco di cuore lo scorso luglio.
Claude Russel Bridges, in arte Leon Russell, era nato in Oklahoma e aveva iniziato a suonare il piano da ragazzino. In Oklahoma l'alcool è stato vietato fino al 1959, quindi il giovane Leon poteva suonare nei club anche se minorenne. Appena finito il liceo Jerry Lee Lewis lo portò in tour con sè per due mesi.
Il suo decennio furono gli anni '70. Suonò con i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, i Byrds e molti altri. Quando la Grease Band di Joe Cocker si sciolse poco prima di un tour in Usa, Russel assemblò Mad Dogs and Englishmen, una band poderosa con tre batterie e dieci coristi con cui Cocker e Russell incisero nel 1970 un doppio album live che arrivò al numero 2 della classifica di Billboard. Nel 1971 Leon Russell suonò al Concerto per il Bangladesh di George Harrison assieme a Bob Dylan. Nel 1979 sposò la moglie Janet Lee Constantine, dalla quale ha avuto sei figli.
Ha continuato a suonare e incidere negli anni a seguire fino a un nuovo momento di grande notorietà quando nel 2010 Elton John, che lo ha sempre citato tra le sue principali ispirazioni, lo ha chiamato per un album a quattro mani dal titolo The Union, a cui seguì un tour di dieci date.
Il suo ultimo concerto è stato lo scorso 12 luglio a Nashville.
Claude Russel Bridges, in arte Leon Russell, era nato in Oklahoma e aveva iniziato a suonare il piano da ragazzino. In Oklahoma l'alcool è stato vietato fino al 1959, quindi il giovane Leon poteva suonare nei club anche se minorenne. Appena finito il liceo Jerry Lee Lewis lo portò in tour con sè per due mesi.
Il suo decennio furono gli anni '70. Suonò con i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan, i Byrds e molti altri. Quando la Grease Band di Joe Cocker si sciolse poco prima di un tour in Usa, Russel assemblò Mad Dogs and Englishmen, una band poderosa con tre batterie e dieci coristi con cui Cocker e Russell incisero nel 1970 un doppio album live che arrivò al numero 2 della classifica di Billboard. Nel 1971 Leon Russell suonò al Concerto per il Bangladesh di George Harrison assieme a Bob Dylan. Nel 1979 sposò la moglie Janet Lee Constantine, dalla quale ha avuto sei figli.
Ha continuato a suonare e incidere negli anni a seguire fino a un nuovo momento di grande notorietà quando nel 2010 Elton John, che lo ha sempre citato tra le sue principali ispirazioni, lo ha chiamato per un album a quattro mani dal titolo The Union, a cui seguì un tour di dieci date.
Il suo ultimo concerto è stato lo scorso 12 luglio a Nashville.
Donald Trump ha nominato il suo capo di gabinetto
Il capo di gabinetto di Donald Trump (70) sarà Reince Priebus (44). Il giovane Priebus è considerato una colomba nel cerchio magico di Trump. Priebus è a capo del Comitato Nazionale Repubblicano, una sorta di segretario del partito, tradotto nelle dinamiche italiane. Priebus è stato preferito a Stephen K. Bannon, lo spin doctor della campagna di Trump, un personaggio dalle posizioni decisamente più estremiste. Priebus ha dalla sua un rapporto consolidato con Paul D. Ryan , portavoce repubblicano della Camera, che servirà ad ammorbidire i rapporti con i molti eletti repubblicani che avevano preso le distanze da Trump in campagna elettorale.
domenica 13 novembre 2016
Un sarcofago e una mummia di tremila anni fa
Il ministero egiziano delle antichità ha fatto sapere oggi che un team di archeologi spagnoli ha scoperto un sarcofaco contenente una mummia "in condizioni molto buone" nei pressi di Luxor. Il reperto è stato trovato sulla sponda occidentale del Nilo e secondo gli esperti risale ad un periodo tra il 1075 e il 664 prima di Cristo. Tra i disegni policromi che decorano il sarcofago di legno si riconoscono le dee Iside e Nefti, con le ali spiegate, e i quattro figli di Horus.
COP22, il bilancio della prima settimana
Ieri a Marrakech Salaheddine Mezouar, ministro degli estero del Marocco e presidente della COP22, ha convocato una conferenza stampa assieme a Patricia Espinosa, segretario della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite. Mezouar e Espinosa fanno fatto il punto sulla conferenza, che ha concluso la settimana di apertura, tradizionalmente più tcnica, e si appresta a dare spazio alla politica nella seconda, con l'arrivo dei ministri e l'inizio martedì del High Level Segment, con gli interventi dei rappresentanti di ogni nazione. Per l'apertura della sessione martedì saranno presenti il re del Marocco Mohammed VI e il Segretario Generale ONU Ban Ki-moon. L'intervento del ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti è previsto nella serata di mercoledì 16.
Martedì verrà anche presentata la Marrakech Call of Action, un documento politico predisposto dalla presidenza marocchina dopo lunghe consultazioni. Non tutti sono convinti che un nuovo documento sia una buona idea, anche se è rituale che chi ospita la COP voglia lasciare un segno del proprio impegno con una dichiarazione che resti negli annali. I più pessimisti temono che un documento politico, in una fase ancora piuttosto confusa, possa portare a dei distinguo e alla radicalizzazione di alcune posizioni.
Mezouar ha annunciato con soddisfazione che il numero delle nazioni che hanno ratificato l'accordo di Parigi è salito a 109 e ha invitato gli altri paesi a unirsi al gruppo. Naturalmente molti giornalisti hanno fatto domande sull'influenza del risultato delle elezioni USA sul processo di attuazione dell'Accordo di Parigi. Mezouar ha risposto diplomaticamente che "il popolo americano è molto attento e impegnato nella lotta ai cambiamenti climatici". In realtà qualcosa si sta già muovendo e voci dal Golfo riferiscono che paesi come Arabia Saudita e Qatar abbiano accolto con sollievo l'elezione di Trump, vista la sua posizione sui combustibili fossili. L'Arabia Saudita peraltro è tra le nazioni che ha già ratificato l'accordo, come gli Emirati Arabi e gli stessi Stati Uniti. Iran, Kuwait, Oman e Qatar devono ancora farlo.
Da quando è stato eletto, Trump non ha più espresso opinioni sul cambiamento climatico, che in nel 2012 aveva definito "un invenzione della Cina per togliere competitività all'America". Il presidente della Commissione Europea Juncker giovedi scorsò ha chiesto pubblicamente di conoscere le posizioni del nuovo presidente americano sul tema. La diplomazia cinese nel frattempo non sembra essere influenzata da Trump e continua a dichiarare il proprio impegno nell'attuazione dell'accordo, che è entrato in vigore così velocemente proprio per la ratifica congiunta di USA e Cina lo scorso 3 settembre.
Martedì verrà anche presentata la Marrakech Call of Action, un documento politico predisposto dalla presidenza marocchina dopo lunghe consultazioni. Non tutti sono convinti che un nuovo documento sia una buona idea, anche se è rituale che chi ospita la COP voglia lasciare un segno del proprio impegno con una dichiarazione che resti negli annali. I più pessimisti temono che un documento politico, in una fase ancora piuttosto confusa, possa portare a dei distinguo e alla radicalizzazione di alcune posizioni.
Mezouar ha annunciato con soddisfazione che il numero delle nazioni che hanno ratificato l'accordo di Parigi è salito a 109 e ha invitato gli altri paesi a unirsi al gruppo. Naturalmente molti giornalisti hanno fatto domande sull'influenza del risultato delle elezioni USA sul processo di attuazione dell'Accordo di Parigi. Mezouar ha risposto diplomaticamente che "il popolo americano è molto attento e impegnato nella lotta ai cambiamenti climatici". In realtà qualcosa si sta già muovendo e voci dal Golfo riferiscono che paesi come Arabia Saudita e Qatar abbiano accolto con sollievo l'elezione di Trump, vista la sua posizione sui combustibili fossili. L'Arabia Saudita peraltro è tra le nazioni che ha già ratificato l'accordo, come gli Emirati Arabi e gli stessi Stati Uniti. Iran, Kuwait, Oman e Qatar devono ancora farlo.
Da quando è stato eletto, Trump non ha più espresso opinioni sul cambiamento climatico, che in nel 2012 aveva definito "un invenzione della Cina per togliere competitività all'America". Il presidente della Commissione Europea Juncker giovedi scorsò ha chiesto pubblicamente di conoscere le posizioni del nuovo presidente americano sul tema. La diplomazia cinese nel frattempo non sembra essere influenzata da Trump e continua a dichiarare il proprio impegno nell'attuazione dell'accordo, che è entrato in vigore così velocemente proprio per la ratifica congiunta di USA e Cina lo scorso 3 settembre.
The concept of global warming was created by and for the Chinese in order to make U.S. manufacturing non-competitive.— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) November 6, 2012
Beppe Grillo & Friends
Oggi il Guardian la mette giù dura e tra le forze xenofobe e di estrema destra d'Europa accomuna Beppe Grillo a Marine Le Pen, all'olandese Geert Wilders e alla leader populista anti immigrazione tedesca Frauke Petry. La percezione al di fuori dei confini nazionali è che il M5S sia allineato con costoro, e va detto che i commenti entusiastici di Grillo all'elezione di Donald Trump purtroppo sembrano confermare la tesi.
L'onda lunga del populismo reazionario di Trump arriverà in Europa? Nel vecchio continente sta per iniziare un anno politico molto tormentato e il Guardian elenca le prossime scadenze. Si comincia oviamente con il nostro referendum del 4 dicembre. Il quotidiano inglese però non cita la ripetizione delle elezioni in Austria previste per il 2 ottobre e poi rinviate al prossimo 4 dicembre per un problema di colla difettosa sulle schede del voto per corrispondenza, anche qui la destra xenofoba potrebbe prevalere. Seguono le elezioni generali in Olanda, in programma il 15 marzo 2017. Poi il 23 aprile ci sarà il primo turno delle presidenziali in Francia, con Le Pen prevista al ballottaggio del 7 maggio contro Alain Juppé e i socialisti del presidente Hollande non pervenuti. In autunno il grande appuntamento con le elezioni in Germania, la data non è ancora fissata ma dovrebbe essere tra settembre e ottobre. Tra un anno sapremo se la tolleranza e i diritti avranno ancora una casa in Europa.
L'onda lunga del populismo reazionario di Trump arriverà in Europa? Nel vecchio continente sta per iniziare un anno politico molto tormentato e il Guardian elenca le prossime scadenze. Si comincia oviamente con il nostro referendum del 4 dicembre. Il quotidiano inglese però non cita la ripetizione delle elezioni in Austria previste per il 2 ottobre e poi rinviate al prossimo 4 dicembre per un problema di colla difettosa sulle schede del voto per corrispondenza, anche qui la destra xenofoba potrebbe prevalere. Seguono le elezioni generali in Olanda, in programma il 15 marzo 2017. Poi il 23 aprile ci sarà il primo turno delle presidenziali in Francia, con Le Pen prevista al ballottaggio del 7 maggio contro Alain Juppé e i socialisti del presidente Hollande non pervenuti. In autunno il grande appuntamento con le elezioni in Germania, la data non è ancora fissata ma dovrebbe essere tra settembre e ottobre. Tra un anno sapremo se la tolleranza e i diritti avranno ancora una casa in Europa.
venerdì 11 novembre 2016
COP22, nei corridoi si parla di Trump
Venerdì alla COP22 di Marrakech si è parlato di genere. Anne Hidalgo, sindaco di Parigi e leader di C40, la rete delle grandi città del pianeta, ha presentato l'iniziativa Women4Climate. Assieme a lei c'erano Patricia Espinosa, segretario di UNFCCC, Laurence Tubiana, capo delegazione della Francia, Celeste Ketcha-Courtes, sindaco di Bangangte, Camerun e la deputata marocchina Hakima El Haite. Le donne sono la categoria più minacciata dai cambiamenti climatici e l'iniziativa Women4Climate sarà presentata ufficialmente a dicembre nel Mayor Summit C40 di Mexico City.
Nel frattempo i tavoli di negoziazione di Marracech proseguono il loro lavoro oscuro, cercando di mettere dei punti fermi nell'attuazione dell'accordo di Parigi. I temi più controversi sono gli stessi da sempre: i finanziamenti per i paesi in via di sviluppo e il technology transfer, le modalità per garantire che i paesi più poveri abbiano accesso agli strumenti più aggiornati ed efficaci per combattere i cambiamenti climatici.
Da ieri però nei corridoi si parla solo della nuova presidenza USA. Molti sono preoccupati dal fatto che Donald Trump sia l'unico leader mondiale che nega il cambiamento climatico. Cosa succederà ora che è arrivato alla Casa Bianca? Gli Stati Uniti hanno ratificato l'Accordo di Parigi assieme alla Cina in una storica giornata nell'apertura del G20 di Hangzou lo scorso 3 settembre. L'Accordo di Parigi è entrato formalmente in vigore il 4 novembre e, oltre ad essere vincolante per le nazioni che hanno aderito, prevede un tempo minimo di tre anni per la disdetta. Quindi, anche nel caso che gli Stati Uniti volessero fare marcia indietro, dovrebbero comunque attendere il 4 novembre 2019, quando mancherebbe solo un anno alla scadenza del mandato presidenziale di Donald Trump e la corsa alla successione sarebbe già partita.
Difficile oggi fare previsioni. La certezza è che i mercati e l'industria, anche negli Stati Uniti, hanno già puntato da tempo sulle rinnovabili e la decarbonizzazione. Un processo che sembra ormai inarrestabile e che Trump potrebbe paradossalmente decidere di assecondare, anche nella sua logica protezionista.
Nel frattempo i tavoli di negoziazione di Marracech proseguono il loro lavoro oscuro, cercando di mettere dei punti fermi nell'attuazione dell'accordo di Parigi. I temi più controversi sono gli stessi da sempre: i finanziamenti per i paesi in via di sviluppo e il technology transfer, le modalità per garantire che i paesi più poveri abbiano accesso agli strumenti più aggiornati ed efficaci per combattere i cambiamenti climatici.
Da ieri però nei corridoi si parla solo della nuova presidenza USA. Molti sono preoccupati dal fatto che Donald Trump sia l'unico leader mondiale che nega il cambiamento climatico. Cosa succederà ora che è arrivato alla Casa Bianca? Gli Stati Uniti hanno ratificato l'Accordo di Parigi assieme alla Cina in una storica giornata nell'apertura del G20 di Hangzou lo scorso 3 settembre. L'Accordo di Parigi è entrato formalmente in vigore il 4 novembre e, oltre ad essere vincolante per le nazioni che hanno aderito, prevede un tempo minimo di tre anni per la disdetta. Quindi, anche nel caso che gli Stati Uniti volessero fare marcia indietro, dovrebbero comunque attendere il 4 novembre 2019, quando mancherebbe solo un anno alla scadenza del mandato presidenziale di Donald Trump e la corsa alla successione sarebbe già partita.
Difficile oggi fare previsioni. La certezza è che i mercati e l'industria, anche negli Stati Uniti, hanno già puntato da tempo sulle rinnovabili e la decarbonizzazione. Un processo che sembra ormai inarrestabile e che Trump potrebbe paradossalmente decidere di assecondare, anche nella sua logica protezionista.
Leonard Cohen, 1934 - 2016
I toni molto cupi del suo ultimo, splendido lavoro e le sue stesse parole nelle interviste recenti avevano già lanciato delle premonizioni sul fatto che Leonard Cohen sentisse ormai vicina la propria fine. L'artista canadese è morto questa notte a Los Angeles, come ha confermato la sua stessa pagina Facebook. Le cause del decesso non sono stare rese note.
Dopo una gioventù passata scrivendo poesie tra il Canada e la Grecia, dove aveva preso residenza nell'isola di Hydra, Cohen pubblicò il suo primo album Songs of Leonard Cohen nella primavera del 1967, quando aveva 32 anni. Il disco si apriva con Suzanne, una delle sue canzoni più famose. Nel 1969 uscì Songs From a Room. Altri quattro album negli anni '70, due negli anni '80 e solo uno negli anni '90, The Future del 1992. Seguì un lungo silenzio con alcuni anni di isolamento nel monastero buddista di Mount Baldy, sulle montagne di Los Angeles. Poi, dopo quasi dieci anni, il ritorno alla musica nel 2001 con Ten New Songs, seguito da Dear Heather tre anni dopo. Ancora una lunga pausa di otto anni e poi tre nuovi dischi nel giro di quattro anni. L'ultimo, You Want It Darker, è uscito lo scorso 21 ottobre. Era stato preceduto dalla titletrack, pubblicata il giorno dell'82imo compleanno di Cohen, il 21 settembre. Sulla copertina di You Want It Darker Cohen è ritratto con una sigaretta in mano. Quando un giornalista gli ha ricordato che aveva detto di aver smesso di fumare ha risposto: "Ci sono persone di cui non ti puoi fidare".
Negli ultimi tempi era afflitto da molti acciacchi e forti dolori alla schiena lo costringevano spesso a casa. Le parti vocali di You Want It Darker sono state registrate su un laptop con un microfono nel tavolo del salotto. Il ritornello di You Want It Darker recita:
Qui sotto il tributo pubblicato oggi da Jennifer Warnes, una delle tante fidanzate di un Ladies Man.
Dopo una gioventù passata scrivendo poesie tra il Canada e la Grecia, dove aveva preso residenza nell'isola di Hydra, Cohen pubblicò il suo primo album Songs of Leonard Cohen nella primavera del 1967, quando aveva 32 anni. Il disco si apriva con Suzanne, una delle sue canzoni più famose. Nel 1969 uscì Songs From a Room. Altri quattro album negli anni '70, due negli anni '80 e solo uno negli anni '90, The Future del 1992. Seguì un lungo silenzio con alcuni anni di isolamento nel monastero buddista di Mount Baldy, sulle montagne di Los Angeles. Poi, dopo quasi dieci anni, il ritorno alla musica nel 2001 con Ten New Songs, seguito da Dear Heather tre anni dopo. Ancora una lunga pausa di otto anni e poi tre nuovi dischi nel giro di quattro anni. L'ultimo, You Want It Darker, è uscito lo scorso 21 ottobre. Era stato preceduto dalla titletrack, pubblicata il giorno dell'82imo compleanno di Cohen, il 21 settembre. Sulla copertina di You Want It Darker Cohen è ritratto con una sigaretta in mano. Quando un giornalista gli ha ricordato che aveva detto di aver smesso di fumare ha risposto: "Ci sono persone di cui non ti puoi fidare".
Negli ultimi tempi era afflitto da molti acciacchi e forti dolori alla schiena lo costringevano spesso a casa. Le parti vocali di You Want It Darker sono state registrate su un laptop con un microfono nel tavolo del salotto. Il ritornello di You Want It Darker recita:
Hineni in ebraico significa Eccomi qua. Poche settimane fa Cohen si raccontava a David Remnick in un bellissimo articolo-intervista sul New Yorker. "Non oso intraprendere una strategia spirituale. Ho del lavoro da fare. Ho degli affari da sbrigare. Sono pronto a morire. Spero che non sia troppo spiacevole. Per me è tutto qui" raccontava Cohen. Salvo poi smentire queste frasi pochi giorni dopo in un incontro al consolato canadese di Los Angeles. "Ho detto di essere pronto a morire, ma credo di avere esagerato. Tendo sempre a drammatizzare le mie cose. In realtà ho intenzione di vivere per sempre" aveva detto sorridendo, illustrando poi i progetti per due nuovi album. L'ennesima dimostrazione di un talento enigmatico e affascinante.Hineni HineniI’m ready my Lord.
Qui sotto il tributo pubblicato oggi da Jennifer Warnes, una delle tante fidanzate di un Ladies Man.
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