Nell'Europa a 27 ci sono quasi 500 milioni di abitanti. In Irlanda gli elettori che giovedì scorso hanno votato contro il trattato europeo sono stati 862.415, mentre a favore si sono espressi 752.451 irlandesi. Ha votato poco più della metà degli aventi diritto. L'Irlanda, enclave cattolica dell'arcipelago britannico, è l'unica nazione europea dove non ci sono serpenti, forse per merito di San Patrizio. Un paese marginale per l'Unione, ma che negli anni passati ha goduto di grandi risorse comunitarie (nel periodo 2000-2006 era nel cosiddetto "Obiettivo 1", come il meridione d'Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia). Gli investimenti europei hanno portato a Dublino occupazione e benessere, una crescita record e il sogno di diventare la Silicon Valley d'Europa, con nuovi insediamenti delle grandi multinazionali ICT. Poi la recessione economica e il ritorno a una realtà dura, con prospettive poco allettanti.
Le conseguenze politiche del voto irlandese sono ancora tutte da valutare, perché Bruxelles non aveva nemmeno preso in considerazione un esito così infausto. Lucio Caracciolo di Limes descrive con la consueta lucidità lo scenario che si sta prefigurando e sintetizza che "non è la vittoria degli euroscettici ma degli euroannoiati".
In Italia siamo alle solite, con il governo diviso in almeno tre posizioni diverse. Il presidente Napolitano diffonde una nota insolitamente dura, in cui invita a "lasciare fuori dall'Unione chi ostacola il suo processo di integrazione". Gianfranco Fini afferma che "senza i principi e le regole di funzionamento del Trattato di Lisbona, l'Unione Europea è di fatto ingovernabile e paralizzata". Berlù si dice "preoccupato". Casini e Veltrone costernati.
Gli statisti della Lega Nord, con in testa i ministri Calderoli e Castelli, esultano e fanno i complimenti alla "celtica e verde Irlanda".
Il IV governo Berlusconi aveva approvato all'unanimità il trattato di Lisbona lo scorso 30 maggio. Il ministro degli esteri Frattini, fino a pochi mesi fa commissario europeo, aveva voluto ribadire che "sul tema non ci sono divisioni all'interno del governo".Il ministro per le politiche comunitarie Ronchi aveva espresso la sua "grande soddisfazione". Ma ieri Ronchi è diventato improvvisamente scettico. Nella nota ufficiale diramata dal suo ministero
dichiara che "non è stata sconfitta l’Europa ma una certa idea fredda e burocratica dell’Europa". Parole simili alle affermazioni leghiste di Castelli che si rallegra che "sono stati sconfitti i burocrati europei". Contento della bocciatura del trattato di Lisbona anche Gennaro Migliore, ex promessa di Rifondazione Comunista.
Ma il ministro Ronchi, fedelissimo di Fini e già organico portavoce di Alleanza Nazionale, dove ha nascosto la sua "grande soddisfazione" di quindici giorni fa? Dimenticata, si direbbe. Almeno leggendo l'intervista pubblicata oggi da Il Giornale, l'organo di stampa della famiglia Berlusconi.
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