I 27 ministri dell'ambiente d'Europa si sono riuniti venerdì scorso a Lussemburgo per una sessione dell'Environment Council, la prima del semestre di presidenza del Belgio. In agenda tre temi fondamentali: la biodiversità, gli OGM e i cambiamenti climatici.
Sul tema del clima era prevista una decisione sull'ipotesi, presentata nell'incontro dello scorso marzo e poi ridiscussa in quello di giugno, di aumentare l'obiettivo di riduzione delle emissioni al 2020 dal 20 al 30 per cento. Su questo tema l'incontro di giugno si era concluso con la decisione di approfondire ulterriormente il rapporto costi-benefici dell'aumento al 30%. L'argomento divide gli stati, con le grandi nazioni occidentali come Francia, Germania, Regno Unito (ma anche Spagna, Svezia e Danimarca) convinte che l'aumento al 30% sia negli interessi dell'Europa, anche alla luce del risultato già incassato che, anche per via della crisi economica, è un 17.3% in meno certificato dall'Agenzia Europea per l'Ambiente. I promotori del target 30% ripetono che lasciare il tetto di riduzione al 20, essendo già stato raggiunto al 17, vorrebbe dire scegliere uno scenario business as usual e sostanzialmente perdere competitività internazionale.
Di tutt'altro avviso sono molti paesi dell'Europa centrale e orientale e l'Italia, che insistono sui rischi dell'innalzamento al 30% e sulla necessità che la decisione non sia una scelta unilaterale dell'Europa, ma venga condivisa dagli altri grandi paesi inquinanti. Su posizioni caute a Lussemburgo si è schierata a sorpresa anche la Finlandia. Una decisione condivisa è ancora lontana e la scelta è stata ulteriormente rimandata, come viene chiarito nella comunicazione ufficiale diffusa a Lussemburgo nella quale si annuncia una risoluzione finale per la primavera 2011 e cioè dopo la COP 16 di Cancun. La Commissaria all'Azione per il Clima Connie Hedegaard continua a svolgere un ruolo di mediazione tra i due fronti.
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