Nel post precedente ho cercato di sintetizzare le contraddizioni e le questioni insolute nella strategia pubblica europea per il cambiamento climatico. Ma nel settore privato le cose non vanno meglio. Poco prima che i ministri dell'ambiente europei si riunissero il 14 ottobre a Lussemburgo per l'Environment Council, la presidenza di turno UE del Belgio aveva ricevuto una lettera da BusinessEurope, la Confindustria d'Europa, nella quale si sottolinea come l'ipotesi di aumentare la riduzione delle emissioni al 30% sarebbe "prematura e persino controproducente".
Contemporaneamente un gruppo di 29 grandi imprese europee ha diffuso un comunicato che, al contrario, raccomanda all'Europa di innalzare al 30% il tetto di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2020. La dichiarazione è stata consegnata a tutte le istituzioni europee. Le 29 imprese sono Acciona, Alstom, Asda, Atkins, Barilla, BNP Paribas, BSkyB, Capgemini, Centrica plc, Climate Change Capital, Crédit Agricole, DHV Group, Elopak, Eneco, F&C Asset Management, GE Energy, Johnson Controls Inc, Kingfisher, Google, Marks and Spencer, Nike, Philips Lighting, SKAI Group of Companies, Sony Europe, Standard Life, Swiss Re, Tryg, Thames Water, and Vodafone. Nell'elenco c'è solo un'azienda italiana, Barilla.
La dichiarazione ha il supporto del Climate Group, il Cambridge Programme for Sustainability Leadership e del WWF.Nel documento è scritto che l'Europa deve aumentare i suoi target di riduzione emissioni per incentivare gli investimenti nelle nuove tecnologie, garantire la crescita economica e creare nuovi posti di lavoro. Si sottolinea anche la congiuntura favorevole della crisi economica, che rende più facile raggiungere obiettivi ambiziosi di taglio delle emissioni di CO2. E si ricorda come il mercato mondiale low carbon vale già oggi 3400 miliardi di Euro e continua a crescere con rapidità.
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