lunedì 29 novembre 2010

Yes we Cancun/8

A poche ore dall'inizio della COP 16, che si aprirà ufficialmente alle 17 italiane di oggi, può essere utile descrivere brevemente i problemi dell'America di Obama e quanto questi possano influire sull'esito dei negoziati globali sul clima.
Gli USA sono l'unico grande paese occidentale che non ha sottoscritto il protocollo di Kyoto e che quindi non ha obblighi di riduzione delle emissioni da rispettare. Lo scorso anno alla COP 15 di Copenhagen Obama dichiarò la "volontà" di tagliare le emissioni americane del 17% al 2020 rispetto al 2005, che corrisponde a una riduzione tra il 3 e il 4 per cento rispetto al 1990 (il protocollo di Kyoto prevede una riduzione del 5.2% al 2012 rispetto al 1990). L'impegno politico di Obama non è stato ratificato da atti legislativi. Il Climate Bill che avrebbe trasformato in legge la riduzione del 17% è stato definitivamente ritirato dall'agenda del senato USA a luglio, ritenendo che non fosse adatto alla campagna elettorale. L'esito delle elezioni di midterm ha peggiorato la situazione, con i Democratici che hanno perso la camera e conservano maggioranza minima al senato. Le prospettive politiche non sono incoraggianti: nel 2012, assieme alle presidenziali, si svolgeranno le consultazioni per il rinnovo di un terzo dei seggi senatoriali. Di questi, due su tre sono occupati oggi da Democratici, che sarà estremamente difficile riconfermare in blocco. In ogni caso una maggioranza minima non basta, perché per ratificare un trattato internazionale al senato americano servono 67 voti favorevoli.
Lo stallo americano è il miglior alibi per la Cina e gli altri grandi paesi in via di sviluppo, che puntano il dito su Washington perché faccia la prima mossa.

Sostenibilitalia seguirà la COP16 con aggiornamenti e informazioni, proseguendo un lavoro iniziato alla COP13 di Bali 2007. Altre notizie sul sito a21italy.it.

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