Ho passato la serata ad ascoltare la surreale diretta dal Senato, con Mastella che citava Pablo Neruda e il mitico Turigliatto applaudito da Storace. Per non deprimermi troppo nel frattempo leggevo i giornali di oggi e mi sono fermato sul report di Repubblica del World Economic Forum di Davos, particolarmente sui giudizi che molti insigni economisti hanno espresso sul nostro paese. Tra gli altri mi ha colpito l'osservazione di Moises Naim (foto) direttore del progressista Foreign Policy Magazine. Con molto realismo Naim ha detto che l'Italia "conta poco nel mondo, non è un paese 'sistemico' nel senso che quello che succede da voi, in campo economico come in quello politico, ha un impatto molto limitato fuori dai suoi confini". In situazioni imbarazzanti come quella odierna il fatto di essere poco presenti sulle cronache globali può essere un vantaggio per la reputazione del paese. Ma di certo l'Italia mantiene un atteggiamento molto provinciale sulla scena internazionale. Questo provincialismo si manifesta in varie forme, dalle corna fatte da Berlusconi dietro le teste di un capo di stato nelle foto ufficiali dei vertici europei, a quell'aria da gita scolastica che hanno troppo spesso i nostri funzionari e amministratori in missione. Una volta, quando mi sono presentato per la seconda riunione di un gruppo di lavoro di Bruxelles mi hanno detto: "Ancora tu? Strano, di solito gli italiani mandano ogni volta uno diverso". Perché la trasferta istituzionale spesso è un viaggio premio più che una missione.
Il provincialismo piace a molti, soprattutto alla destra e alla Lega, che ne interpreta la versione più rozza. Berlusconi, con la sua aria da playboy stagionato tinto, abbronzato e rifatto ne è l'emblema: una barzelletta, una pacca, un orologio costoso e ti conquisterò.
Sotto questo aspetto non ci sono cifre da confrontare o contestare, ci stanno superando davvero tutti: Spagnoli, Portoghesi, Irlandesi, Estoni. Persino i nostri "cugini" Greci (una faccia una razza, diceva lui) sono ormai più europei di noi. Basta vedere come sono cambiate in pochi anni Atene e Salonicco.
Questo provincialismo non è solo imbarazzante, è un indicatore del declino di un paese autoreferenziale, pettegolo e popolato da capiscioni che si augurano solo che le cose vadano a male per poter dire "te l'avevo detto". Riusciremo mai a cambiare?
Fino all'ultimo mi sembrava impossibile che avrebbero avuto la meglio sul paese interessi così piccoli. Senza pudore.
RispondiElimina'Questo provincialismo non è solo imbarazzante, è un indicatore di declino di un paese autoreferenziale'.
Tu delinei con precisione chirurgica lo stato generale dei fatti, e il conseguente stato d'animo di moltissimi italiani.
Soprattutto dopo ieri.
L'Italia non cambierà, almeno a breve. "Italia? Spaghetti, mandolino, dici cosa fai altra" diceva Paolo Villaggio impersonando una infermiera tedesca obesa in un film commedia del secolo scorso.
RispondiEliminaPer tirarci un po' sù vi segnalo un post incoraggiante scritto da ivan scalfarotto nel suo blog.
RispondiEliminaEcco il link: http://www.ivanscalfarotto.it/2008/01/una_nota_di_ottimismo.html