lunedì 29 luglio 2019

Overshoot Day

Ho scritto il mio primo post sull'Overshoot Day nel 2007, dodici anni fa. Lo potete leggere qui. Allora il giorno in cui il pianeta aveva consumato le sue risorse annuali era il 6 ottobre, in poco tempo è stato anticipato di oltre due mesi. L'ultimo anno in cui il bilancio dell'impronta ecologica globale è stato in pareggio è il 1987.
La data dell'Overshoot Day è calcolata dal Global Footprint Network, una rete creata dallo svizzero Mathis Wackernagel. Nel 2007 eravamo in pochi a parlare di impronta ecologica, oggi tutti i mezzi di informazione danno molto risalto alla notizia. Questo ovviamente è un buon segno: la percezione dei problemi che stiamo creando a noi stessi e al pianeta è certamente aumentata. Le soluzioni, invece, sono ancora lontane.

L'Italia ha davvero bisogno di più polizia?

Dopo il terribile omicidio del carabiniere Cerciello Rega sono tornate le richieste di aumentare la vigilanza nel territorio e di nuove assunzioni nelle forze di polizia. Molti politici di spicco hanno ripreso la questione. Ma l'Italia ha davvero bisogno di più agenti e carabinieri? Secondo i dati di Eurostat l'Italia è uno dei paesi con il maggior numero di tutori dell'ordine, 451 ogni centomila abitanti. Più di noi solo Lettonia, Croazia, Grecia, Malta e Cipro.
La media europea è di 318 su centomila (di cui il 21% donne). Rispetto all'Italia la Germania ha un terzo di agenti in meno (32%), la Francia il 28% in meno, l'Inghilterra meno della metà.

sabato 27 luglio 2019

Social Camera dà assuefazione

Ho scoperto da qualche giorno il sito social.camera.it e ne sono rimasto irretito. Il sito è ufficiale e raccoglie cronologicamente tutti i post social dei deputati della Repubblica e dei gruppi parlamentari. Social Camera è istruttivo e molto divertente. Permette di passare in rassegna quanto scrivono gli eletti, dagli ultimi peones ai grandi leader. Non riesco più a farne a meno.


lunedì 15 luglio 2019

Enormi quantità di emissioni di CO2 per trasportare i rifiuti di Roma all'estero

Vista la carenza di impianti di trattamento locali l'emergenza rifiuti di Roma verrà tamponata (non risolta) spedendo container di monnezza all'estero. Secondo il Messaggero per la gran parte andranno in Svezia, negli inceneritori di Stoccolma e Goteborg. Ma il trasporto della spazzatura romana fino in Scandinavia avrà costi altissimi di emissioni in atmosfera. Un articolo di oggi di Euractiv si basa su uno strumento di calcolo di Danish Shipping che quantifica le emissioni prodotte dal trasporto di un container per ogni singolo miglio nautico: da 829 kg a 1.606 kg di CO2 e da 4.9 a 9.6 Kg di NO2. La distanza dal porto di Civitavecchia a quello di Stoccolma è di oltre tremila miglia nautiche.

giovedì 11 luglio 2019

Europa sostenibile, futuro sostenibile

Dal 1 luglio la Finlandia è presidente di turno del Consiglio Europeo. Lo slogan della presidenza finlandese è Europa Sostenibile, Futuro Sostenibile. Oggi a Helsinki si svolge un vertice informale dei ministri dell'ambiente e del clima dove sono in discussione gli obiettivi dell'Unione sull'emergenza dei cambiamenti climatici. L'ambizione è quella di portare l'Europa a zero emissioni entro il 2050 e di formalizzare la decisione nel Consiglio Europeo del prossimo ottobre o al massimo entro dicembre 2019, termine della presidenza di Helsinki. La diretta del meeting di oggi è a questo link.



domenica 7 luglio 2019

Allargare l'Unione Europea? Per Macron è No

"Sono più che scettico nei confronti di coloro che sostengono che il futuro dell'Europa siano futuri allargamenti, visto che non siamo in grado di trovare un accordo tra 28 nazioni". Queste parole, pronunciate lunedì scorso da Emmanuel Macron dopo il primo fallito vertice sulle nomine europee, hanno gelato le speranze dei paesi balcanici che hanno chiesto l'ingresso nell'Unione Europea. Il fatto che i quattro di Visegrad (Polonia, Ungheria, Cekia e Slovacchia) con il supporto dell'Italia abbiano bloccato la prima proposta che vedeva Timmermans a capo della Commissione ha innervosito molto il presidente francese, che teme che l'ingresso di nuovi membri complichi ulteriormente le scelte politiche.
Montenegro e Serbia hanno già aperto ufficialmente i negoziati con Bruxelles, rispettivamente nel 2012 e nel 2014. Albania e Nord Macedonia, dopo la richiesta di accesso, sperano in una decisione positiva dal Consiglio Europeo, decisione che era attesa entro giugno e che ora è stata promessa entro il prossimo ottobre, cioè prima della scadenza della Commissione Juncker. La Macedonia del Nord è candidata dal lontano 2005, ma la trattativa era stata interrotta fino alla risoluzione della disputa con la Grecia sul nome del paese. L'Albania si è formalmente candidata nel 2014. Bosnia e Kosovo sono ancora molto indietro.
Le parole di Macron sono state smentite dal Commissario all'Allargamento Johannes Hahn e da Angela Merkel in occasione del Western Balkans Summit che si è svolto giovedì e venerdì scorso a Poznan, in Polonia. "Condivido l'opinione di Macron sulla necessità di modificare le nostre procedure decisionali - ha detto Merkel - ma non credo che questa esigenza debba bloccare i negoziati per l'accesso". Aggiungendo anche: "Come sappiamo il processo di adesione dura molto a lungo, e abbiamo tutto il tempo di rivedere i nostri meccanismi".
Quanto peserà la posizione di Macron lo vedremo nei prossimi mesi. Per approvare l'apertura dei negoziati con paesi candidati serve l'unanimità del Consiglio Europeo. Sembra difficile che la Francia arrivi fino alla decisione drastica di porre il proprio veto, alla luce della posizione della Germania e di molti altri paesi europei, tra i quali tutto il blocco orientale con in testa la Polonia.
Il Summit di Poznan è stato l'evento annuale del Processo di Berlino, l'iniziativa diplomatica europea centrata sull'allargamento dell'Unione ai paesi dei Balcani. A Poznan erano presenti, oltre a Merkel, Theresa May e il primo ministro francese Edouard Philippe. L'Italia ancora una volta assente, malgrado la vicinanza e i rapporti di collaborazione con le nazioni balcaniche, con le quali il nostro paese collabora anche nell'ambito della Macroregione Adriatico-Ionica. Anche l'informazione nazionale ha seguito distrattamente l'evento di Poznan e le dichiarazioni di Macron.




venerdì 5 luglio 2019

La Croazia vuole l'Euro

Ieri la Croazia ha iniziato il suo percorso per entrare nell'Eurozona con la richiesta formale di accesso al European Exchange Rate Mechanism (ERM-2), un periodo di due anni in cui la Banca Centrale Europea controlla i valori di cambio delle valute dei paesi che vogliono convertirsi all'Euro. La stessa richiesta era stata avanzata lo scorso anno dalla Bulgaria.
Negli ultimi anni l'economia croata si è stabilizzata grazie al calo della disoccupazione, all'aumento delle esportazioni e alla riduzione del debito pubblico, che ha permesso a Zagabria di uscire dalla procedura europea di eccesso di deficit nel 2017. Il paese tuttavia è ancora in fondo alle classifiche europee con un reddito medio di 870 Euro. Oggi il cambio Kuna/Euro è a 7.40.
La richiesta croata sarà esaminata dai ministri delle finanze dei 19 paesi dell'Eurogruppo lunedi prossimo a Bruxelles. Se sarà approvata la Croazia verra ammessa nel ERM-2 a metà 2020 e potrebbe adottare l'Euro nel 2023.

I combustibili fossili non attirano più investimenti

La borsa di Londra ha riclassificato i titoli di aziende che operano nel settore idrocarburi sotto una nuova categoria chiamata "Non Rinnovabili". Allo stsso tempo le aziende che erano nella categoria "Energie Alternative" ora sono classificate come "Rinnovabili".
Colossi come BP e Shell ora avranno l'etichetta non invidiabile di "Non Rinnovabili", una sorta di lista nera che di certo non incentiva gli investimenti. La classificazione è determinata dalla principale fonte di ricavi delle aziende.
I sostenitori delle energie rinnovabili chiedono da tempo di bloccare i contributi pubblici al settore dei combustibili fossili e i fondi di investimento stanno, seppure lentamente, seguendo questa linea. Recentemente il fondo sovrano previdenziale di Norvegia (il più grande del mondo, mille miliardi di dollari di dotazione) ha disinvestito 13 miliardi dalle aziende che operano nel petrolio e nel carbone. Ma la Banca Europea per gli Investimenti nel 2018 ha finanziato le compagnie che operano nel settore dei combustibili fossili con 2.4 miliardi di Euro.