martedì 21 luglio 2020

Ecco i dettagli dell'accordo europeo, per capire bene.


Per la prima volta l'Europa si indebita per sostenere i paesi in crisi. Non era mai successo, e basta questo per definire storico l'accordo raggiunto questa mattina all'alba a Bruxelles (il testo integrale dell'accordo è a questo link). Sul tavolo dell'interminabile negoziato c'erano due temi centrali per il futuro dell'Unione: l'approvazione del bilancio 2021-2027 e quella del Recovery Fund, ribattezzato Next Generation EU (NGEU).
Le posizioni di partenza erano molto distanti, particolarmente su NGEU sul quale pendeva la contrarietà dei cosiddetti paesi frugali (Austria, Danimarca, Paesi Bassi e Svezia, ai quali si è poi aggiunta la Finlandia) che si erano dichiarati non disponibili a contributi a fondo perduto (grants).
La proposta iniziale di NGEU era di 750 miliardi di Euro, 500 a fondo perduto e 250 in prestiti a tassi molto vantaggiosi. Il "punto di caduta", come si dice, è stato un bilanciamento tra 390 miliardi di grants e 360 miliardi di prestiti, lasciando intatto il totale di 750 miliardi di Euro. Qualcuno osserva che 390 miliardi spalmati in tre anni non sono una cifra impressionante come potrebbe sembrare: rappresentano meno dell'1% del PIL annuo europeo. Tuttavia il principio di solidarietà alla base di NGEU non ha precedenti nella storia dell'Unione Europea.
Il principale beneficiario di NGEU è l'Italia, a cui è destinato il 28% del totale dei fondi: 81.4 in contributi a fondo perduto e 127.4 in prestiti, per un totale di 208.8 miliardi di Euro. Il conto finale è più favorevole al nostro paese di quello presentato nella proposta iniziale della Commissione Europea, che ci destinava rispettivamente 81.8 grants e 90.9 prestiti, 172.7 miliardi in totale.
Come è potuto accadere che i contributi a fondo perduto siano rimasti praticamente invariati malgrado il totale sia sceso da 500 a 390 miliardi? Perché nelle varie limature sono stati progressivamente eliminati i grants gestiti da Bruxelles, mentre poco è cambiato sulle quantità destinate direttamente agli stati membri. Un altro punto a favore di Conte, Amendola e dei negoziatori italiani è quello di essere riusciti a inserire la retroattività, che permetterà di includere negli importi finanziabili gli interventi economici attuati a partire dal 1 febbraio 2020.
Passiamo alle note dolenti, ovvero ai settori a cui sono stati tagliati fondi a livello europeo. Completamente eliminati 7.5 miliardi per gestione sanitaria straordinaria COVID e 26 miliardi di Solvency Instrument, una misura di sostegno per le aziende in crisi. Molto ridotti i finanziamenti alla ricerca e al programma HORIZON, allo sviluppo delle aree rurali, alle politiche di vicinato e alla gestione del fenomeno dei migranti. Fortemente penalizzato il Just Transition Fund, destinato a favorire la transizione energetica dei paesi ancora legati al ciclo del carbone, che passa da 37.5 a 7.5 miliardi.
I fondi NGEU saranno erogati a partire dal 2021 e dovranno essere spesi entro il 2023 attraverso dei piani nazionali redatti in accordo con le raccomandazioni semestrali di Bruxelles e che passeranno al vaglio del Consiglio Europeo, che dovrà approvarli entro 60 giorni. Nel caso alcuni dei piani fossero ritenuti inadeguati i paesi membri potranno azionare il "freno di emergenza", che obbligherà la Commissione a sospendere i pagamenti in attesa di un audit approfondito e di una votazione a maggioranza qualificata, ovvero almeno 15 paesi che rappresentano il 65% della popolazione europea.
Bruxelles conta di finanziare NGEU con una plastic tax, in vigore dal 2021, e con una digital tax e una tassa sulle transazioni finanziarie dai contorni ancora vaghi e il cui orizzonte è però al 2023.
Sul fronte del budget 2021-2027 il presidente del Consiglio Europeo Michel è riuscito a mantenere inalterata la proposta iniziale di 1.074 miliardi di Euro e la quota di almeno il 30% del bilancio da destinare all'azione climatica e al Recovery Package. I tagli più importanti rispetto al budget 2014-2020 riguardano le politiche agricole (PAC) che scendono di 19 miliardi per attestarsi a 77.85.
Per accontentare i paesi frugali sono stati aumentati i rebates, i rimborsi delle quote dei paesi contributori netti, aumenti ai quali però la Germania ha rinunciato. Ci sono altre concessioni come l'aumento al 25% della quota dei dazi doganali che i porti possono trattenere (misura che favorisce Rotterdam e gli olandesi, ma anche i porti italiani).
Resta sospesa la questione della Rule of Law o stato di diritto, che introdurrebbe la possibilità di bloccare i fondi destinati a paesi che non rispettassero le regole di democrazia interna e che preoccupa molto in particolare Ungheria e Polonia.
Va sottolineato che con la recessione economica nazionale, che ha aumentato la quota di fondi strutturali destinati al nostro paese, e con l'introduzione del NGEU nel bilancio 2021-2027 l'Italia passerà da contributore a beneficiario netto dell'Europa, smontando uno dei mantra della destra sovranista.
Ora il bilancio passa all'esame del Parlamento Europeo, già convocato giovedì per una prima sessione di valutazione.



lunedì 13 luglio 2020

In Europa fa sempre più caldo

In Europa i primi sei mesi del 2020 sono stati i più caldi di sempre, con 2.2°C sopra la temperatura media 1910-2020. Il record precedente era un +2.1°C del 2007.

martedì 7 luglio 2020

Previsoni economiche, l'Italia in coda all'Europa


La Commissione Europea ha diffuso oggi i dati del Summer 2020 Economic Forecast. Tutte le previsioni sono in peggioramento rispetto alle precedenti proiezioni dello scorso maggio. L'Italia vede numeri ancora più cupi, con un meno 11.2% del PIL nel 2020 e una ripresa del 6.1% nel 2021 (a maggio erano rispettivamente -9.5% e +6.5%).
La crisi post-COVID colpisce principalmente l'area mediterranea. Appena sopra l'Italia, buona ultima, ci sono Spagna (-10.9), Croazia (-10.8), Francia (-10.6), Portogallo (-9.8), Grecia (-9.0). Sul fronte opposto la nazione meno colpita è la Polonia (-4.6%) seguita da Danimarca (-5.2) e Svezia (-5.3).


mercoledì 1 luglio 2020

L'Europa accelera sul 5G

Ieri la Commissione Europea ha adottato le linee guida per l'installazione dei micro ripetitori telefonici indispensabili per la realizzazione delle reti 5G. Si tratta di piccole antenne (celle) necessarie per garantire la connessione alla nuova rete ultraveloce che l'Europa ha inserito tra le sue priorità. Il 5G permetterà l'accesso a servizi online in molti settori come la telemedicina (assistenza dei pazienti da remoto), l'assistenza domiciliare, l'educazione, l'energia (gestione degli impianti di rinnovabili), i trasporti (guida autonoma e comunicazione tra veicoli).
Le regole approvate dalla Commissione definiscono le caratteristiche degli impianti, limitandone le dimensioni e la potenza. Tutte le antenne dovranno mantenersi al disotto dei limiti massimi di emissione, che in Europa sono 50 volte più bassi della soglia riconosciuta come potenzialmente dannosa per la salute.
Gli impianti non avranno bisogno di autorizzazioni da parte degli enti locali, salvo nel caso siano localizzati su edifici o ambiti soggetti a vincolo o quando possano creare problemi di pubblica sicurezza.
Le celle dovranno essere integrate negli edifici e, se visibili, avere una dimensione massima di 30 litri. La potenza di emissione è paragonabile a quella di una rete WiFi, con una esposizione elettromagnetica inferiore alla esistente rete 4G.