venerdì 28 dicembre 2018

Plastica monouso, Bali la vieta prima dell'Europa

Il governatore di Bali in Indonesia ha emanato un'ordinanza che vieta l'utilizzo di plastica monouso nell'isola. Sacchetti, bicchieri di polistirene e cannucce non potranno più essere utilizzati. Si prervede che il divieto ridurrà i rifiuti di plastica presenti sulle spiagge del 70 per cento entro un anno.
Lo scorso 24 ottobre il Parlamento Europeo aveva votato a grande maggioranza una risoluzione (571 Sì, 53 No, 34 astenuti) che vieta l'utilizzo di plastica monouso dal 2021. Piatti, posate, cannucce, cotton fioc, contenitori per cibo in polistirene non potranno più essere utilizzati. Le bottiglie di plastica dovranno essere recuperate e riciclate minimo al 90% entro il 2025. Anche i filtri delle sigarette, che sono per quantità il secondo prodotto in plastica monouso più diffuso, dovranno contenere il 50% di plastica in meno entro il 2025 e l'80% entro il 2030.
A questo link il testo in italiano della proposta di Direttiva Europea, che dovrà superare il vaglio della Commissione e del Consiglio.

mercoledì 26 dicembre 2018

Sorry Salvini, l'Europa non va abbastanza a destra


L'ultima proiezione di seggi elaborata da Europe Elects per il nuovo parlamento europeo non modifica gli equilibri degli ultimi mesi. Si confermano i dati già consolidati: i socialisti perdono quasi un terzo dei parlamentari con l'evaporazione del PS francese, il ridimensionamento del PD in Italia e la scomparsa dei seggi del Labour inglese. I popolari calano del venti per cento, i liberali di ALDE crescono soprattutto grazie a Macron. Aumentano i partiti di sinistra e calano i Verdi, malgrado l'exploit in Germania. A destra EFDD, il gruppo dei M5S, resta stabile perché perderà i seggi britannici di Farage. I conservatori di ECR sono in regresso, sempre fondamentalmente per via della Brexit. ENF, il gruppo di Salvini e Le Pen, è in forte crescita ma resta a livelli simili all'estrema sinistra.
Con l'uscita della Gran Bretagna il nuovo parlamento europeo scenderà da 751 a 705 membri, quindi la maggioranza sarà di 353. Una maggioranza di destra è impossibile, anche nella ipotesi molto improbabile che il PPE e i conservatori accettassero l'alleanza con i sovranisti xenofobi di Le Pen e Salvini. Non basterebbe neppure aggiungere i voti del gruppo dei grillisti, perché il totale sarebbe 339. E comunque i popolari non accetterebbero mai di allearsi con le formazioni populiste come M5S.
Lo scenario più probabile resta un'alleanza tra le forze europeiste di PPE, PSE e ALDE, che supererebbe i 400 voti. Qualcuno lo dica a Salvini.

L'uomo dell'anno è Matteo Salvini

Secondo l'influente sito Politico l'uomo del 2018 è Matteo Salvini. Salvini è stato scelto in una shortlist delle 28 personalità europee dell'anno. Nell'articolo che commenta la scelta Politico spiega come Salvini sia l'astro emergente della destra euroscettica che vorrebbe rovesciare il tavolo di Bruxelles alle prossime elezioni europee di maggio 2019.
Il fronte nazionalista, xenofobo e euroscettico è molto frammentato e difficilmente riuscirà ad ottenere una maggioranza in Europa, ma Salvini ne è certamente diventato il leader.
Scrive Politico: "Ufficialmente Salvini è uno dei due vicepremier, ma dopo una serie di confronti di alto livello con Bruxelles ha eclissato ambedue i suoi partner di coalizione, il leader del partito anticasta M5S Di Maio e il premier nominale Conte".
Politico ricorda il passato di europarlamentare del segretario della Lega: "Salvini - a Strasburgo e Bruxelles si è subito guadagnato una reputazione per usare il parlamento essenzialmente come un megafono, facendo interventi provocatori ma restando il meno possibile, e anche quando fosse presente spendendo la maggior parte del tempo negli studi televisivi o al telefono con l'Italia."
Politico cità l'ex europarlamentare e attuale governare della Lombardia Fontana, che annuncia una grande convention della destra europea per febbraio-marzo 2019. Nell'occasione Salvini dovrebbe essere acclamato Spitzenkandidat, candidato degli euroscettici alla presidenza della Commissione Europea.



domenica 16 dicembre 2018

La COP24 di Katowice si è conclusa. Come?

La COP24 di Katowice si è conclusa nella tarda serata di sabato, un giorno dopo il previsto. Quasi tutte le conferenze ONU sul clima hanno avuto un esito simile, con frenetiche mediazioni dell'ultimo minuto per raggiungere l'accordo finale. La posta in gioco a Katowice era molto alta, anche se mediaticamente non molto attraente: definire le modalità pratiche dell'Accordo di Parigi del 2015, entrato in vigore l'anno successivo.
Le due settimane di negoziati nella fredda capitale della Slesia non hanno risolto tutti i temi in agenda, ma sono almeno riuscite a fissare alcuni importanti punti fermi. L'Accordo di Parigi si basa sull'introduzione di piani di attuazioni nazionali, le Nationally Determined Contributions. Questi piani, che sono stati presentati da 181 stati che aderiscono alla Convenzione sul Clima delle Nazioni Unite, sono stati elaborati con criteri diversi e difficilmente confrontabili tra loro. Il principio della Trasparenza, ovvero di una omogeneità di lettura e di analisi, è stato raggiunto con l'approvazione di un regolamento che conferma lo schema dell'accordo di Parigi: redazione dei piani ogni cinque anni a partire dal 2020 e loro revisione periodica, con la possibilità di modificare gli obiettivi se i progressi sono più rapidi del previsto (è il caso dell'Europa). Il regolamento prevede criteri unitari per la quantificazione delle emissioni in atmosfera e la riduzione dell'impronta di carbonio. Dati nazionali omogenei potranno essere aggregati per monitorare i progressi globali.
L'elemento politico più rilevante è che l'attuazione dell'Accordo di Parigi, che entrerà formalmente in vigore nel 2020, coinvolge tutti i paesi, superando lo schema del Protocollo di Kyoto che prevedeva azioni solo dai paesi più sviluppati. Viene quindi archiviato anche il concetto di "responsabilità condivise ma differenziate": tutte le nazioni dovranno impegnarsi, anche se il testo finale approvato parla di un "margine di flessibilità" per i paesi meno sviluppati.
Un altro nodo politico invece è rimasto irrisolto e riguarda l'ultimo rapporto del panel degli scienziati IPCC che raccomanda di mantenere il riscaldamento globale entro 1.5°C, mentre l'Accordo di Parigi si pone come obiettivo di restare "ben al di sotto" dei 2°C. Quasi tutte le nazioni insistevano perché il documento finale della conferenza includesse la frase "accogliendo con favore il rapporto IPCC", ma USA, Russia, Arabia Saudita e Kuwait sostenevano un più blando "prendendo atto". Nelle fasi finali la mediazione proposta era la frase: "accogliendo con favore la puntuale presentazione del rapporto IPCC", che però ha sollevato obiezioni perché sembrava riferirisi solo alla tempistica del rapporto. Alla fine nel testo approvato le nazioni "riconoscono" il rapporto (recognize), che è una formula più forte, ma non abbastanza dal definire il rapporto adottato. Sembrano dettagli, ma tanto basta perché l'obiettivo del "ben al di sotto i 2°C" dell'Accordo di Parigi non sia abbassato a 1.5°.
Un'altra questione rimasta in sospeso riguarda i cosiddetti Carbon Credits, ovvero i benefici che dovrebbero essere riconosciuti ai paesi con risorse naturali che svolgono una azione positiva sul riscaldamento globale. Questi crediti dovrebbero essere quantificati nel bilancio nazionale delle emissioni, secondo la proposta del Brasile che ovviamente ha interesse al conteggio del ruolo della sterminata foresta amazzonica. La proposta non è stata accettata, ma rinviata a future decisioni. Il Brasile tra l'altro si era offerto di ospitare la COP25 del 2019, ma ma il neo presidente Bolsonero ha ritirato la candidatura e la nuova sede della conferenza del prossimo anno sarà in Cile, con le pre-conferenze di preparazione previste in Costarica.
Come sempre i commenti all'esito delle due settimane di negoziati di Katowice registrano opinioni positive (ma quasi tutte con l'addendum che si poteva fare di più) e delusione da parte della società civile. Molti si attendono un salto in avanti per il 23 settembre 2019, quando si svolgerà il Summit sul Clima delle Nazioni Unite a New York. Dovrebbe essere quella l'occasione per lanciare obiettivi più ambiziosi, come l'incremento dei finanziamenti e la approvazione della soglia massima di 1.5 gradi.




martedì 11 dicembre 2018

Dean Martin nella classifica Hot 100 di Billboard dopo 50 anni

L'ultima volta che Dean Martin era apparso nella Hot 100 di Billboard, la classifica dei singoli più venduti in USA, era stato il 30 agosto 1969, quando I Take a Lot of Pride in What I Am raggiunse il 75° posto. Questa settimana il compianto crooner entra al 41° posto con lo standard natalizio Let It Snow, Let It Snow, Let It Snow. 49 anni, 3 mesi e 16 giorni dopo l'ultima presenza. Dean Martin morì proprio il giorno di Natale del 1995.



COP24, gli USA di Trump glorificano il carbone (da soli)

Nei prossimi 20 anni lo sviluppo dell'economia globale raddoppierà. Allo stesso tempo le emissioni in atmosfera dovranno essere ridotte almeno del 30 per cento per mantenere gli obiettivi minimi dell'Accordo di Parigi. L'energia dovrà essere prodotta sempre più da fonti rinnovabili e usata con parsimonia ed efficienza, aumentando l'intensità energetica, che è il rapporto tra energia primaria consumata e prodotto interno lordo.
Nella gelida Katowice nevica, ma piove anche carbone americano. Ieri gli Stati Uniti hanno svolto il loro evento a favore dei combustibili fossili, già presentato lo scorso anno alla COP23 di Bonn/Fiji. Il titolo dell'evento era Tecnologie innovative stimolano dinamismo economico e ha visto la partecipazione di Wells Griffith, consulente di Donald Trump in tema di energia. Griffith è stato molto chiaro: "Crediamo fermamente che nessuna nazione debba sacrificare la propria prosperità economica per cercare di raggiungere la sostenibilità ambientale" (vedi clip sotto).
L'evento è stato interrotto da manifestanti con cori di "Keep it in the ground" ovvero "Lascialo sotto terra" riferito all'estrazione di carbone e altri combustibili fossili. Nessun altro paese ha accettato l'invito a partecipare, a parte l'Australia. Nemmeno la carbonizzatissima Polonia padrona di casa.




Il migliore esempio di quanto l'America di Trump sia isolata è arrivato nello stesso giorno. Non è un segnale politico, ma economico: 415 grandi investitori, con un portafoglio da 32mila miliardi di dollari, hanno chiesto maggiore azione politica sul cambiamento climatico e dichiarato la volontà di disinvestire dal settore dei combustibili fossili. Lo hanno fatto presentando un Global Investor Statement in rappresentanza di alcuni dei colossi della finanza come Schroders plc, BNP Paribas Asset Management, Aberdeen Standard Investments and UBS Asset Management. Tra loro anche il New York State Common Retirement Fund, che amministra 207 miliardi di dollari di fondi pensione. A questo link il testo ufficiale della dichiarazione.

lunedì 10 dicembre 2018

Le auto a guida autonoma cambieranno le città

Oggi a Roncade (TV) si svolge un evento di Talks of Tomorrow organizzato da H-Farm e La Repubblica sul tema "Mobilità elettrica e città del futuro". Tra i relatori c'è Carlo Ratti, architetto e ingegnere docente al MIT e titolare dello studio Carlo Ratti Associati che recentemente, assieme al gruppo immobiliare australiano Lendlease, ha vinto il concorso per il masterplan della riconversione del sito dell'Expo di Milano 2015.
Ratti è molto attento ai cambiamenti che la nuova mobilità porterà nei tessuti urbani. Parte dal fatto che oggi un'auto privata è inutilizzata per il 95 per cento del tempo, dato che verrà profondamente modificato dai veicoli a guida autonoma, ormai una realtà molto prossima. Un mezzo a guida autonoma potrà essere condiviso da una intera famiglia, noleggiato a tempo, utilizzato collettivamente. "Un’auto che si guida da sola - dice Carlo Ratti - che sarà quasi sicuramente elettrica, funzionerà in modo diverso. In un studio fatto di recente al Mit abbiamo calcolato che potremmo circolare agilmente con una frazione dei veicoli oggi sulle strade".
Meno veicoli circolanti significa meno necessità di strade carrabili e parcheggi. Anche le amministrazioni dovranno adeguarsi al cambiamento, che si prevede rapido. "Credo che le amministrazioni pubbliche avranno un ruolo attivo, se non altro perché traggono una fonte importante di introiti dalla mobilità e dai parcheggi. Spetterà a loro riuscire a rimpiazzare metodi di tassazione obsoleti con criteri nuovi basati ad esempio sul tipo di combustibile, sulla classe del veicolo, o sulla distanza percorsa".
Lo scorso marzo Domus ha pubblicato una interessante conversazione con Ratti, disponibile a questo link.

Song of the Day


Non è facile cimentarsi in una cover di Last Christmas degli Wham!, una delle poche canzoni degli ultimi decenni entrata tra i classici della musica natalizia. I Pale Waves ci riescono bene, con una versione melodicamente vicina all'originale ma in linea con il sound del gruppo indie di Manchester. Ne esce una Last Christmas molto meno festosa di quella di George Michael e caratterizzata da tinte gotiche e dark. Molto bella.
Pale Waves hanno pubblicato l'album di esordio My Mind Makes Noises lo scorso settembre e sono tra i gruppi emergenti più quotati. Il quartetto è guidato dalla bella voce di Heather Baron-Gracie.

domenica 9 dicembre 2018

COP24, la difficile negoziazione sul clima

Ieri si e conclusa la prima settimana della COP24 e le commissioni di lavoro dovevano presentare i draft, le bozze, dei documenti da sottoporre ai decisori politici, che in questa edizione non sono i capi di stato ma i ministri, in arrivo martedì. Le decisioni della Convenzione ONU sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC) vanno prese all'unanimità e le difficoltà di condividere le scelte può essere riassunta con il racconto della sessione conclusiva di SBSTA di ieri.
SBSTA è l'acronimo per Subsidiary Body for Scientific and Tecnological Advice. La commissione fu istituita alla prima COP, svoltasi a Berlino nel 1995. Si tratta di un organismo tecnico che deve vagliare le tesi scientifiche sui cambiamenti climatici per indirizzare le decisioni politiche. Un ruolo delicato di intermediario tra il panel scientifico della IPCC e degli scienziati impegnati nelle ricerche sul clima e le posizioni politiche dei 196 stati che fanno parte della Convenzione ONU.
Nella sessione plenaria conclusiva di SBSTA di ieri tra i vari punti all'ordine del giorno c'era l'ultimo rapporto IPCC, che indica un riscaldamento globale di 1.5°C come soglia minima di sicurezza planetaria. Ricordiamo che l'Accordo di Parigi prevede azioni per limitare l'aumento delle temperature a un livello "ben al di sotto" dei 2°C. Il draft test proposto nella plenaria SBSTA includeva la frase "prendendo atto (noting, nel testo originale) del rapporto IPCC sulla soglia di 1.5°C di riscaldamento globale". Molte nazioni hanno sollevato obiezioni. Le Maldive, come portavoce dei piccoli stati insulari. Colombia, Corea del Sud. Etiopia, a nome dei paesi meno sviluppati. E poi Unione Europea, Canada, Norvegia, Ghana, Nuova Zelanda, Sudafrica, Zambia, Tanzania, Argentina. Questi paesi hanno proposto che al posto di noting fosse scritto welcoming, ovvero "accogliendo con favore". Questa modifica ha trovato la ferma opposizione di Russia, Arabia Saudita e Kuwait. Gli Stati Uniti, che sono usciti dall'Accordo di Parigi ma partecipano ai lavori delle COP, hanno rimarcato che il recepimento del rapporto IPCC da parte della commissione SBSTA non significa che gli USA lo facciano proprio.
Alla fine è stato proposto un testo di compromesso che in originale dice che i membri di SBSTA “welcome the effort of the IPCC experts”, cioè accolgono con favore il contributo degli esperti di IPCC. Soluzione che ha lasciato insoddisfatti molti stati che insistevano per una adozione completa. Risultato finale: tutto rimandato alla prossima sessione di SBSTA, prevista per giugno 2019.

La vignetta di oggi del New Yorker


I delegati delle popolazioni indigene alla COP24




sabato 8 dicembre 2018

Trump, Gilet Jaunes e cambiamenti climatici

Un paio di ore fa Donald Trump ha scritto un tweet entusiasta sulle manifestazioni di protesta in corso in Francia, che inizia con la frase "L'Accordo di Parigi non funziona così bene a Parigi". Secondo il presidente americano i rivoltosi dei Gilet Jaunes "non vogliono pagare somme ingenti di denaro, larga parte delle quali a nazioni del terzo mondo (che hanno leadership discutibili) con l'obiettivo di forse proteggere l'ambiente". E conclude sostenendo che nelle manifestazioni dei Gilet Jaunes i cori siano "Vogliamo Trump!".


venerdì 7 dicembre 2018

Il cambiamento climatico dipende anche da cosa mangiamo

Al ricevimento di benvenuto della COP24 di Katowice c'era l'inevitabile spettacolo di musica tipica (sotto) e il menu era ovviamente polacco, con abbondanza di carne e insaccati. Il settore agricolo e zootecnico è una delle principali fonti di gas serra e ridurre le emissioni di gas climalteranti in atmosfera comporterà anche un cambiamento delle abitudini alimentari. Con la crescita economica dei paesi in via di sviluppo agricoltura e allevamento producono sempre più metano e ossido di azoto e le proiezioni dicono che nel 2050 il distretto sarà responsabile del 52% delle emissioni, più della metà. Se non si inverte la rotta. Dimezzare il consumo di carne e latticini entro il 2050 porterebbe a una riduzione del 64% delle emissioni del settore, cioè un terzo del dato globale.


Il pasticcio dell'ecotassa sulle auto

La proposta del governo di intervenire fiscalmente nel settore auto con tassazione dei veicoli a combustione e incentivi per quelli elettrici è da giorni la prima notizia, tanto da mettere in secondo piano la stessa manovra finanziaria nella quale è inserita. Proposta del governo presentata come emendamento e già disconosciuta da parte di esso. Proposta del governo formulata dalla side M5S e figlia di qualche riga - peraltro piuttosto vaga - inserita nel famoso Contratto di Governo.
Tutti la chiamano già Ecotassa ed è concepita con l'approssimazione e la rozzezza che caratterizzano molti provvedimenti legislativi di questo governo. Il principio da cui parte è la lodevole e auspicata riduzione delle emissioni di gas climalteranti prodotti dai veicoli con motori a combustione diesel o benzina. Il criterio utilizzato è uno solo: la quantità di gas serra prodotta dai motori calcolata secondo il criterio di grammi di CO2 per Km. La tassa riguarda solo i veicoli di nuova immatricolazione e va da un minimo di 150 Euro a un massimo di tremila, secondo categorie a crescere rispetto al livello delle emissioni. Le entrate previste per il 2019 sarebbero di circa 300 milioni, sufficienti a coprire gli incentivi che lo stesso testo di legge assegna ai veicoli ibridi ed elettrici.
I criteri della Ecotassa sono piuttosto stringenti e risparmiano pochissimi modelli di auto anche nella categoria delle utilitarie alimentate a benzina. Al contrario non toccano alcuni dei modelli di alta gamma dotati di motori diesel di ultimissima generazione, le cui emissioni sono più basse dei limiti di 110g CO2/Km in cui scatta la tassazione.
Occore ricordare che il quadro normativo europeo impone provvedimenti, in tempi brevi. Il Parlamento di Strasburgo ha approvato recentemente la proposta di ridurre le emissioni delle auto del 40 per cento entro il 2030. Un obiettivo ambizioso, che l'Europa conta di raggiungere con una maggiore efficienza e pulizia dei motori tradizionali e una quota crescente di veicoli elettrici e ibridi. La stessa proposta indica la soglia minima del venti per cento di nuove immatricolazioni di veicoli a zero o basse emissioni entro il 2025, e questa quota dovrà salire al 35% entro il 2030. Attualmente in Italia i veicoli ibridi rappresentano solo il cinque per cento delle nuove immatricolazioni e le full electric circolanti sono meno di cinquemila. In termini assoluti solo lo 0.5% delle auto circolanti nel paese sono elettriche o ibride.
Contro la Ecotassa si sono levate proteste da tutti i settori interessati: produttori di auto, reti di vendita, autoriparatori, sindacati. E naturalmente anche dai consumatori che vedrebbero schizzare verso l'alto il prezzo di una Panda a benzina. Le proteste, che riguardano interessi economici diretti, criticano giustamente la sciatteria del provvedimento ma non entrano nel merito delle necessarie azioni che qualunque governo dovrebbe intraprendere verso una economia decarbonizzata, basata su energia pulita e progresso tecnologico.
L'industria italiana è in ultima fila nella conversione alla mobilità elettrica. Poco più di un anno fa Sergio Marchionne definiva i veicoli elettrici "Un'arma a doppio taglio" e solo recentemente FCA ha annunciato la futura introduzione di modelli elettrici, a cominciare dalla 500, con grave ritardo sugli altri competitor globali come Toyota, BMW, Nissan-Renault, Daimler, Volkswagen.
Altra obiezione facilmente confutabile, letta spesso nei commenti alla Ecotassa, è che le auto elettriche non inquinino meno delle tradizionali, perché utilizzerebbero energia elettrica prodotta dalle centrali a carbone. I dati di Terna dicono che in Italia il 34.6% dell'energia, quindi oltre un terzo, viene da fonti rinnovabili. Inutile dire che la percentuale di energia rinnovabile è in costante ascesa. Quindi già oggi un'auto elettrica in Italia ha una intensità energetica molto migliore di un'auto a idrocarburi. E nel tempo, con l'aumento delle rinnovabili e l'efficienza sempre migliore delle batterie, le emissioni caleranno ulteriormente.
Come detto i principi del provvedimento sono condivisibili e vanno incontro alle direttive europee a cui si stanno adeguando molti altri stati, nonché ai vincoli di riduzione di CO2 previsti dall'Accordo di Parigi sul clima. Tuttavia l'Ecotassa ha lacune molto gravi che proverò a sintetizzare per punti.
1. Riguarda solo i veicoli di nuova immatricolazione e non prevede incentivi per la sostituzione dei mezzi circolanti, che sono in grande parte obsoleti e molto inquinanti. "Nessuno pagherà per ciò che ha acquistato già. Al tempo stesso è importante però tassare chi da oggi sceglie di acquistare macchine molto inquinanti" ha detto il ministro dell'ambiente Costa. Questo approccio, alzando i prezzi di vendita del nuovo senza incentivi alla rottamazione, renderà molto meno invitante sostituire i vecchi mezzi inquinanti in circolazione e provocherà una inevitabile contrazione del mercato.
2. Utilizza come parametro solo le emissioni di CO2 e non quelle di polveri sottili e ossido di azoto (N2O) molto nocivi per la salute umana e prodotti in misura notevole dai motori diesel "salvati" dal provvedimento. Proprio ieri alla COP24 di Katowice l'OMS ha presentato un rapporto sui rapporti tra salute e cambiamenti climatici centrato sulla qualità dell'aria e sui gravi rischi dell'inquinamento da particolato e N2O.
3. Prevede incentivi per i veicoli elettrici, ma non interviene sul tema fondamentale della diffusione di impianti di ricarica rapida, necessaria per garantire ai veicoli elettrici la stessa affidabilità e funzionalità delle auto alimentate con idrocarburi. La legge spagnola recentemente approvata, ad esempio, prevede l'installazione di centri di ricarica in ogni stazione di rifornimento.
4. Non pone quote minime per i mezzi elettrici, come previsto dalle norme europee, nè soglie temporali per la produzione e vendita di auto con motore a combustione. Francia, Gran Bretagna e Spagna hanno fissato al 2040 la "morte" delle auto con motore diesel o benzina (la Danimarca al 2030), imponendo all'industria una riconversione rapida verso le nuove tecnologie.