La COP24 di Katowice si è conclusa nella tarda serata di sabato, un giorno dopo il previsto. Quasi tutte le conferenze ONU sul clima hanno avuto un esito simile, con frenetiche mediazioni dell'ultimo minuto per raggiungere l'accordo finale. La posta in gioco a Katowice era molto alta, anche se mediaticamente non molto attraente: definire le modalità pratiche dell'Accordo di Parigi del 2015, entrato in vigore l'anno successivo.
Le due settimane di negoziati nella fredda capitale della Slesia non hanno risolto tutti i temi in agenda, ma sono almeno riuscite a fissare alcuni importanti punti fermi. L'Accordo di Parigi si basa sull'introduzione di piani di attuazioni nazionali, le Nationally Determined Contributions. Questi piani, che sono stati presentati da 181 stati che aderiscono alla Convenzione sul Clima delle Nazioni Unite, sono stati elaborati con criteri diversi e difficilmente confrontabili tra loro. Il principio della Trasparenza, ovvero di una omogeneità di lettura e di analisi, è stato raggiunto con l'approvazione di un regolamento che conferma lo schema dell'accordo di Parigi: redazione dei piani ogni cinque anni a partire dal 2020 e loro revisione periodica, con la possibilità di modificare gli obiettivi se i progressi sono più rapidi del previsto (è il caso dell'Europa). Il regolamento prevede criteri unitari per la quantificazione delle emissioni in atmosfera e la riduzione dell'impronta di carbonio. Dati nazionali omogenei potranno essere aggregati per monitorare i progressi globali.
L'elemento politico più rilevante è che l'attuazione dell'Accordo di Parigi, che entrerà formalmente in vigore nel 2020, coinvolge tutti i paesi, superando lo schema del Protocollo di Kyoto che prevedeva azioni solo dai paesi più sviluppati. Viene quindi archiviato anche il concetto di "responsabilità condivise ma differenziate": tutte le nazioni dovranno impegnarsi, anche se il testo finale approvato parla di un "margine di flessibilità" per i paesi meno sviluppati.
Un altro nodo politico invece è rimasto irrisolto e riguarda l'ultimo rapporto del panel degli scienziati IPCC che raccomanda di mantenere il riscaldamento globale entro 1.5°C, mentre l'Accordo di Parigi si pone come obiettivo di restare "ben al di sotto" dei 2°C. Quasi tutte le nazioni insistevano perché il documento finale della conferenza includesse la frase "accogliendo con favore il rapporto IPCC", ma USA, Russia, Arabia Saudita e Kuwait sostenevano un più blando "prendendo atto". Nelle fasi finali la mediazione proposta era la frase: "accogliendo con favore la puntuale presentazione del rapporto IPCC", che però ha sollevato obiezioni perché sembrava riferirisi solo alla tempistica del rapporto. Alla fine nel testo approvato le nazioni "riconoscono" il rapporto (recognize), che è una formula più forte, ma non abbastanza dal definire il rapporto adottato. Sembrano dettagli, ma tanto basta perché l'obiettivo del "ben al di sotto i 2°C" dell'Accordo di Parigi non sia abbassato a 1.5°.
Un'altra questione rimasta in sospeso riguarda i cosiddetti Carbon Credits, ovvero i benefici che dovrebbero essere riconosciuti ai paesi con risorse naturali che svolgono una azione positiva sul riscaldamento globale. Questi crediti dovrebbero essere quantificati nel bilancio nazionale delle emissioni, secondo la proposta del Brasile che ovviamente ha interesse al conteggio del ruolo della sterminata foresta amazzonica. La proposta non è stata accettata, ma rinviata a future decisioni. Il Brasile tra l'altro si era offerto di ospitare la COP25 del 2019, ma ma il neo presidente Bolsonero ha ritirato la candidatura e la nuova sede della conferenza del prossimo anno sarà in Cile, con le pre-conferenze di preparazione previste in Costarica.
Come sempre i commenti all'esito delle due settimane di negoziati di Katowice registrano opinioni positive (ma quasi tutte con l'addendum che si poteva fare di più) e delusione da parte della società civile. Molti si attendono un salto in avanti per il 23 settembre 2019, quando si svolgerà il Summit sul Clima delle Nazioni Unite a New York. Dovrebbe essere quella l'occasione per lanciare obiettivi più ambiziosi, come l'incremento dei finanziamenti e la approvazione della soglia massima di 1.5 gradi.
Le due settimane di negoziati nella fredda capitale della Slesia non hanno risolto tutti i temi in agenda, ma sono almeno riuscite a fissare alcuni importanti punti fermi. L'Accordo di Parigi si basa sull'introduzione di piani di attuazioni nazionali, le Nationally Determined Contributions. Questi piani, che sono stati presentati da 181 stati che aderiscono alla Convenzione sul Clima delle Nazioni Unite, sono stati elaborati con criteri diversi e difficilmente confrontabili tra loro. Il principio della Trasparenza, ovvero di una omogeneità di lettura e di analisi, è stato raggiunto con l'approvazione di un regolamento che conferma lo schema dell'accordo di Parigi: redazione dei piani ogni cinque anni a partire dal 2020 e loro revisione periodica, con la possibilità di modificare gli obiettivi se i progressi sono più rapidi del previsto (è il caso dell'Europa). Il regolamento prevede criteri unitari per la quantificazione delle emissioni in atmosfera e la riduzione dell'impronta di carbonio. Dati nazionali omogenei potranno essere aggregati per monitorare i progressi globali.
L'elemento politico più rilevante è che l'attuazione dell'Accordo di Parigi, che entrerà formalmente in vigore nel 2020, coinvolge tutti i paesi, superando lo schema del Protocollo di Kyoto che prevedeva azioni solo dai paesi più sviluppati. Viene quindi archiviato anche il concetto di "responsabilità condivise ma differenziate": tutte le nazioni dovranno impegnarsi, anche se il testo finale approvato parla di un "margine di flessibilità" per i paesi meno sviluppati.
Un altro nodo politico invece è rimasto irrisolto e riguarda l'ultimo rapporto del panel degli scienziati IPCC che raccomanda di mantenere il riscaldamento globale entro 1.5°C, mentre l'Accordo di Parigi si pone come obiettivo di restare "ben al di sotto" dei 2°C. Quasi tutte le nazioni insistevano perché il documento finale della conferenza includesse la frase "accogliendo con favore il rapporto IPCC", ma USA, Russia, Arabia Saudita e Kuwait sostenevano un più blando "prendendo atto". Nelle fasi finali la mediazione proposta era la frase: "accogliendo con favore la puntuale presentazione del rapporto IPCC", che però ha sollevato obiezioni perché sembrava riferirisi solo alla tempistica del rapporto. Alla fine nel testo approvato le nazioni "riconoscono" il rapporto (recognize), che è una formula più forte, ma non abbastanza dal definire il rapporto adottato. Sembrano dettagli, ma tanto basta perché l'obiettivo del "ben al di sotto i 2°C" dell'Accordo di Parigi non sia abbassato a 1.5°.
Un'altra questione rimasta in sospeso riguarda i cosiddetti Carbon Credits, ovvero i benefici che dovrebbero essere riconosciuti ai paesi con risorse naturali che svolgono una azione positiva sul riscaldamento globale. Questi crediti dovrebbero essere quantificati nel bilancio nazionale delle emissioni, secondo la proposta del Brasile che ovviamente ha interesse al conteggio del ruolo della sterminata foresta amazzonica. La proposta non è stata accettata, ma rinviata a future decisioni. Il Brasile tra l'altro si era offerto di ospitare la COP25 del 2019, ma ma il neo presidente Bolsonero ha ritirato la candidatura e la nuova sede della conferenza del prossimo anno sarà in Cile, con le pre-conferenze di preparazione previste in Costarica.
Come sempre i commenti all'esito delle due settimane di negoziati di Katowice registrano opinioni positive (ma quasi tutte con l'addendum che si poteva fare di più) e delusione da parte della società civile. Molti si attendono un salto in avanti per il 23 settembre 2019, quando si svolgerà il Summit sul Clima delle Nazioni Unite a New York. Dovrebbe essere quella l'occasione per lanciare obiettivi più ambiziosi, come l'incremento dei finanziamenti e la approvazione della soglia massima di 1.5 gradi.
UN Climate talks #COP24: EU plays instrumental role in making the #ParisAgreement operational - EU press release 🗞: https://t.co/k1h6gSzK6H 🇪🇺🇪🇺🇪🇺 pic.twitter.com/q3Pt0QbMMZ— Miguel Arias Cañete (@MAC_europa) December 15, 2018
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