venerdì 29 dicembre 2017

Le bombe che esplodono in Yemen sono italiane

Il New York Times ha diffuso un servizio che documenta come le bombe sganciate sullo Yemen dagli aerei dell'Arabia Saudita sono prodotte in Italia, dall'azienda RWM a Domusnovas, in Sardegna. La legge italiana vieta l'esportazione di armi a paesi che sono impegnati in conflitti.

giovedì 28 dicembre 2017

I problemi e le paure dell'Europa

Secondo le ultime rilevazioni di Eurobarometer per gli Europei i primi tre problemi sono nell'ordine la disoccupazione (25%) l'immigrazione (22%) la sanità e l'assistenza sociale (20%). Scendendo alla scala nazionale i risultati sono molto differenziati. Per quanto riguarda l'Italia le prime due scelte sono confermate e con percentuali ben più alte della media europea: la disoccupazione è un problema per il 42% e l'immigrazione per il 33% di noi. Al terzo posto in Italia c'è la situazione economica, che preoccupa il 22% degli intervistati contro una media europea del 16%.
Il terrorismo è tra i primi tre problemi solo in Belgio, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. In Italia è al sesto posto dopo i tre citati sopra, le tasse e le pensioni. L'ambiente è nei primi tre posti solo in Danimarca, Germania, Malta, Olanda e Svezia. In Italia l'ambiente è all'undicesimo posto.


Anche il Montenegro ratifica l'Accordo di Parigi

Ieri il Montenegro ha depositato presso le Nazioni Unite la ratifica dell'Accordo di Parigi sul clima, diventando il 172imo paese che si impegna ad attuare il trattato.


giovedì 21 dicembre 2017

Song of the Year 2017


La canzone del 2017 non può essere altro che Shape Of You di Ed Sheeran.
Su YouTube Shape Of You è stata vista quasi TRE MILIARDI di volte ed è anche il pezzo più ascoltato di sempre su Spotify, con oltre un miliardo e mezzo di stream. Billboard lo ha certificato come il singolo più venduto del 2017.
Shape Of You è una canzone pop molto ben fatta, fresca e di presa immediata. Sul New York Times un articolo racconta in dettaglio la genesi del pezzo.

mercoledì 20 dicembre 2017

L'Europa torna a vedere positivo (meno l'Italia)

Ieri è stata diffusa Eurobarometer, l'indagine semestrale della Commissione Europea giunta all'88a edizione. La si può scaricare qui. Le rilevazioni sono sta effettuate dal 5 al 19 novembre scorso.
Il dato che più salta all'occhio è che alla domanda "Come giudica la situazione economica attuale?" le risposte positive tornano a prevalere su quelle negative con un discreto scarto, 48 a 39. Non succedeva da ben dieci anni (vedi grafico sopra).
Scomponendo questo ritrovato ottimismo nei dati delle singole nazioni si nota che il paese più pessimista resta l'Italia, seguita da vicino da Francia e Regno Unito (vedi grafico sotto). Gli italiani sono largamente primi nelle risposte negative con il 58 per cento del totale. Persino la Grecia vede il futuro più roseo di noi.

Sprizzano ottimismo Lituania, Olanda, Slovenia, Malta, Austria, Ungheria, Polonia, Cechia, Germania, Bulgaria e Irlanda. In tutti questi paesi oltre il 60 per cento degli intervistati risponde positivamente. In Italia solo il 33 per cento. Tuttavia anche in Italia il trend è in decisa crescita: rispetto a sei mesi fa le risposte positive sono di nove punti più alte e quelle negative calano di 11 punte, variazioni tra le più vistose (grafico sotto).



"Riportare a casa gli elettori"? Casa di chi?

Il titolo dell'intervista di Massimo Franco a Pietro Grasso pubblicata oggi sul Corriere della Sera non è felice. I voti non sono Lassie e l'idea di "riportarli a casa" è irritante, anche perché i voti non appartengono a nessuno. Il linguaggio è molto bersaniano, segue il concetto giudiziario di "appropriazione indebita" con il quale la vecchia "ditta" ha sempre bollato il cambio del gruppo dirigente del Partito Democratico.
L'intervista è interessante da leggere. Segna la prima vera uscita politica del Presidente del Senato in carica, molto più incisiva del generico discorso buonista formulato a Roma il giorno della candidatura.
L'impressione è che Grasso non abbia capito bene su cosa sarà centrata la prossima campagna elettorale. E come si giocherà. La frase che lascia più perplessi è questa:
Lei non è uomo da duelli televisivi duri. Parteciperà ai confronti in tv?
«Mi candido per il Parlamento, non per X Factor. Non mi interessa affascinare, né scontrarmi secondo logiche che non mi appartengono. La mia idea di politica non è la battaglia televisiva ma presentare la soluzione dei problemi. Se è necessario parteciperò ai confronti ma non amo gli scontri. Io voglio partire dai valori di sinistra con un progetto che guardi ben oltre le elezioni».
Come dire: io sono per bene, un ex magistrato retto e probo. I voti li prenderò con queste doti. E tralasciamo il tirare in ballo "la soluzione dei problemi" che sembra francamente una eccessiva deriva di autostima. I voti oggi si prendono con le felpe, con i vaffa, con le sparate sull'Euro e gli immigrati. Si prendono con l'inevitabile esposizione mediatica, con la capacità di sintesi televisiva, con la reattività del confronto social. Grasso dice che l'importante sono "i valori". Auguri.


lunedì 18 dicembre 2017

La giornata mondiale della lingua araba

Oggi UNESCO celebra la giornata mondiale della lingua araba. Circa 290 milioni di persone parlano arabo, una delle cinque lingue ufficiali delle Nazioni Unite. La data infatti coincide con il 18 dicembre 1973, quando l'assemblea generale ONU incluse l'arabo tra le sue lingue ufficiali. Esteticamente l'arabo è molto più bello dei caratteri latini, e ha una incredibile varietà di espressioni, scritte e orali.

Song of the Day


Elvis Costello canta questa splendida You Shouldn’t Look At Me That Way, tema del film Film Stars Don't Die In Liverpool, uscito un mese fa. Il film racconta la storia vera della relazione tra l'inquieta Gloria Grahame (Oscar nel 1952 per Il Bruto E La Bella di Vincente Minnelli) e il 29 anni più giovane Peter Turner. Nel film ci sono tre attori al loro meglio: Jamie Bell, Vanessa Redgrave e soprattutto Annette Bening. La regia del film è di Paul McGuigan. Costello non incideva un nuovo pezzo dal 2013. La canzone è bellissima.

Quando le banche regalavano le agende

Negli ultimi anni del secolo scorso nel mese di dicembre le filiali delle banche erano impraticabili. Resse di correntisti che si accaparravano i regali di fine anno. Pregiate agende in pelle, calendari patinati, agendine da tasca, lussuose edizioni di libri d'arte che nessuno avrebbe mai sfogliato, penne, fermacarte e altri cadeaux.
Oggi tutto è sparito. L'austerità trionfa. Si dice che sia anche una scelta ecologica e la presa d'atto che il digitale abbia soppiantato la calendarizzazione cartacea. In realtà non è cosi e ognuno vuole ancora una bella agenda da tavolo.
Chiederla oggi è una missione quasi impossibile. Il direttore della filiale, sempre che siamo clienti davvero illustri, ci porterà in un angolo fuori vista dove, come un pusher, ci consegnerà con solenne discrezione un'agenda cartonata di modesta fattura.
Come rimediare? Riciclando vecchie agende inutilizzate, che è bene non gettare via. Il 2018 inizia di lunedì, come il 1996, 2001 e 2007. Quindi le agende di quegli anni sono perfette. E se avete la rara fortuna di avere ricevuto più di un'agenda 2018 serbatela con cura: andrà benissimo per il 2024.


venerdì 15 dicembre 2017

Le migliori canzoni di Natale del 2017

Incidere canzoni natalizie, sia nuovi brani che cover di classici, è una tradizione che la discografia anglosassone continua a mantenere viva. Nel 2017 sono usciti molti dischi festivi e qui sotto elencherò quelli che ritengo i migliori.
Si parte con Pentatonix (per l'occasione rimasti in quattro) che hanno "aggiornato" il loro album natalizio A Pentatonix Christmas con cinque nuovi brani, tra i quali questa splendida Away In A Manger.



Sul genere "ballatone natalizie" trovo notevole Say All You Want For Christmas cantata dall'inedito duetto composto da Nick Jonas e Shania Twain.



Per i più raffinati, raccomando I'll Be Home For Christmas di Demi Lovato.



Chi invece cerca atmosfere più festaiole gradirà You Make It Feel Like Christmas, un brillante duetto di Gwen Stefani con il crooner country Blake Shelton.



Ultima segnalazione per Christmas Time Is Here, duetto di Josh Groban con il 91enne Tony Bennett.

martedì 12 dicembre 2017

Il colore Pantone 2018 è Ultra Violet

L'autorita mondiale del colore, Pantone, ha annunciato che la tinta 2018 sarà Ultra Violet (ref. 18-3838). Succede al resistibile Greenery scelto nel 2017. Pantone definisce Ultra Violet come "complesso e contemplativo".
Per Pantone il 2017 è decisamente l'anno del viola. Lo scorso agosto l'azienda aveva presentato una nuova nuance di viola chiamata Love Symbol #2 in onore di Prince.


One Planet Summit

Alle 19:26 del 12 dicembre 2015 veniva siglato l'Accordo di Parigi, il nuovo trattato globale per contrastare i cambiamenti climatici. Due anni dopo, sempre a Parigi, si svolge One Planet Summit, organizzato da Nazioni Unite, Banca Mondiale e Governo di Francia. Una giornata intensa fortemente voluta dal presidente Macron per confermare la centralità della Francia nelle azioni climatiche e concretizzare con il coinvolgimento della finanza mondiale le politiche di riduzione delle emissioni. La Francia, tradizionalmente sciovinista, si è persino piegata ad accettare un titolo in inglese.
Al meeting sono presenti il segretario generale ONU Guterrez, il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim, il presidente della Commissione Europea Juncker, una cinquantina di capi di stato come Macron, May e Rajoy. Per l'Italia il ministro dell'ambiente Galletti.
Dal Summit si attendono risposte concrete e impegni reali per investimenti e piani finanziari. Alcuni sperano anche nella decisione di interrompere i finanziamenti per la ricerca e l'estrazione dei combustibili fossili. Dopo una mattina di dichiarazioni più politiche, gli annunci di programmi finanziari e partnership economiche sono attesi nella sessione pomeridiana. La diretta streaming si può seguire qui o nel video sotto.


lunedì 11 dicembre 2017

L'anomalia Grasso, descritta senza rancore

Oggi sui social ho letto molti commenti sulla performance di Pietro Grasso in televisione domenica sera. E almeno altrettanti commenti che stigmatizzavano i commenti, per motivi spesso diversi. Tipo: non sono loro gli avversari. Oppure: sbaglia chi gli fa da cassa di risonanza. Io mi sono limitato a un post su Facebook in cui descrivo e commento il simbolo, a mio avviso graficamente davvero modesto.
Naturalmente il punto non è questo. Politicamente è notevole che la seconda carica dello Stato scenda in campo, nel corso del suo mandato, contro il partito che lo ha eletto in Parlamento e poi presidente del Senato. Pietro Grasso è libero di fare ciò che vuole, ma certo schierarsi cosi esplicitamente lascia perplessi.
Quando si voterà, nel marzo 2018, Pietro Grasso avrà 73 anni. I pochi notabili che lo hanno scelto come leader, e proclamato ai militanti senza possibilità di contraddittorio, lo avranno messo in conto. Un anziano ex magistrato. Una figura piuttosto grigia, mediaticamente poco efficace.
La lettura politica invece è molto chiara. Lo stesso Grasso, in una uscita irrituale di un mese fa, aveva dichiarato che: "Il PD non c'è più". Aggiungendo: "Il Pd era quello del bene comune. Quello di Bersani insieme a Sel, quelli erano i principi e i valori che incarnavano il ragazzo di sinistra che aveva avuto per tutta la vita compressa questa sua natura dei valori di uguaglianza dei diritti, di libertà. Compressi prima come magistrato che non può farsi influenzare dalle proprie idee politiche e poi dal ruolo istituzionale di presidente del Senato. Ora vediamo se finalmente alla bellissima età che ho raggiunto posso riuscire a esprimere me stesso".
Visto il ruolo e come è arrivato a ricoprirlo, dichiarazioni sopra le righe. Ma il punto non è neppure questo. La cosa che spicca è che nella scelta di Grasso leader si esemplifica la visione di Bersani, D'Alema e gli altri fuggiti dal PD. Grasso è stato messo in lista da Bersani segretario ed è stato eletto presidente del Senato per volontà di Bersani segretario. Grasso appartiene a Bersani e a chi ha rifiutato i mutamenti del PD, decretati dai congressi. Grasso obbedisce volentieri alla chiamata, il suo nome è sul simbolo. Suo malgrado è diventato un leader.

20 anni di Protocollo di Kyoto

Oggi, venti anni fa, veniva approvato il protocollo di Kyoto, il primo trattato internazionale che intendeva limitare le emissioni di gas serra. L'accordo fu siglato alla COP3 del 1997 che si svolgeva appunto in Giappone. Ai tempi i gas climalteranti non sembravano un problema così pressante come oggi. Per alcuni erano una fissazione di un pugno di scienziati. Per altri semplicemente un segno del "progresso".
Il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio 2005. Per la sua ratificazione servivano le firme di 55 paesi e di un numero di paesi industrializzati che sommassero il 55% delle emissioni prodotte. La soglia fu superata con l'adesione della Russia. Gli Stati Uniti, allora sotto la presidenza Bush, non ratificarono il protocollo. Il primo periodo di attuazione del trattato iniziò nel 2008 e doveva terminare nel 2012, poi fu esteso con l'Emendamento di Doha, approvato alla COP18 del 2012, che ne prolungava la validità al 2020.
Il Protocollo di Kyoto ha aperto la strada che ha portato all'Accordo di Parigi del 2015, un nuovo strumento di controllo delle emissioni globali che comprende impegni anche da parte dei paesi in via di sviluppo. La ratificazione dell'Accordo di Parigi è stata molto più veloce. Le soglie erano le stesse di Kyoto ma nel giro di un anno si è raggiunto un numero sufficiente di adesioni e il trattato è entrato in vigore il 4 novembre 2016. Ad oggi è stato sottoscritto da 195 nazioni (tutte meno gli USA, dopo che Trump ha annunciato il ritiro americano) e ratificato da 170, che rappresentano l'88% delle emissioni globali. Le misure previste entreranno in vigore nel 2020.
Nella foto sotto la cerimonia celebrativa svoltasi oggi a Kyoto. Ancora sotto una mia foto con il sindaco di Kyoto Daisaku Kadokawa.


Grande successo degli indipendentisti in Corsica

"Corsica, l'isola prende il largo" titola oggi Libération. Nel secondo turno delle elezioni regionali la coalizione indipendentista Un paese da fà ha avutto il 56.5% dei voti e avrà 41 dei 63 seggi dell'Assemblea Regionale, quasi due terzi. L'affluenza è stata discreta, oltre il 52 per cento.
Un successo strepitoso e inatteso persino da Gilles Simeoni, il leader degli autonomisti che al primo turno avevano cannibalizzato il Front National, rimasto con un misero tre per cento e escluso dal ballottaggio, come il raggruppamento comunista. Abbastanza male anche Jean-Charles Orsucci, candidato macroniano di En Marche! con il 12.7% e solo sei seggi. In parlamento regionale entrano anche due liste conservatrici: i repubblicani di Voir plus grand pour elle guidati da Valérie Bozzi (6 seggi) e Droite régionaliste di Jean-Martin Mondoloni con dieci seggi.
Da Parigi sono arrivate congratulazioni di prammatica dal governo centrale. Il primo ministro Edouard Philippe ha inviato a Simeoni "felicitazioni repubblicane". Il ministro dell'interno Gérard Collomb ha assicurato ai nuovi eletti "la disponibilità del governo di rispondere alle aspettative espresse dall'elettorato in uno spirito di ascolto, di dialogo e di reciproco rispetto".
In realtà la travolgente vittoria degli indipendentisti mette il governo centrale in difficolta e alimenta i fuochi separatisti in tutta Europa, dalla Catalogna alla Scozia. Il presidente uscente dell'assemblea di Ajaccio, Jean-Guy Talamoni, era al quinto posto nella lista vincente di Simeoni. Talamoni aveva fatto discutere quando, ad inizio 2016, aveva definito la Francia "un paese amico". Dopo lo scrutinio di ieri Talamoni ha detto che "i Corsi hanno scelto di darsi un avvenire diverso" e ha chiesto a Parigi di "aprire rapidamente le consultazioni", minacciando manifestazioni popolari e un tour delle capitali europee "in caso di negazione della democrazia".

martedì 5 dicembre 2017

Com'è la vita rispetto a 50 anni fa?

La domanda è semplice e diretta: nel tuo paese la vita è migliore o peggiore di 50 anni fa? Le risposte sono molto diverse. Si va dall'entusiasmo vietnamita (88% di risposte positive) alla disperazione venezuelana (per il 72% le cose vanno peggio). In Asia vince l'ottimismo, con India, Corea del Sud e Giappone ai primi posti. In Europa sono soddisfatti tedeschi, turchi, olandesi, polacchi e spagnoli. Tutta l'America Latina è in segno negativo, meno il Cile. Lo stesso in Africa, escluso il Sud Africa. Tra i più sconfortati gli italiani: per la metà le cose vanno peggio e solo il 23% di noi pensa il contrario.


lunedì 4 dicembre 2017

Venezuela: il salario minimo è di 3.60 Euro

Il presidente Maduro ha annunciato ieri che il Venezuela lancerà una criptovaluta chiamata Petro, per capitalizzare le risorse di materie prime del paese. La valuta virtuale dovrebbe servire ad aggirare la dipendenza dal dollaro del Venezuela e le difficoltà nelle transazioni internazionali causate dalle sanzioni applicate da Trump a Caracas. Il Petro vorrebbe seguire l'esempio del Bitcoin e delle altre criptovalute che lo hanno imitato. Nel frattempo il Bitcoin domenica aveva raggiunto il suo valore massimo a 11.800 dollari (era a mille dollari a inizio 2017) ma lunedì è tornato di nuovo sotto gli undicimila, con oscillazioni da brivido.
Negli ultimi 30 giorni la moneta reale venezuelana, il Bolivar, ha perso il 57 per cento del valore rispetto al dollaro e continua la sua caduta libera. Dall'inizio del 2017 il Bolivar ha perso il 96% del suo valore. L'inflazione su base annua ha superato il 4.000 per cento. Oggi il salario minimo mensile in Venezuela è pari a 3.60 Euro.