martedì 5 febbraio 2008

Supermartedì

Oggi le elezioni primarie americane assegnano 1681 delegati democratici e 1020 repubblicani. Si vota da New York a Pago Pago, capitale polinesiana di American Samoa.
Seguo le elezioni americane dal 1972, a quei tempi ero un teenager e il candidato democratico era un simpatico pacifista perdente chiamato George McGovern, che si sacrificò inutilmente predicando il ritiro dal Vietnam. Vinse il presidente in carica Richard Nixon, poi costretto a dimettersi due anni dopo per lo scandalo Watergate.
In America per queste primarie 2008 c'è molta eccitazione e una partecipazione mai vista, particolarmente nell'elettorato giovane.
Da noi, molto più mestamente, il presidente Napolitano sta sciogliendo le camere. Come ho scritto qualche giorno fa, saranno due mesi e mezzo pallosissimi, da qui al voto di aprile.
Il voto americano ci manda due messaggi, uno buono e uno cattivo. Cominciamo, come è giusto, da quello cattivo: John McCain, candidato repubblicano pressoché certo, ha 71 anni. Dopo la generazione dei quarantenni Zapatero, Blair, Sarkozy e lo stesso Obama ecco un politico quasi coetaneo di Berlusconi, che quindi in qualche modo legittima il quinto tentativo del fresco orfano.
Quello buono è che Obama, che vinca o meno, ha creato un clima di entusiasmo che noi italiani possiamo solo sognare. Gli intellettuali e gli uomini di spettacolo di schierano con lui, i suoi discorsi rapiscono il pubblico, si respira aria davvero fresca.
Che invidia.

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