L'incertezza che continua a dominare la corsa alla nomination democratica riporta in primo piano il ruolo di Al Gore, l'ex futuro presidente degli Stati Uniti, come si definisce lui stesso quando gli gira bene.
L'ipotesi che Gore si candidi alla presidenza è definitivamente tramontata da tempo, ma il suo ruolo di leader rispettato e indiscusso potrebbe pesare molto nella decisione finale dei superdelegati su che candidato appoggiare. Molti superdelegati attenderanno la fine delle primarie (mancano ancora dieci stati) prima di schierarsi. Comunque vadano le ultime consultazioni, né Obama né Billary avranno raggiunto un numero di delegati eletti sufficiente per la nomination, ma Obama manterrà un buon vantaggio. Anche il voto popolare presumibilmente sarà a favore di Obama, soprattutto se non saranno conteggiati i risultati di Florida e Michigan, primarie annullate dal partito e che non sembra si possano ripetere.
La Clinton a quel punto potrebbe, secondo molti analisti, sferrare un'ultima offensiva per dimostrare la "ineleggibilità" di Obama, magari sperando in qualche altro incidente di percorso di Barack, tipo la recente questione del pastore Wright.
Se lo scenario fosse questo Al Gore potrebbe avere voglia di dire la sua, non a caso molti lo chiamano Goracle. Il vincitore di un Oscar e un Nobel si rivolgerà ai superdelegati appoggiando apertamente un candidato. E non sarà Billary.
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