Il nuovo ministro dell'economia (beh, non così nuovo) tratta con ironia sprezzante le energie rinnovabili e ha dichiarato in campagna elettorale di voler risolvere i problemi energetici italiani costruendo centrali nucleari "nei Balcani". Nella testa del ministro capoclasse la colonizzazione atomica coabita con le teorie economiche protezionistiche.
La crescente domanda di energia, l'aumento del prezzo del petrolio e la necessità di ridurre le emissioni stanno spingendo i governi verso una nuova stagione nucleare, con molti progetti di nuove centrali. Secondo la World Nuclear Association i programmi prevedono 237 nuove centrali da qui al 2030, ovvero più di dieci all'anno. Dal 1986, anno del gravissimo incidente di Chernobyl, sono state costruite solo 78 centrali, meno di quattro l'anno.
Naturalmente il programma nucleare più massiccio è previsto negli energivori Stati Uniti, da dove però arrivano messaggi in controtendenza. Il primo lo lancia il Wall Street Journal e riguarda il costo delle centrali, che le ultime stime indicano essere cresciuto da due a quattro volte rispetto alle previsioni di qualche anno fa. Una nuova centrale nucleare costa oggi tra 5 e 12 miliardi di dollari (3-8 miliardi di Euro) e questo aumento rende molto meno conveniente il costo dell'energia prodotta, anche senza contare l'incidenza della problematica messa in sicurezza delle scorie.
La seconda brutta notizia è che il cuore delle centrali, un enorme contenitore di acciaio che dovrebbe garantire da perdite radioattive accidentali, è talmente complesso che oggi una sola azienda al mondo è in grado di produrlo: Japan Steel Works. Un reportage di Bloomberg svela però che il colosso giapponese dell'acciaio riesce a consegnare solo quattro "noccioli" l'anno, molto meno delle centrali in programma. La situazione non cambierà presto perché, secondo il presidente di Japan Steel Masahisa Nagata, il loro concorrente più diretto è ancora cinque anni indietro per le tecnologie utilizzate nella maxifusione del "nocciolo". Per forgiare il cuore del reattore servono 120 tonnellate di acciaio fuso a 2000°, a cui vengono poi eliminate le impurità con gas argon e aggiunti cromo, nickel e manganese per aumentarne la resistenza. Con questa lega vengono stampati degli anelli di 4.2 metri a comporre un grande cilindro, che viene poi messo per tre settimane sotto una pressa da 15.000 tonnellate che lo compatta in fasi successive.
La lista degli ordinativi di Japan Steel Works è già molto lunga. Tremonti si sarà prenotato?
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